28 anni dopo, Danny Boyle ci racconta il suo ultimo film

A Roma, Danny Boyle ha parlato con la stampa di 28 anni dopo, di politica e tecnologia, ma anche del ruolo delle donne nell'horror

Una Londra deserta, un uomo spaesato e una mandria di zombie, è così che ci aveva lasciato Danny Boyle con il suo iconico 28 giorni dopo. Oggi, ventitré anni dopo, il regista britannico torna in sala con 28 anni dopo, in uscita il 18 giugno, un horror che ritorna alle origini anche grazie alla presenza di Alex Garland alla sceneggiatura. “Un sequel che si adatta ai tempi moderni, tra resistenza e famiglia”, è così che Boyle ha descritto il suo ultimo lavoro a durante la conferenza stampa di Roma.

Un racconto di formazione che ha la famiglia come punto centrale

Danny Boyle conferenza Roma

Danny Boyle ha più volte sottolineato i pilastri di quello che è un vero e proprio franchising horror che, però, non cede alle logistiche di prodotti simili. Il regista ha parlato delle tematiche care a 28 anni dopo, alle similitudini con 28 giorni dopo e al modo in cui la storia si è adattata ai giorni d’oggi. “Volevamo che questo film fosse basato sui personaggi e sulla famiglia: nel primo i due protagonisti creano subito una famiglia, volevamo ripetere questa esperienza, volevamo un film entusiasmante, avvincente che attirasse i fan dell’horror ma anche che parlasse di come le famiglie si frantumano e di come il trauma agisce su di loro.”

Boyle continua affermando come le donne e il femminismo contemporaneo abbiano un ruolo rilevante in questo suo ultimo lavoro. La famiglia, punto centrale in 28 giorni dopo, viene ripreso in quello che il regista stesso definisce un racconto di formazione di un giovane ragazzo, che vive in un’Inghilterra pre-Brexit dominata da ruoli di genere molto rigidi, che deve scegliere il suo destino, se seguire la strada di suo padre o costruirne una nuova per se stesso.

Parlando di donne e del loro rapporto con l’horror, Boyle ha anche affermato come le spettatrici siano fondamentali per il genere: “Quando abbiamo fatto il primo film ci fu detto che le donne non sarebbero andate a vederlo, mentre ora le cose sono cambiate. Quando abbiamo fatto le proiezioni test in America ci sono state molte donne che a fine proiezione discutevano dell’idea dietro l’horror, se definire così il film o meno. Questo genere ha così successo perché permette di esorcizzare le proprie paure e si rivela molto flessibile: lo puoi allargare ed espandere per raccontare molte più cose“, per poi aggiungere che le donne “sono interessate all’horror perché soffrono di più”.

L’ispirazione che arriva dall’attualità

Danny Boyle conferenza Roma

28 anni dopo è un film incredibilmente attuale che prende ispirazione non solo dai suoi precedenti lavori, ma anche da come il mondo è cambiato in questi ventitré anni. Durante la conferenza si è parlato di politica, di come il regista – sebbene si definisca un ottimista – sia molto preoccupato per l’andamento attuale specialmente nel suo Paese natale. “Credo che oggi manchino i leader della resistenza, posso parlare per il mio Paese, ma credo che manchino leader che ci possano ispirare. Ad un certo punto si è pensato che la tecnologia potesse guidarci ed ispirarci, ma ora sembra molto complicato”.

Ad essere stato di grande ispirazione è stato indubbiamente il Covid, i lunghi periodi di pandemia e le molteplici similitudini tra i sopravvissuti di 28 anni dopo e la nostra esperienza con il Covid, il modo in cui ci siamo adattati ad una situazione di pericolo per noi sconosciuta, ma soprattutto “la cosa più interessante è il modo in cui il virus si è evoluto per non morire, il modo in cui ha imparato a cacciare.”

Per girare 28 anni dopo sono stati utilizzati iPhone, droni e un pov particolare

Danny Boyle conferenza Roma

Altro punto centrale della conferenza è stata la tecnologia, in tutte le sue forme. Dall’intelligenza artificiale, alla propaganda politica che passa attraverso le immagini ritoccate, ma anche di come crede che la tecnologia sia uno strumento prezioso che arricchisce ancora di più il cinema. 28 anni dopo, infatti, è stato girato utilizzando molteplici tecniche e strumenti diversi, tra cui gli iPhone. “Abbiamo utilizzato tantissimi iPhone e tante macchine da presa leggere, tante tecnologie che ci permettessero di non lasciare un’impronta molto pesante, dato che eravamo in mezzo alla natura. Abbiamo anche fatto largo uso dei droni, riducendo al minimo la troupe perché volevamo realizzare qualcosa di nuovo e diverso. […] Ad esempio ad un certo punto Aaron Taylor-Johnson corre fortissimo e ha lui la camera, la maggior parte del girato non era utilizzabile, ma ci sono dei pezzi, delle parti che in altro modo non sarebbero stati ottenibili.

 

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