Roma: la recensione del film di Alfonso Cuarón – Venezia 75

La nostra recensione di Roma, vincitore del Leone d'Oro all'ultimo Festival di Venezia

Arriva sulla piattaforma di streaming Netflix l’ultimo, discusso, film di Alfonso Cuarón, Roma. Il film, che vede il ritorno alla regia per il regista messicano dopo cinque anni da Gravity, è stato acclamato dalla critica. Definito da molti come il miglior film dell’anno, superando di gran lunga le preferenze su nomi ben più attesi. La vittoria al recente Festival del Cinema di Venezia ha fatto crescere ancora di più le aspettative su un prodotto che pian piano promette di fare scorpacciata di premi importanti. Roma parla di una storia quasi universale ma contestualizzata al difficile clima del Messico degli anni Settanta.

Prima di arrivare su Netflix, Roma è uscito ad inizio dicembre, per alcuni giorni, in alcune sale italiane per via di un decreto che ne obbligava l’uscita nelle sale prima della messa in onda sulla piattaforma di streaming. La guerra scatenata per ciò è sicuramente uno degli effetti del cambiamento del cinema. Un’eventuale vittoria agli Oscar potrebbe essere un evento storico per il cinema, vedendo trionfare su tutti un film Netflix. Proviamo adesso ad esprimere un parere ed una considerazione sul nuovo film di Alfonso Cuarón, elogiato da molti. Scopriamo se è davvero il film che tutti dicono, e soprattutto perché, in questa recensione di Roma.

Roma recensione

1970, Città del Messico. Le vicende sono ambientate a Roma, un quartiere medioborghese della capitale messicana. La città sta affrontando un periodo di forte instabilità politica ed economica, invasa da cortei, violente manifestazioni e scioperi. In questo contesto si sviluppa la storia di una famiglia benestante e della loro domestica. Quest’ultima si chiama Cleo, una mixteca (di origine indios) tuttofare che lavora per la famiglia e si occupa della casa accudendo moglie, marito e i quattro figli. La differenza sociale e culturale tra le due figure è evidente, sottolineata dallo stile di vita della famiglia. I compiti della giovane donna sembrano infiniti e il suo stato lavorativo è quasi servile. Passa dal pulire gli escrementi del cane dallo stretto vialetto di casa, al dare la buonanotte ai bambini, tutto senza soluzione di continuità.

All’interno di questo macro contesto, però, le storie che si sviluppano possono essere divise in tre segmenti divisi ma non del tutto. Il primo è quello che vede protagonista Cleo: la sua condizione lavorativa, il suo rapporto con i “colleghi”, le sue relazioni fuori dal lavoro ma anche le preoccupazioni e le speranze. Il secondo appartiene alla famiglia e vede dei figli viziati, e un po’ trascurati, dalle due figure genitoriali in piena crisi. Il terzo segmento vede protagonista la città, la società e il clima generale di un Messico attanagliato dalla crisi politico-economica. Su queste basi si sviluppa il nucleo narrativo di Roma.

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Nostalgia canaglia – Roma recensione

Il piano di Alfonso Cuarón probabilmente si basava su un’operazione nostalgia, per questo Roma è un film estremamente riuscito, con un obiettivo raggiunto senza esitazioni. Le storie narrate hanno un sapore speciale se pensiamo che sono i ricordi d’infanzia dello stesso regista. La famiglia descritta è la sua, come la badante che lavora per loro. Il film per questo motivo diventa estremamente autobiografico: Roma racconta un preciso periodo della vita della famiglia, della vita di Cuarón stesso e di Cleo. La nostalgia che pervade lo schermo è ritratta da Cuarón con fedele realismo. L’operazione del regista è da folli: l’arredamento della casa è per buonissima parte quello della sua infanzia, recuperato per ricreare l’atmosfera. Quella stessa casa, i suoi interni, che vengono ricreati con fedeltà maniacale in studio. Il regista è fortemente legato a quegli anni e si percepisce ad ogni frame, indugiando su ogni elemento.

Lo fa con lenti movimenti di macchina che ci coinvolgono appieno in un clima che ormai fa parte del passato. La minuziosità simbolica raggiunge il picco quando si inquadrano, per dei secondi che sembrano infiniti i dettagli della targhetta di Calle de Tepeji, la via in cui è cresciuto e il numero civico dell’abitazione. Colonia Roma, il quartiere che dà il nome al film e senso alla linea narrativa, al contesto, alle vite dei protagonisti e alla visione da parte dello spettatore. I campi lunghi che fanno riflettere, la staticità di certi momenti, portano lo sguardo alla media borghesia della famiglia del regista, agli abbracci e alle lacrime che portano inevitabilmente a pensare alla nostra infanzia, pur non avendo a che fare con il Messico del 1970. Magico è l’effetto nostalgia che genera Roma, oltre i confini sociali e geopolitici. Ma questo basta a renderlo un grande film?

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Le donne di Cuarón – Roma recensione

Cuarón, come moltissimi registi nei loro film più recenti, cura lo sguardo verso le donne. Sono loro protagoniste di Roma, come era del resto una donna la protagonista di Gravity. Qui sono una mixteca e una spagnola, una domestica e una madre, così diverse ma allo stesso tempo altrettanto vicine. Cleo è una giovane donna ma possiede una grande saggezza. La sua forza sembra sempre vacillare ma è proprio nei momenti peggiori, nelle amare delusioni e nei colpi più duri che il suo carattere emerge, facendola sempre rialzare. Ama e protegge. Il voler accudire e il coraggio insito dentro di lei le fanno sfidare le onde del mare e le sue paure, per il bene degli altri, più che per il suo. La caratterizzazione di un personaggio così potente emotivamente è anche merito di una grandissima Yalitza Aparicio, non un’attrice professionista ma capace di trasmettere una fortissima intensità.

