Intervista ad Antonella Carone tra i protagonisti del film “Me contro Te – Il mistero della scuola incantata”

Antonella Carone è nel cast del film Me contro te – Il mistero della scuola incantata. La pellicola, diretta da Gianluca Leuzzi, è approdata al cinema il 18 agosto. L’attrice  interpreta il ruolo di Perfidia, un personaggio che le permette di entrare ufficialmente nel novero dei cattivi del cinema per ragazzi. Antonella Carone ha accolto il ruolo con grande entusiasmo perché si sa, i cattivi hanno sempre molto fascino.

Film Post incontra Antonella Carone 

Intervista Antonella Carone

Antonella Carone nei panni di Perfidia. Foto Ufficio Stampa Lorella Di Carlo

Benvenuta Antonella. In “Me contro Te – Il mistero della scuola incantata” interpreti Perfidia. Come descriveresti il tuo personaggio?

Perfidia è una “villain” in tailleur e tacchi a spillo. Assistente dello storico rivale dei Me contro Te, il Signor S., è a sua volta ammaliata da sogni di potere e da una certa ammirazione verso il capo. Ma Perfidia è un personaggio tutt’altro che “monolitico”. Vittima della sua stessa malvagità, spesso si rivela goffa, impacciata, nonostante provi sempre a darsi un tono. Questo contrasto non può che risolversi in esiti comici, rendendo Perfidia un personaggio a suo modo “simpatico”.

In che modo ti sei approcciata ad un personaggio “cattivo”? Hai avuto delle figure cinematografiche di riferimento a cui ti sei ispirata?
Se è vero che “copiare” da un autore sia plagio, mentre copiare da molti sia ricerca, beh, allora io avrei ricercato moltissimo per questo ruolo!
Ti confesso che quando mi è arrivato lo stralcio per il provino, stavo guardando la serie “Lemony Snicket – Una serie di sfortunati eventi” (che ho amato moltissimo per la raffinatezza e l’ironia della sceneggiatura, oltre ad attori e ad una fotografia magistrali). E, puntata dopo puntata, mi sono innamorata del personaggio di Esmè Squalor (Lucy Punch), anche lei, “sciantosissimo” braccio destro del cattivo di turno, il Conte Olaf.

È uno di quei ruoli che quando lo guardi dici: “questo avrei voluto farlo io”. E così quando ho studiato per il personaggio di Perfidia, un po’ di quel desiderio è finito nella mia interpretazione. Ma dentro ci sono anche Yzma de “Le follie dell’imperatore” (nello stupendo doppiaggio italiano di Anna Marchesini) e anche un po’ di Frau Blücher di “Frankenstein Junior” nel travestimento in preside, con cui si apre questo secondo film.


Che esperienza hai vissuto sul set?
Meravigliosa. Fare i sequel è bellissimo perché, tornando a lavorare con le stesse persone, trovi un affiatamento e una sintonia simile ad una compagnia teatrale. Durante questo secondo film, poi, sono stata particolarmente coccolata. Ero incinta del mio primo figlio. Ho girato fino al settimo mese, con la pancia che cresceva di settimana in settimana. Tutti i reparti, dai costumi alla scenografia, mi hanno aiutata ad affrontare serenamente il set. Ma anche il regista, i colleghi attori, tutta la Colorado Film sono stati a dir poco splendidi.

Abbiamo adottato qualche precauzione, occultato il pancione (poco in linea col personaggio di cui sopra!) e abbiamo fatto tutto quello che la sceneggiatura prevedeva. Purtroppo in certi ambienti lavorativi la gravidanza viene vista ancora come un lusso. Spesso sono le donne stesse a temere che non sia il momento giusto ad un certo punto della carriera. Invece il momento giusto è sempre, quando lo si voglia. Dovremmo ricordarci più spesso che la maternità è un diritto di ognuna, non un lusso o una condizione patologica. Combinare maternità e lavoro non solo si può fare, ma si deve!

Quali consigli ti ha dato il regista Gianluca Leuzzi?
Sin dall’inizio Gianluca mi ha guidata nella costruzione di una cattiva che non facesse paura ai bambini, dal momento che il nostro target parte dai quattro anni, all’incirca. “Dobbiamo far sognare i bambini, non spaventarli”, diceva. Abbiamo così lavorato sul registro ironico, su una comicità di situazione, che rendesse Perfidia buffa suo malgrado ma allo stesso tempo credibile nei suoi obiettivi e nella sua cattiveria.

