Mariti e mogli: analisi e spiegazione del film di Woody Allen

Radiografia di un matrimonio secondo il cineasta newyorkese

Freud, Lacan, Schopenhauer, Pirandello, Bergman, Cassavetes, Dostoevskij, Kant ed Erich Fromm. Così si potrebbe riassumere Mariti e mogli, ma probabilmente non si renderebbe onore al genio di Woody Allen. Lungometraggio del 1992, questo film rappresenta uno degli spartiacque più importanti della carriera del regista e un momento di profonda rivoluzione del suo cinema. Prendendo spunto dalla sua vicenda autobiografica (il divorzio con Mia Farrow), l’autore ci narra la storia di due coppie newyorkesi alle prese con i dubbi e i problemi tipici del matrimonio. Il risultato è un film incredibilmente complesso che, in virtù della sua struttura intricata e culturalmente elevata, ha spesso visto il rifiuto di parte della critica e del pubblico. In questo articolo cercheremo dunque di fare un’analisi di Mariti e mogli e della sua ingegnosa elaborazione.

Come si è detto precedentemente, qui l’opera diventa metafora di vita, laddove l’artista sembra quasi confessarsi (all’analista? al pubblico? all’obiettivo?) senza filtri di alcun tipo. Ripensando il suo linguaggio visivo e giocando inconsciamente con un realismo più o meno consapevole, Allen decide di creare un teatro della vita dalle tinte fortemente drammatiche (a sprazzi nichilistiche) e pervase da un’aura nevrotica. In tal modo allea la tenerezza intimistica alla passione e alla lotta contro il costume sociale, vero e proprio contraltare della vicenda. Si forma dunque una pellicola molto matura e rivelatrice di una profonda sofferenza; una sofferenza nella quale risiede la grandezza del film e dalla quale emergono le domande più sofferte: Che cos’è il matrimonio? Qual è il suo significato? A quali conseguenze porta un rapporto incapace di rinnovarsi?

Indice

Due coppie, tre destini – Mariti e mogli analisi

Gabe Roth (Woody Allen) e Judy Roth (Mia Farrow) sono due coniugi sposati ormai da dieci anni e la cui convivenza appare felice. Lui professore di letteratura, lei editor di una rivista d’arte, trascorrono le giornate tra il lavoro e gli incontri mondani. Il loro rapporto però cambia improvvisamente quando una sera Jack (Sydney Pollack) e Sally (Judy Davis), i loro migliori amici, decidono di annunciare con naturalezza la loro separazione. Di fronte a questa notizia Judy reagisce nevroticamente, mentre il marito appare visibilmente sorpreso. Alla fine della serata i Roth, ormai rincasati, iniziano una discussione sul proprio matrimonio, analizzando i rispettivi caratteri ed appetiti sessuali. Vengono così alla luce l’inibizione di Judy, la paura di Gabe di avere un figlio e i suoi sogni sulla giovane allieva Rain (Juliette Lewis). Contemporaneamente i due ragionano su Jack e Sally, riuscendone a scoprire i loro segreti e le debolezze.

Intanto Jack decide di intraprendere una relazione con Sam (Lysette Anthony), la sua insegnate di aerobica; Sally per ripicca accetta di conoscere Michael (Liam Neeson), un avvenente collega di Judy. Da questo incontro nascerà un’unione meramente sessuale, volta per di più ad ingelosire il marito; costui infatti, dopo una prima infatuazione per la “shampista”, si renderà conto della mancanza di dialogo con quest’ultima e della necessità di confrontarsi con Sally. Gabe si avvicinerà maggiormente a Rain, che appare ai suoi occhi l’unica donna in grado di apprezzarlo. Dall’altro lato Judy – manipolatrice e subdola – farà di tutto per sedurre Michael, del cui si è recentemente invaghita. In questa spirale di intrecci amorosi e drammatici risvolti, chi sarà a farne le spese? I Roth riusciranno a ricucire lo strappo del loro rapporto? Jack e Sally torneranno insieme o prevarrà l’orgoglio personale?

