Ida – Un viaggio alla ricerca di sé stessi
Direttamente dalla Polonia arriva su Netflix “Ida”, piccola perla premiata con l’Oscar 2015 al Miglior film straniero e candidata anche alla Migliore fotografia.
Fra i vari aggiornamenti d’aprile nel catalogo di Netflix merita particolare attenzione una piccola opera polacca scritta e diretta da Pawel Pawlikowski: “Ida”. Per chi fosse nuovo a questo titolo, si tratta di quel film che vinse a mani basse l’Oscar al Miglior film straniero nel 2015 dopo aver guadagnato applausi e consensi in giro per il mondo. Il regista, britannico d’adozione, ha girato per la prima volta in patria con l’intento di raccontare la situazione del suo paese nel secondo dopoguerra. Tematiche trattate molto spesso al cinema e altrove, ma affrontate qui da un punto di vista particolare.
La protagonista del racconto è infatti Anna (Agata Trzebuchowska), un’orfana cresciuta in convento che ha intenzione di prendere i voti. Prima di compiere un passo così grande, però, la Madre Superiora vuole che conosca la sua unica parente rimasta e il mondo al di fuori di quelle mura. La ragazza viene così introdotta alla zia, Wanda (Agata Kulesza), un giudice con un doloroso passato alle spalle grazie alla quale scoprirà molto sulle sue origini. In una Polonia ancora alle prese con gli strascichi delle persecuzioni, le due cominceranno un viaggio insieme non solo scoprire di più sulla loro famiglia, ma anche per capire chi vogliono essere.
“Ida” spicca sin da subito per un forte contrasto: da un lato le scelte registiche, che prediligono uno stile quieto e delicato; dall’altro una narrazione ricca di sorprese che gioca molto sull’emotività degli interpreti. Pawlikowski si dimostra molto scaltro nelle scelte e incredibilmente abile nella rappresentazione contestuale della sua terra: l’atmosfera che si viene a creare sorprende frame dopo frame, con gli ambienti spogli e cupi della Polonia comunista che si mescolano alle meravigliose monocromie di un bianco e nero mai così azzeccato. L’elemento principale dell’opera è sicuramente la fotografia di Lukasz Zal e Ryszard Lenczewski, maniacali nella scelta delle inquadrature: i vari fotogrammi che accompagnano la narrazione si mostrano su schermo come le foto di un vecchio album, fra morbidi tratti chiaroscurali e una resa prospettica invidiabile. Al di là dei pregi dal punto di vista tecnico, la resa d’insieme appare elegante e minuziosa, con un montaggio impeccabile che non perde mai d’occhio le due protagoniste.
Sono proprio loro a dare maggior risalto al film con performance diametralmente opposte, ma imprescindibili l’una dall’altra. “Ida” è un film di legami, del resto: concettualmente semplice, tecnicamente superbo, trova la sua forza nelle relazioni fra i personaggi e nella messa in scena. Se Anna vive di silenzi, di sguardi, di piccoli gesti raramente esagerati, Wanda invece si rivela più matura, complessa ed espressiva. Dal loro legame nasce la forza della pellicola, che poggia le proprie basi sul concetto stesso d’identità: essere qualcuno, avere un posto nel mondo.
In soli 80 minuti è possibile vivere un’avventura alla ricerca di sé stessi, assaporare un contesto storico attentamente curato e lasciarsi trasportare dalla bellezza delle scene. Il regista ha giocato molto sui tempi e sullo stile, confezionando un prodotto per palati fini e inguaribili curiosi che si lascia guardare con trasporto e interesse. Quello di Pawlikowski è un Cinema d’autore ben diverso dalla norma, che trova qui la sua massima espressione: per caratteristiche narrative e cura per i dettagli, “Ida” è sicuramente unico nel suo genere.