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Indiana Jones
Il primo pensiero che mi viene in mente quando penso a Indiana Jones sono le tre cassette usate, riusate, abusate, distrutte, ricopiate e, infine, perse durante qualche trasloco, in cui avevo registrato i primi tre film della saga. Bei tempi. Davvero bei tempi.
Lo spunto di riflessione su questa trilogia, che definire leggendaria ed antologica risulterebbe riduttivo, sorge dalla riproposizione, sul canale Paramount, durante le ultime tre settimane, dei tre episodi (e anche del, a mio parere, deludente quarto episodio) che compongono la storia di Indiana Jones, l’archeologo più amato nell’intera storia del cinema. Questa sera, in particolare, andrà in onda in prima serata il terzo capitolo della saga, L’ultima Crociata.
Correva l’anno 1981, quando al cinema usciva l’ultima fatica tirata fuori dalla mente creativa di George Lucas e tradotta in immagini da Steven Spielberg: la storia di un archeologo americano abbastanza fuori dal comune. "Se vuoi diventare un bravo archeologo devi uscire dalla biblioteca!". Infatti Henry Walton Jones Junior, più noto come Indiana Jones, nome con cui lo stesso protagonista si fa riconoscere (Indiana è il nome del suo cane d’infanzia), è tutto fuorché un topo di biblioteca che passa le sue giornate a ricercare fatti e avvenimenti in libri antichi. Indiana è un avventuriero, con la A maiuscola.