Mariti

Mariti e mogli. Tristar Pictures

La teoria del figlio riparatore – Mariti e mogli analisi

Con questo titolo potrebbe riassumersi uno degli argomenti cardine della pellicola. In Mariti e mogli il tema del cosiddetto “figlio riparatore” aleggia per tutta la narrazione e viene toccato in maniera più o meno esplicita. L’aspirazione di Judy di concepire un bambino è fin da subito posta come una delle architravi del matrimonio dei Roth, vista e considerata la visione antitetica dei due coniugi sull’argomento. Ciononostante Allen non si limita a tratteggiare il tipico casus belli matrimoniale (come ad esempio in Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni); il regista decide infatti di ribaltare il concetto e di trasformarlo in una vana speranza di salvezza. È per questo che sul finale Gabe torna sui suoi passi; l’uomo si illude che un bambino risanerà il suo matrimonio, “riparando” ciò che ormai si è spezzato: l’amore. L’amore diviene quindi il vero protagonista del lungometraggio, poiché molteplici e sofisticate sono le sembianze attribuitegli. 

Nello specifico la teoria del figlio riparatore non funziona poiché è essa stessa ad essere fallace; non si può generare senza amore e solo per paura di affrontare il dolore imminente. Qui è abbastanza naturale intendere il sentimento amoroso come lo percepiva Schopenhauer (a cui Allen si ispira dichiaratamente): “l’amore è nient’altro che due infelicità che si incontrano, due infelicità che si scambiano e una terza infelicità che si prepara”. La “terza infelicità” può originarsi soltanto attraverso l’amore e qualsiasi altro mezzo risulta inefficace. Così facendo il quadro sociale dell’opera non tradisce la messinscena; difatti le coppie durature del film sono tutte coppie infelici, ma con dei figli. Quest’ultimi sembrano però sul punto di commettere gli stessi errori dei genitori (Rain?), rivelando la tesi freudiana di Allen: l’amore non è altro che una coazione a ripetere.

Mariti e mogli. Tristar Pictures

L’amore come coazione a ripetere – Mariti e mogli analisi

Come già accennato nel paragrafo precedente, la tematica fondamentale di Mariti e mogli è quella dell’amore come coazione a ripetere. È indubbia ora la forte influenza esercitata da Freud e da Lacan nei confronti di Allen, il quale si riallaccia alle loro teorie psicologiche. Incipit di tutto il discorso è la ripetizione; la ripetizione come aspirazione, come desiderio realistico incessante, insoddisfatto ed insoddisfacibile; un costante ritorno dove emerge il punto del reale, ossia l’elemento rassicurante. Esempi di ciò li ritroviamo tutti i giorni secondo lo psicanalista francese: il sole che sorge e tramonta, l’alternarsi delle stagioni. Qualsiasi cosa susciti cupidigia e realtà, della cui sussistenza temiamo continuamente e la cui riapparizione ci rassicura.

In tal modo il reale, ciò che torna nel medesimo luogo, coincide con il sintomo, ciò che non smette mai di ritornare allo stesso modo. Esattamente qui viene ad inserirsi Freud, che riconosce nella ripetizione del sintomo la coazione a ripetere. Così egli designa una pulsione al di là del principio del piacere; quest’ultimo infatti non si ritrova sempre con le medesime modalità, a causa dell’incertezza del suo scriversi nell’io. Solo l’amore  può apparire come coazione a ripetere, ossia qualcosa di certo e che non smette mai di iscriversi nell’individuo. Cionondimeno Allen mette in luce la contraddizione del meccanismo, delegittimando il valore della promessa matrimoniale che, in quanto tale, ha una portata meramente astratta e a cui i personaggi sembrano dare poca importanza. Egli ci dichiara che l’amore è una contingenza; un accadimento fortuito, che non può imporsi con un istituto della “Legge” sociale come il matrimonio.

Mariti e mogli spiegazione

Mariti e mogli. Tristar Pictures

La paura della solitudine – Mariti e mogli analisi

Chiosa della valutazione pessimistica delle nozze, la paura della solitudine è forse il tema risolutore della pellicola. Mariti e mogli parla dell’ansia di rimanere soli, del rifugio nel matrimonio e dell’incapacità di affrontare il concreto stato delle cose. Leopardi scriveva: “la solitudine è come una lente d’ingrandimento: se sei solo e stai bene, stai benissimo, se sei solo e stai male, stai malissimo”; ora, tutti i personaggi dello script stanno malissimo da soli e così ci rivelano la loro difficoltà all’autosufficienza. Perfetto esempio è Gabe il quale, nonostante la fine dell’attrazione per la moglie, si ostina a portare avanti un matrimonio per inerzia. Il motivo di questo suo atteggiamento è la paura della solitudine, e il malessere che ne deriva.

