La terra dell’abbastanza: recensione del film dei fratelli D’Innocenzo

L'opera prima di Fabio e Damiano d'Innocenzo, presentata all'ultima edizione della Berlinale, acclamata da critica e pubblico

La ricetta perfetta per un esordio. Due attori protagonisti poco conosciuti ma di grande talento. Una sceneggiatura originale assai reale e impregnata di realtà. Una serie di attori comprimari perfetti nei loro ruoli e di top player tra i vari DOP, costumisti e scenografi. Il gioco è fatto. L’ingresso dei fratelli D’Innocenzo nel mondo del cinema italiano è folgorante e lascia ben sperare per quello che sarà il loro futuro.  Vi presentiamo quindi la recensione de “La terra dell’abbastanza”, opera prima dei due giovani registi e sceneggiatori romani.

Indice

Manolo e Mirko: Da zero a mille – Recensione La terra dell’abbastanza

Manolo, interpretato da Andrea Carpenzano, e Mirko, alias Matteo Olivetti al suo debutto, sono due ragazzi di borgata. Una notte apparentemente tranquilla, si trasforma per loro in un incubo, almeno apparentemente: i due investono un pedone che attraversa sul ciglio della strada. All’inizio vengono presi dal panico, ma in un secondo momento il padre di Manolo – Max Tortora – li indirizza verso una strada particolare. Egli, infatti, è a conoscenza del fatto che il morto è un pentito di un clan malavitoso locale.

Sul solco di Ciro e Marco di Gomorra, pellicola del 2008 di Matteo Garrone, che venivano iniziati alla vita criminale e diretti da un regista estremamente legato all’effetto-realtà di quel sud smembrato, ci sono ora Manolo e Mirko. I fratelli d’Innocenzo, che sono reduci dal Dogman di Garrone stesso, hanno evidentemente incorporato alcune dinamiche e stili di ripresa comuni all’autore romano.

Da una parte una Scampia senza colore, dall’altra un Ponte di nona con costruzioni estremamente colorate, a sottolineare quelle vibrazioni interne che scuotono i due protagonisti de La terra dell’abbastanza, che a differenza dei rachitici napoletani, subiscono un vero e proprio cambiamento al loro interno che li porterà a prendere decisioni assai pericolose durante lo sviluppo drammaturgico. Eppure Manolo e Mirko non si aspettavano un tale cambiamento: il padre di Manolo li conduce ad una vita a cui non avrebbero aspirato. Forse era meglio il “barman con le rumene e i rumeni” di cui li sentiamo parlare nell’incipit. Invece “Da zero a mille. Così. Bum.”

La realtà dei fratelli D’Innocenzo

Negli ultimi anni, di film sulla periferia ne abbiamo visti tanti. La verità è che certi contesti, per poterli raccontare, bisogna viverli. La terra dell’abbastanza ricorda anche Non essere cattivo, drammatico affresco del 2015 di Claudio Caligari. Le inquadrature a due, l’ambiente degradato attorno ai personaggi e la fotografia alquanto cupa, ricordano molto quelle atmosfere. Qui Fabio e Damiano d’Innocenzo sono in piena linea con gli eventi narrati, come se avessero voluto raccontare un po’ di quel mondo da cui vengono. Dirlo è facile, metterlo per iscritto ed adoperarlo in fase di regia è un altro conto: cose che fanno solo “quelli bravi”.

L’effetto-realtà proviene proprio da una regia molto dinamica e concentrata sui volti degli attori, messa al servizio dell’esclusione di tutto ciò che vi è intorno. Non esiste profondità di campo, bensì una cura nel seguire i personaggi, nel volergli bene. La dedizione con cui si sono dedicati alla pratica attoriale si sente dalla prima all’ultima scena. Andrea Carpenzano e Matteo Olivetti fanno un lavoro eccezionale sulle movenze fisiche, sul dialetto e su una giovinezza – di cui vediamo l’adesivo in macchina – amabile e beffarda. È tutto al servizio della realtà: rimanere attaccati alle difficoltà della periferia, senza inserire alcunché di parossistico era fondamentale, ed i fratelli d’Innocenzo ci riescono in pieno.

la terra dell'abbastanza recensione

Cinema di genere – Recensione La terra dell’abbastanza

Siamo di fronte alla nascita di due grandi registi? Questo non possiamo saperlo, ma ciò che possiamo sicuramente suggerirvi è che le basi ci sono tutte. Abbiamo le carte in regola per poter tornar a fare cinema di genere. Quel tipo di cinema che ha riempito le sale cinematografiche dagli anni settanta agli ottanta: dallo spaghetti-western alla commedia all’italiana, dal poliziottesco all’horror, sino alla criminal-mania che ha caratterizzato cinema e tv degli ultimi anni. Qualche anno fa sapevamo farlo benissimo il cinema di genere. Negli ultimi anni sono stati distribuiti in sala diversi film che hanno contribuito alla possibile “rinascita” del cinema nostrano. Un applauso ai fratelli d’Innocenzo e al loro buonissimo esordio.

La terra dell'abbastanza

Voto - 7

7

Voto

Lati positivi

  • Effetto-realtà dei fratelli d'Innocenzo
  • Attori diretti alla perfezione

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *