“The bad batch” con Jason Momoa: un film Netflix da vedere!
“The bad batch” con Jason Momoa è un film originale Netflix che noi di FilmPost vi consigliamo di vedere, e vi spieghiamo perché:
Recentemente è stato aggiunto al catalogo della piattaforma streaming più famosa al mondo ” The bad batch “. Un film Netflix vincitore del premio speciale della giuria alla 73esima Mostra del cinema di Venezia. Ne consigliamo la visione e vi spieghiamo perché.
Si sa che i film Netflix suscitano sempre una certa discussione alla cui base c’è il conflitto tra il vecchio e nuovo modo di produrre cinema. Discussione che non si è avuta, almeno sui social, per ” The bad batch ” con Jason Momoa co-protagonista; la pellicola si è aggiudicata il premio speciale della giuria al Festival di Venezia del 2016 e riteniamo che, nel bene e nel male, sia un film Netflix che dovreste aggiungere alla vostra lista.
“The bad batch” è la seconda opera diretta dalla regista iraniana, naturalizzata statunitense, Ana Lily Amirpour. Il film distribuito da Netflix vede nel cast Jason Momoa (il mitico Khal Drogo di GOT) come co-protagonista assieme a Suki Waterhouse; partecipano alla pellicola anche il nostro adorato Jim Carrey e l’eclettico Keanu Reeves. Questi quattro attori e una bambina, escludendo le comparse, compongono praticamente tutti personaggi in scena nell’intera opera. A nostro avviso aver reso “poco affollato” il film Netflix “The bad batch” da forza al tema centrale dell’opera.
La pellicola narra, in un’epoca non ben definita, di questo The bad batch che altro non è che un carcere “a cielo aperto”. The bad batch è un deserto oltre i confini del Texas in cui criminali vengono gettati per passare, probabilmente, il resto della loro vita. Come in una vera prigione i “detenuti” sono numerati e come in un campo di sterminio il codice identificativo viene loro tatuato sulla pelle come un marchio che li perseguiterà per tutta la vita.
I protagonisti atipici del film Netflix “The bad batch”
In questa ambientazione post-apocalittica si inserisce la storia di Arlen (Suki Waterhouse), portata da delle guardie al confine di questo deserto. Qui, dopo la sequenza iniziale in cui la ragazza vaga nel The bad batch, viene rapita da due misteriosi energumeni. Questo film Netflix dimostra di essere molto diverso da gli altri fin da subito. La ragazza viene legata e le viene tagliato un braccio ed una gamba. Ma perché le vengono fatte queste atrocità? E’ stata rapita da una “tribù” di cannibali che la vogliono usare come pasto. La ragazza non vuole però abbandonarsi ad un destino orrendo e allora combatte per fuggire. Così sporcandosi di feci attira l’attenzione del suo aguzzino (che vuole mangiare carne pulita) e lo mette fuori gioco riuscendosi a liberare. Qui inizia il vagabondaggio della nostra protagonista che la porterà ad arrivare e “Comfort”, questa congrega di persone che sembrano essere “normali” rispetto al clan dei cannibali.
Suki Waterhouse in questo film Netflix è una figura femminile combattiva. Ha un braccio mutilato e una protesi per reggersi in piedi, tuttavia, percorre miglia e miglia nel deserto. Determinata a raggiungere i suoi obbiettivi, ha un rapporto con il pericolo e la morte che risulta al quanto “eroico”. Il problema è che per quanto la ragazza sappia farsi valere, nel mondo della guerra di tutti contro tutti è facile essere sopraffatti. E’ facile sopratutto se i cannibali di “The bad batch” sono body builder come lo stesso Jason Momoa.
I punti di forza per cui bisognerebbe vedere il film Netflix “The bad batch”
La regia
Anzitutto va segnalata l’ottima perizia tecnica con cui Ana Lily Amirpour dirige “The bad batch” per Netflix. Se pur l’ambientazione è post-apocalittica, si parla di cannibalismo, vendetta e padri in cerca delle figlie, il film non è per nulla frenetico e la componente action è molto trattenuta. Questo è il primo pregio perché la macchina da presa e il montaggio servono a dare forza alla storia e ai personaggi, senza eccedere in virtuosismi, non sempre necessari. Molte inquadrature sono fisse in primi piani e particolari; la nostra protagonista è mutilata, il soffermarsi sulle sue amputazioni evidenzia come in quel mondo (che ricordiamoci è un carcere), la bellezza e, forse, la bontà trovano poco spazio. Ciò che c’è di buono è strappato dalle persone che vivono nel deserto del The bad batch per lasciare spazio solo al rancore e alla malvagità.
La regista infatti porta sullo schermo la lezione di Sergej M. Ejzenstejn: ciò che caratterizza la vita dei condannati a morte, o all’ergastolo, è il fatto che la vita pare fermarsi, il tempo sembra non scorrere più e ogni minuto di vita diventa inesorabilmente lungo, costantemente alla disperata ricerca della sopravvivenza.
Il tema della vita nelle carceri americane e la critica alla cultura USA
Se questo succede nella città dei “normali”, la società dei cannibali in “The bad batch” di Netflix mostra un altro spaccato della società degli USA. Il cannibalismo non è solo metafora della bestialità a cui si riduce l’uomo nelle carceri; la Amirpour con una delle prime sequenze ci suggerisce che queste persone forse vivono anche fuori dal clan di Jason Momoa nel The bad batch. Nella sequenza infatti vediamo che molti dei membri della tribù sono dei culturisti, sono ossessionati dall’aspetto esteriore, dalla perfezione fisica. L’edonismo (e gli edonisti) come un male che cela, dietro coloro che lo perseguono, la brutalità del cannibale. In questo film Netflix dunque si accosta all’edonismo imperante negli Stati Uniti la totale mancanza di etica e di una morale sana, al punto che cibarsi di un proprio simile è quasi necessario per poter apparire belli.
I punti deboli di “The bad batch”
“Tha bad batch” ha indubbiamente dei difetti. Primo fra tutti “l’emetismo delle sceneggiatura”. I dialoghi nella pellicola non sono molti e sono anche poco densi, ciò rende il background dei personaggi molto fumoso. Ammettiamo pure che, però, tale substrato non sia necessario perché gli abitanti di quel deserto non sono altro che numeri; rimane comunque il problema di fondo di questo film Netflix: la scarsa contestualizzazione. Non sappiamo in che epoca siamo, non sappiamo perché il The bad batch esiste , non sappiamo come Keanu Reeves sia riuscito a fondare una cittadina come quella di Comfort. Se pur l’insistenza sul “presente” della storia avvicina il messaggio di critica alla società degli Stati Uniti, non si può negare che rende confusi i contorni della storia e “annebbiata” la narrazione. Senza una salda base narrativa anche i pochi dialoghi risultano vacillare; “temporalmente” le conversazioni sono bene inserite nella storia ma a volte trascendo nel banale (es. eccessivo sentimentalismo), a volte risultano di difficile comprensione.
Infine la cosa in cui veramente si nota la “non perfezione” di un film Netflix come “The bad batch” è il finale. Come già era stato per il discusso Okja di Bong Joon-ho, l’opera della Amirpour non riesce a portare a termine la critica messa dinnanzi allo spettatore fin dalla prima scena; ancora una volta Netflix in “The bad batch” preferisce ripiegare su un finale meno sociale e più intimo che può strappare un sorriso allo spettatore, arrivato alla fine della pellicola sofferente per la brutalità che ha visto. Il finale ha comunque un senso nella visione generale del film, è tuttavia la soluzione più inconcludente rispetto alle premesse generali.
“The bad batch” rimane comunque un film da vedere. Anzitutto per i punti forti che vi abbiamo indicato sopra, che se pur non bastano a rendere “capolavoro” l’opera, danno ottimi spunti di riflessione. Inoltre “The bad batch” è utile per capire la direzione delle future produzione cinematografiche di Netflix. Inserendosi nel complesso sistema che parte da questo film, attraversa Hell or high water per arrivare ad Okja segna comunque la crescente valenza artistica delle produzioni Netflix. Certo, c’è ancora da lavorare e forse c’è necessità di maggiore “indipendenza” dei registi, che si ha l’impressione si debbano sempre un po’ piegare alle esigenze di “vendibilità” del prodotto, ma rimane il fatto che il film Netflix “The bad batch” con Jason Momoa rimane migliore di molte delle produzioni dei vecchi studios hollywoodiani che si sono viste nel 2016 e nel 2017.
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