“13”: la serie Netflix che mette a nudo e crudo il Teen Drama

13 è la serie Netflix del momento, un teen drama maturo e intelligente che approfondisce temi fragili come il bullismo, la violenza fisica e la vita liceale

Netflix, netflix, neflix… ma che mi combini? Ricordo ancora tre giorni fa quando mi imbattei in “13”, molti ne parlavano bene e sembrava essere un teen drama molto ben costruito. Tutto scoppiò con il trailer. “Ciao, sono Hannah, Hannah Baker. Mettiti comodo, perché ti sto per raccontare la storia della mia vita. In particolare, come la mia vita finì” . Decisi di iniziarla.

La trama è molto semplice: Hannah Baker, studentessa diciasettenne, si è suicidata e ha registrato 13 nastri in cui elenca le 13 ragioni per cui si è spinta ad un tale gesto. Uno dei motivi sembra essere Clay Jensen, studente anch’egli, timido, introverso, conosceva Hannah molto bene dal momento che lavoravano insieme in un cinema. Clay riceve i nastri, inizia molto lentamente ad ascoltarli( ogni puntata ne rappresenta uno). Quello che Clay cerca di fare è di temporeggiare e non andare avanti, il dolore di sentire la sua voce e non vederla è troppo forte.

La storia va avanti su due piani, il presente e le visioni/racconti fatti immagine di Hannah. Tramite le registrazioni, veniamo esposti al mondo di Hannah, alle sue avventure, le sue amicizie, i suoi pensieri ma soprattutto il suo punto di vista. Starà dicendo la verità? Mente su qualcosa? Più si va avanti nella storia più i personaggi coinvolti nel caso aumentano e la storia prende sempre più forma. È allora durante la visione che molti dei temi adolescenziali spesso stereotipati si fanno avanti: il bullismo, la vita liceale, la depressione, la sessualità, la violenza fisica.

” Avevo bisogno di un cambiamento, come mi dicevano gli altri, così ho cambiato il mio aspetto. L’unica cosa su cui avevo ancora il controllo.”

Tutto ciò avviene all’interno di un ambiente adolescenziale ben costruito e mai comune. Ci troviamo alla Liberty High e sì: ci sono i bulli con la decappottabile, facebook, le cheerleeders , le partite di basket, eppure non vengono mai banalizzate e rese fini a se stesse. Un po come fa il videogioco Life is Strange, la storia si porta avanti tramite tanti effetti-farfalla, che porteranno la protagonista a cadere sempre di più in basso, a sentirsi vuota, inutile e inadatta a questo mondo. Come se fosse un personaggio al femminile scritto da Italo Svevo si potrebbe dire, per richiamare un po’ la letteratura. A proposito di questo, la serie si basa sul romanzo “13”, scritto da Jay Asher nel 2007, scelto da Netflix per portarlo sul piccolo schermo.

La scelta dei collaboratori tecnici non è causale, infatti le prime due puntate sono dirette da Tom McCarthy, regista del film Premio Oscar “Il Caso Spotlight”. La regia si nota eccome, sempre dinamica e fissa quando serve. Non mancano esercizi di stile come per esempio il dolly zoom o effetto vertigo, che consiste nella combinazione di uno zoom in avanti e una carrellata all’indietro. Il senso è quello di confusione, straniamento. Proprio come quello di Clay, appena entrato a scuola, davanti agli sguardi dei compagni.

Ci sono tante influenze e ispirazioni, sia parlando delle tematiche come il bullismo e la dura vita al liceo, già vista in film come Easy A, sia riguardo scelte stilistiche. Nello specifico, la serie richiama la grande serie scritta da Mark Frost e David Lynch, Twin Peaks. Una serie che si basa su un omicidio di una liceale, con tanti segreti, con amici e nemici, vi ricorda qualcosa? Bhe, la somiglianza è abbastanza visibile. Molte scene ricordano anche altri film, tra i tanti c’è American Beauty di Sam Mendes. Una scena eclatante è quella in cui Clay ha una delle sue solite visioni e si immagina una lunga serie di sguardi con Hannah nella palestra della scuola, solo loro due senza i giocatori di basket e cheerleeder in giro.

“So cosa state pensando tutti, Hannah Baker è una puttana. Ho sentito così tante storie che non so quale sia la più popolare. Ma so qual è la meno popolare. La verità”

E così Clay, in sella alla sua bici fidata, con le cuffie nelle orecchie, grazie alla saggezza del suo angelo custode Tony, amico sia di Clay che di Hannah, si fa strada verso la verità, che si vedrà essere amara e sempre più criptica. Capiamo come sia veramente importante ciò che facciamo o diciamo alle persone, a quanto un gesto possa significare, come tante cose messe insieme possano portare a conclusioni spaventose. Perché se Hannah si è uccisa, è colpa di tutti, tutti l’hanno delusa in qualche modo. La foto che scatta Justin, ragazzo di cui inizialmente si innamora, da un taglio netto alla reputazione di Hannah, in un ambiente liceale dove la reputazione è tutto.

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Varrebbe la pena di guardarsi la serie anche solo per le bellissime interpretazioni dei giovani attori nei panni di studenti diciassettenni e della stupenda colonna sonora composta da nomi come Joy Division, The Cure, The Alarm e anche Selena Gomez. A proposito, proprio Selena Gomez doveva interpretare inizialmente la protagonista, poi alla fine è comunque rimasta nel progetto come produttrice esecutiva.

Uscita il 31 marzo 2017, la trovate su Netflix, pronta per raccontarsi la storia di Hannah Baker, di come la sua vita finì per colpa di tante piccole cose che diventano fatali, per ricordarvi come era la vita al liceo, perché se non siete stati Hannah (lo spero), siete stati Clay, o Justin, oppure chiunque altro.

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