Personal Shopper, ovvero Kristen Stewart in un vortice di fantasmi e paillettes.

Assayas dirige una Ghost-Story pensosa e ambigua, regalando alla sua attrice protagonista l’occasione della vita. 

Maureen è la giovane assistente per gli acquisti (la personal shopper del titolo, appunto) di Kyra, un vero e proprio idolo per i giovani parigini, intenta a spendere e spandere tutto il proprio patrimonio in abiti e gioielli di lusso. Ma la nostra protagonista è anche una medium: quando il fratello gemello Lewis muore, ella cercherà strenuamente di ricevere un suo ultimo segnale dall’aldilà. Che singolare sorte ha avuto il nuovo lungometraggio di Olivier Assayas: sonoramente fischiato dalla stampa e da buona parte del pubblico all’ultima edizione del Festival di Cannes, fu poi comunque premiato a sorpresa per la miglior regia, non senza critiche e proteste in sala, condividendo il premio ex-aequo con Cristian Mungiu (regista di Bacalaureat).

A distanza di quPersonal Shopper, ovvero Kristen Stewart in un vortice di fantasmi e paillettes.asi un anno dalla sua presentazione cannense, il film è arrivato finalmente anche nelle sale italiane, presentato in anteprima a Roma dallo stesso Assayas in occasione della rassegna del nuovo cinema francese ‘Rendez-Vous’. A visione avvenuta, si può dire che, pur coi suoi pregi e i suoi difetti, si tratta sicuramente di un’opera che non lascia indifferenti. È un film che, al pari di Planetarium della Zlotowski (uscito anch’esso il 13 aprile nelle sale nostrane), è difficilmente inquadrabile entro un genere ben definito, dal momento che mescola abilmente le carte in tavola, passando dall’horror puro alla Ghost-Story fino al thriller e al dramma esistenziale. Ma, a ben vedere, il nucleo centrale della narrazione è in realtà la degenerazione dell’umanità ai tempi dei mass-media: Kyra è una star per i suoi coetanei non per qualche merito reale, bensì in quanto fashion blogger la cui unica abilità è postare le proprie foto sui social network di punta; Maureen è al tempo stesso spaventata e attratta da inquietanti SMS ricevuti da uno sconosciuto, con il quale però intraprende azzardatamente una fitta corrispondenza.

In questo Assayas si rivela abile a superare gli ostacoli che una simile scelta tematica comporta: piuttosto che abbandonarsi alla retorica della denuncia sociale e a puntare l’indice contro una new generation di presunti debosciati, egli guarda con tenerezza e curiosità ad un mondo che cambia, ad un’umanità che ha fatto della tecnologia strumento di affermazione e di distinzione rispetto ad un passato percepito non così migliore rispetto al presente. Tuttavia, nonostante le atmosfere inquietanti e una tensione decisamente palpabile con le visioni fantasmatiche della prima parte, la sceneggiatura comincia a scricchiolare non appena si inerpica per la via del thriller puro; qui la trama si confonde inutilmente, accumula spunti senza svilupparli a dovere, risolvendosi in una soluzione banale e già chiara allo spettatore almeno da un’ora prima della rivelazione sullo schermo. Nonostante ciò, il film mantiene una propria dignità e vanta un’ambizione non irrilevante, sintomo di un coraggio registico e produttivo non comune e sicuramente encomiabile.

Personal Shopper, ovvero Kristen Stewart in un vortice di fantasmi e paillettes.Bisogna anche riconoscere che Personal Shopper riduce ai minimi termini i propri comprimari, finendo per ruotare interamente intorno alla sua protagonista, interpretata da una grande Kristen Stewart, qui alla sua seconda collaborazione con Assayas dopo l’esperienza di Clouds of Sils Maria. Anche in questo caso chiamata a recitare la parte di assistente di una celebrità, adesso avanza però al ruolo di protagonista dimostrando che, quando è ben sfruttata, anche lei può essere una grande attrice, qui capace di sopperire alla quasi completa mutezza del suo personaggio con una mimica facciale e una gestualità mai sopra le righe, con una moderazione e una partecipazione estremamente rispettose. Ancor più che convincente, ipnotica e carismatica la Stewart riesce a calamitare su di sé l’attenzione dello spettatore, trasmettendo le paure, le ansie, i tormenti di una ragazza da una parte terrorizzata e dall’altra dannatamente sedotta dall’idea di entrare ancora una volta in contatto con il mondo dei morti.

Pertanto, se l’autorialità e l’esuberanza contenutistica del film non potranno certo convincere un pubblico massivo, mentre potranno sicuramente soddisfare palati alla ricerca di gusti rari e pungenti, su almeno una cosa tutti saremo d’accordo: Hollywood ha forgiato l’apatica Bella Swan di Twilight; il cinema europeo ci ha finalmente fatto scoprire Kristen Stewart. Potremmo chiederci quale delle due industrie sia effettivamente agli sgoccioli per creatività; ma su questo argomento è forse meglio rimandare a Manzoni: ‘Ai posteri l’ardua sentenza’.

Personal Shopper, ovvero Kristen Stewart in un vortice di fantasmi e paillettes.

Assayas dirige una Ghost-Story pensosa e ambigua, regalando alla sua attrice protagonista l'occasione della vita. - 7

7

The Good

  • Il soggetto del film è interessante e l'interpretazione di Kristen Stewart eccellente.

The Bad

  • Alcuni snodi narrativi tendono ad appesantire troppo la storia, con una forzata sommatoria di spunti accennati e non ben sviscerati.

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