La solitudine è paragonabile a quella teorizzata da Erich Fromm, come condizione che già di per sé provoca ansia nel soggetto; condizione dettata dall’incapacità di condividere le gioie e i dolori quotidiani. A tutto ciò, nel quadro filmico non manca di aggiungersi il timore di una discriminazione sociale a causa del proprio isolamento. Se spesso la persona poco socievole è etichettata come “stramba” o “bizzarra”, non stupisce di certo la fuga dei personaggi da questa situazione. Similmente a quanto riportato sopra, anche in questo caso Gabe appare l’exemplum perfetto, sebbene Sally stessa porti con sé il medesimo habitus mentale. In conclusione il significato del matrimonio per Allen si risolve in un mero scudo dalla solitudine, una protezione dall’autosufficienza, una fuga dalla maturazione interiore. Forse è anche per questo che le ultime parole del solitario Gabe suonano come la ricerca di un’approvazione: “Posso andare? È finito?”.

Mariti e mogli

Mariti e mogli. Tristar Pictures

Tra i Russi, Kant e Pirandello – Mariti e mogli analisi

All’indomani della visione dell’opera appaiano chiare molte cose, tra cui i modelli di riferimento del regista nel tratteggio dei personaggi. Woody Allen sceglie di inserire dei caratteri sfaccettati e dalla grande forza intrinseca; forza che non può che derivare da un accurato studio dei classici. Risulta quindi superfluo cercare nell’assemblaggio dei quattro protagonisti un’ispirazione diversa da Dostoevskij, definito nel film “un pasto completo con contorno di vitamine e germe di grano”. Altrettanto esplicite si dimostrano le citazioni a Tolstoj (“un pasto”) e Turgenev (“un favoloso dessert”). Come in Amore e guerra – un eclatante omaggio alla letteratura russa – il cineasta “ruba” dai maestri sovietici, riuscendo però a rifuggire la banalità. Così Jack, davanti alla squillo, assomiglia molto al narratore di Memorie del sottosuolo dinanzi a Liza; l’attrazione simultanea delle protagoniste per Michael ricalca bene quella narrata da Tolstoj tra Vronskij, Anna e Kitty.

In aggiunta, non può sfuggire nella scrittura della storia la lunga ombra di Immanuel Kant e dell’ opera La Fondazione della metafisica dei costumi. Se in questa Kant affermava la necessità di trattare gli uomini come dei fini in se stessi e non degli strumenti, nel film la dichiarazione appare ribaltata. Allen non delinea un solo personaggio che non si serva del prossimo, costruendo un microcosmo dominato dall’interesse personale e dalla mancanza di dignità. Quest’ultima non fa che essere messa in secondo piano, spingendo lo spettatore ad un giudizio prettamente negativo di questi antieroi. Una valutazione condizionata certamente dalla modalità della narrazione, tendente ad annullare l’elemento comico. A differenza del solito, il regista predilige uno stile caustico; le parti ironiche hanno infatti il sapore di un riso pirandelliano. Un riso pietoso, ricolmo di compassione malinconica e a tratti giudicante.

Mariti e mogli analisi del film con Sydney Pollack

Mariti e mogli. Tristar Pictures

La rivoluzione alleniana – Mariti e mogli analisi

Partendo da alcuni stilemi di riferimento, Allen in Mariti e mogli decide di rivoluzionare completamente la sua forma cinematografica, focalizzandosi su un realismo inusitato. È palese la citazione a Scene da un matrimonio di Bergman e ai Volti di Cassavetes, ma il risultato è lungi dall’essere una brutta copia di queste pellicole. L’autore newyorkese lavora sul linguaggio filmico per catturare un dinamismo a volte frenetico, ricreato da una camera a spalla reiterata. Il caos della macchina a mano riproduce il disorientamento mentale dei personaggi, mentre l’uso dello jump cut echeggia i canoni della Nouvelle Vague. Parte integrante della pellicola diventa il montaggio ellittico che, insieme agli zoom in sui volti, tende a denotare i colpi di scena.

Io e Annie appartiene ad un’epoca diversa: nevrotica, ma certamente più vivace e vitale. Mariti e mogli – che sotto certi aspetti prelude a Basta che funzioni  – non è altro che un unicum nella produzione del regista; un film rischioso, sofferto e fortemente ragionato, sostenuto a sua volta dalla fotografia encomiabile di Carlo Di Palma. Un’opera che rasenta il cinema verità, un docu-drama dove le voci dei personaggi si accavallano tanto quanto le voci interiori dello spettatore. Un lungometraggio dove ogni passione è sopita (se non tragica) e ogni sogno infranto. In poche parole: da vedere e rivedere.

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