La sua controparte borghese è la madre dei figli, e in un certo senso la vera capofamiglia. Una donna con allineamenti più moderni, che frequenta una società diversa, fatta di gringos e feste in villa. Però segnata da una fragilità maggiore, per via di una situazione compromessa, il suo matrimonio, La donna cede e fa fatica a rialzarsi e la netta contrapposizione che Alfonso Cuarón evoca con Cleo ci fa riflettere sulla diversità delle condizioni sociali che portano ad un ribaltamento caratteriale. La due si troveranno unite nella sofferenza comune, dovendo reagire al male dell’uomo. Lo faranno in mezzo ad un mare di urla di bambini, di caos sociale e di cacca di cane. La stessa cacca che, simbolicamente, potrebbe anche alludere alle avversità che si trovano davanti. Le deboli interpretazioni dei bambini, invece, frutto di una mancanza di sceneggiatura che li regolasse, smorzano l’emotività drammatica.

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Estetica scissa – Roma recensione

Una cosa ci è chiara guardando Roma: l’altissimo livello tecnico. Alfonso Cuarón cura la regia, il montaggio e soprattutto la fotografia. Quest’ultima è il fiore all’occhiello del film, con un bianco e nero luminoso che rapisce. I piani sequenza lunghissimi e l’impatto esteticamente violento di alcune scene bellissime (tra cui quella delle sanguinose violente) sono solo alcuni degli elementi di spicco. Roma è ricco di riferimenti metacinematografici. L’inquadratura con un lunghissimo campo dentro la sala cinematografica inquadra sullo schermo Tre uomini in fuga di Gerard Oury; i bambini vanno a vedere al cinema Abbandonati nello spazio di John Sturges (il ricordo di Cuarón non solo nella crescita emotiva ma anche professionale, dato che questo film è probabilmente, come vediamo dalle scene proiettate, ciò che gli ispirò Gravity); e in una scena la lunga coda di macchine che, insieme al bianco e nero, non può non ricordare di Fellini.

La strada dell’estetica ricercata però lascia spazio al suo interno a singole vie. Le storie sullo sfondo della crisi civile messicana sembrano più racconti diversi, che comunicano sempre ma non si fondono mai, non si alimentano a vicenda. Sono più narrazioni “sotto lo stesso tetto” ma che vivono di una propria autonomia narrativa, pur mantenendo serrato il dialogo. I singoli, importanti, frammenti assumono un significato simbolico, emotivo ed evocativo, ma non rendono il senso generale dell’opera. Potrebbe essere un punto a sfavore se non fosse che probabilmente però è proprio questo l’intento, un po’ Nouvelle Vague, del regista: comunicare dei singoli stati d’animo, parlando di singole “piccole cose”, di singole donne, di precise condizioni sociali ed emotive e di passato. La storia nel complesso forse non sa bene dove andare, ma al suo interno ci sono più anime che tracciano il percorso.

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Il miglior film dell’anno? – Roma recensione

Alfonso Cuarón strega Venezia e gode del supporto dell’amico Guillermo del Toro. Viene acclamato dalla critica, osannato dalle masse e tra i frontrunners per molti dei prossimi premi Oscar. Però, oltre ad alcuni punti forse negativi che abbiamo visto, la durata del film può svantaggiare il prodotto: i 135 minuti coinvolgono ma possono essere un fastidio per chi non è abituato a determinate storie con questi ritmi narrativi. A cinque anni dal suo ultimo film, il regista messicano torna con un prodotto che guarda al passato. Lo fa parlando della sua Roma, del suo Messico e di anni ormai andati. Ma anche guardando ad una narrativa passata, quella di Y Tu Mama Tambien, suo film del 2001.

Come già detto sopra, il film si può trovare in streaming su Netflix. Girato in 65 mm e con una grande perizia tecnica, il film è un grande inno nostalgico che parla di cinema a tutto tondo. Roma è un film che porta alla riflessione e proprio grazie ad essa possiamo comprendere appieno tutte le scelte formali e narrative. Il film di Alfonso Cuarón è un grande film, probabilmente non il migliore dell’anno, sicuramente il più bello. Resta un incredibile viaggio nostalgico che ci fa sorridere e che ci lascia, come piace a noi, qualcosa di molto amaro in bocca. E la qualità che rende Roma un ottimo prodotto è la sua unicità: pur citando se stesso e altri prodotti, il film di Cuarón non somiglia a nient’altro di già visto e, nel bene o nel male, che piacciano o no, le sue scelte sono uniche e fanno di Roma già un piccolo grande classico.

Roma, di Alfonso Cuarón

Voto - 8

8

Lati positivi

  • Il bianco e nero: la fotografia curata dallo stesso Cuarón è forse la vera protagonista del film
  • La regia e l’effetto nostalgia: movimenti di macchina e inquadrature che valorizzano il comparto tecnico e ci immergono in un clima nostalgico
  • Yalitza Aparicio: non un’attrice professionista ma capace di recitare con grande intensità e di comunicare con lo spettatore

Lati negativi

  • Il senso d’insieme: i nuclei narrativi faticano ad alimentarsi a vicenda e ad alimentare un senso più generale dell'opera e questo potrebbe essere un ostacolo per chi non è abituato a questo tipo di narrazione

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