American Vandal: la recensione della nuova serie Netflix

Netflix torna con una nuova produzione originale: si tratta di American Vandal, disponibile sulla piattaforma a pagamento dal 15 settembre.  Ecco la nostra recensione:

Lontana da ogni pretesa di finzione, la nuova serie Netflix American Vandal si presenta allo spettatore come un documentario fatto e finito, se non fosse per un piccolo particolare. Tutta la storia, è – di fatto – solamente satira del celebre target del true-crime televisivo.

American Vandal recensione

Una macchina da presa; una storia da raccontare. Spesso basta questo per realizzare un buon documentario. Ed è a questo che mira Peter Maldonado, giovane studente dell’Hanover High School, ad Oceanside, California. Il soggetto? Un recente atto vandalico perpetrato ai danni di 27 automobili del personale scolastico.

Ad essere accusato del misfatto è Dylan Maxwell, senior dell’Hanover, noto per i suoi scherzi poco ortodossi. A puntare il dito su di lui un altro studente, che si dichiara un testimone oculare; ma, al contempo, anche la natura dello scherzo. Sulle automobili colpite, difatti, sono stati disegnati con una bomboletta spray ben 27 immagini falliche, immagini che rappresentano il marchio di fabbrica di Dylan.
Il corpo docente, più che lieto di liberarsi un elemento da loro stessi definito irrecuperabile, decide di allontanare Dylan dall’istituto, espellendolo con effetto immediato. Tutti, a scuola, sembrano essere convinti della sua colpevolezza; tutti, tranne Peter, direttore del telegiornale scolastico, che crede all’innocenza di Dylan e decide di svelare la verità.

American Vandal

Pronti a combattere un sistema ingiusto e basato sui pregiudizi, e credendo all’innocenza dell’accusato, Peter e il suo migliore amico Sam Ecklund decidono di realizzare un documentario. Una sorta di work in progress sull’indagine. L’obiettivo, ovviamente, è quello di scagionare Dylan da tutte le accuse, rivelando la verità e, se possibile, individuare il vero colpevole.

American Vandal: la recensione del mockumentary Netflix tra satira e grottesco

American Vandal

Iniziano così le indagini, e Netflix ci permette di seguire passo passo ogni sequenza utile a individuare il colpevole. Ogni episodio di American Vandal, di circa 30 minuti ognuno, si presenta come un’insieme di scene che, una volta montate, daranno vita a un documentario-rivelazione. Qui, inchieste e interviste si alternano in maniera regolare a supposizioni e ricostruzioni dettagliate di fatti presunti o reali. Un documentario che intreccia testimonianze e voci nel modo più professionale possibile, facendoci quasi dubitare che si tratti solo di una serie televisiva realizzata tramite l’ormai celebre genere del falso documentario.

Questo procedimento non è nuovo: American Vandal difatti segue la scia già segnata da Making a Murder, assumendo tuttavia le fattezze di una satira ben congegnata. Una caricatura di quelle ricostruzioni appartenenti al mondo del true-crime che al giorno d’oggi tanto spopolano in televisione.
La differenza, tuttavia, sta nel fatto che, se nelle ricostruzioni sopracitate ad essere riportati sullo schermo sono crimini efferati e realmente avvenuti, in American Vandal Netflix gioca con facilità su un mistero che sa di finzione; che tuttavia coinvolge lo spettatore, assetato di informazioni. Chi è stato a disegnare ben 27 falli sulle macchine del personale della scuola? E perché? Queste sono domande che non abbandonano mai la mente di chi assiste al mockumentary, ma che anzi vengono incalzate episodio dopo episodio, fino alla conclusione della stessa serie televisiva. Una fine che sa di dolce-amaro.

American Vandal: la recensione di un prodotto contemporaneo

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La serie targata Netflix non si abbandona a un semplice campo di appartenenza. American Vandal, che ricordiamo essere composta da 8 episodi e creata da Tony Yacenda e Dan Perrault, diretta dallo stesso Tony Yacenda, per una sceneggiatura di Dan Lagana, sconfina dal suo settore. Al mockumentary incentrato in maniera settoriale sulla risoluzione di un mistero si aggiungono riflessioni sul mondo contemporaneo, ormai spesso inserite nei prodotti televisivi. I pregiudizi nei confronti di Dylan ne sono un esempio; il soggetto del documentario realizzato da Peter difatti viene incolpato e giudicato in virtù dei suoi precedenti, senza che vi siano prove tangibili. Ogni elemento raccolto, per quanto possa provare l’innocenza di Dylan, viene ignorato in virtù della sua reputazione. Il potere forte, rappresentato dalla classe dirigente della scuola, si scontra così inevitabilmente con l’impotenza degli studenti, spesso costretti ad azioni estreme per far sentire la propria voce.

A ciò, ovviamente, si unisce la sempiterna discussione sul mondo dei social media nell’era del digitale. Il video realizzato per il documentario diventa virale, sottolineando in tal modo l’importanza della diffusione online di informazioni, scavalcando ogni censura; ma allo stesso tempo la privacy degli studenti viene messa a rischio, se non completamente eclissata, in virtù della realizzazione dello stesso documentario. La sete di popolarità che tanti giovani sembrano condividere si infrange solamente nel momento in cui ciò che rende qualcuno famoso non è qualcosa di piacevole. E, qualche volta, neppure in quel momento.

American Vandal recensione

 

American Vandal: un giudizio conclusivo

Con American Vandal Netflix non ha commesso errori. Ricostruzioni fedeli, riprese professionali, interviste ben gestite e dichiarazioni compromettenti si intrecciano senza esclusione di colpi, rendendo questo mockumentary una satira assolutamente geniale. Se non fosse per il soggetto, difatti, nessuno ne metterebbe in dubbio la credibilità. Tanta la scrupolosità con cui ogni elemento è stato portato sullo schermo.

 

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American Vandal: la recensione della nuova serie Netflix

Rating - 7.5

7.5

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