Una volta impostato il personaggio il lavoro non si è interrotto, anzi! Anche sul set quell’imprinting iniziale si è arricchito di nuove proposte, in un dialogo costante e costruttivo tra me e Gianluca. Adoro lavorare con lui perché è un regista che ascolta moltissimo gli attori ma, allo stesso tempo, ha le idee chiarissime su dove vuole farti arrivare. E questo è un grande pregio.

 Quale credi sia il segreto del successo de I Me contro Te?
La perseveranza. Penso sia il segreto di chi, come loro, ha costruito da zero il proprio successo. In più loro sono davvero bravi e appassionati di quello che fanno, sono un fiume in piena di idee e progetti e li realizzano senza risparmiarsi, lavorando sodo senza lasciare nulla al caso.

Nel film Spaccapietre dei fratelli De Serio hai interpretato la moglie di Giuseppe (Salvatore Esposito). Che figura femminile hai raccontato attraverso Angela?
Ho raccontato una moglie e una madre che compie un sacrificio, nel senso più alto e sacro del termine. Angela è una donna che si fa carico del sostentamento della sua famiglia dopo che il marito rimane vittima di un incidente sul lavoro e non può più trovare un’occupazione.

E finisce, lei, per morire di fatica nei campi, in mano a caporali senza scrupoli. Angela entra ed esce di scena con la leggerezza di un angelo, per l’appunto, ma la forza di cui è portatrice non ha eguali: è la forza viscerale di una madre e di una donna del sud che non esita difronte alla fatica. Angela è una donna che diventa “simbolo”. I fratelli De Serio mi hanno fatto un grande regalo affidandomela. E io sono molto grata a loro.

Te lo ricordi il giorno in cui ti sei detta: “Voglio fare l’attrice”?
Certo. Avevo tredici anni e vincevo un concorso di teatro scolastico interpretando Santuzza in una riduzione in prosa della Cavalleria Rusticana. Roba seria! Se ci ripenso mi vien da ridere. Ero poco più di una bambina e giocavo a fare la donna sedotta, abbandonata e mortificata, nel pieno di una tragedia verista! Ma io ci credevo, eccome! Ho provato l’emozione e il divertimento di essere altro da me. E da quel giorno non ho più smesso.

 Quali sono i registi con cui ti piacerebbe collaborare?
Due nomi su tutti. Marco Bellocchio e Sidney Sibilia. Il primo perché è un Maestro come pochi, in grado di raccontare due cose difficilissime, l’animo umano e la società, in maniera onesta, senza enfasi e senza inganni. Il secondo perché adoro quella vena di follia che pulsa in tutte le sue regie e nelle storie che sceglie di raccontare.

Quale è l’ultimo film che hai visto e che ti ha coinvolto emotivamente, così tanto da pensarci per giorni?
“La teoria del tutto”. È uno dei pochi film che rivedo volentieri. E ogni volta che lo vedo è come se fosse la prima. La cifra stilistica dominante è la delicatezza, ma il pugno allo stomaco ogni volta è fortissimo.

C’è una serie che che porti nel cuore?
“Orange Is the new black”. Ho pianto sui titoli di coda dell’ultima stagione.

C’è un ruolo che sogni di interpretare, adesso?
Non uno in particolare. Ogni personaggio è interessante, purché sia scritto bene. Diciamo che non mi dispiacerebbe un bel ruolo drammatico adesso.

Cosa significa “essere un’attrice” secondo Antonella Carone?
Lo sto ancora capendo, ma per ora posso dire che essere attrice o attore, secondo me, ha a che fare con la generosità, in barba a tutti i divismi. Ogni volta che sali su un palco o reciti davanti alla macchina da presa lo fai per qualcun altro. Stai condividendo con quel qualcuno ciò che di più prezioso hai, le tue emozioni. Sì, vestire altri panni, mettere il proprio vissuto al servizio di un personaggio, essere per un pubblico, implicano un grande atto di generosità.

 

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