Storia di un fantasma: l’impossibilità di rendersi eterni

ll fantasma di un uomo assiste la compagna nell'elaborazione del lutto, scoprendosi incapace di elaborare il proprio

Uno spettro malinconico, vestito solo di un lenzuolo bianco, assiste la compagna nell’elaborazione del lutto. E, scrutando ogni angolo della sua vecchia casa, si scopre incapace di elaborare il proprio, di lutto. Storia di un fantasma (titolo originale A ghost story) è un film del 2017, con protagonisti gli attori Rooney Mara (Her, Lion – La strada verso casa) e Casey Affleck (Interstellar, Manchester By the Sea). Diretto da David Lowery, il film è stato accolto con entusiasmo da pubblico e critica, tanto da figurare tra le migliori pellicole dello scorso decennio. Storia di un fantasma, disponibile sulla piattaforma Netflix a partire dal 18 maggio, racconta una storia struggente con un minimalismo che non ha eguali.

Accompagna due amanti negli ultimi giorni di vita insieme, e strappa lui dalle braccia di lei in poche, dilanianti sequenze. Senza ricorrere alla melassa, il film si insinua tra le pareti di un dolore che sembra impossibile rimuovere; cattura gli occhi dello spettatore e li cede, per un’ora e mezza, a un fantasma spaventato. Protagonista del film diventa dunque lo spettro, inerme di fronte a una vita che lo ha abbandonato, ma alla quale lui continua ad ancorarsi. Una figura tenerissima, che trattiene il tempo con le poche forze che gli sono rimaste, e anche a costo di farsi molto male. È possibile raccontare il dolore di un personaggio senza volto? Come può un lenzuolo, senza corpo né voce, trasmettere la propria lacerazione, e farlo in modo tanto trasparente? La risposta si trova in Storia di un fantasma, di cui approfondiamo tematiche e trovate registiche eccellenti.

Indice

Con gli occhi di un fantasma

Un uomo e una donna vivono insieme e si amano in silenzio. Lei avverte strani rumori in casa, così chiede a lui di traslocare. Lui esita, incapace di sganciarsi da un luogo che è contenitore del suo passato. Quando i due sono in procinto di cambiare casa, l’uomo muore in un incidente stradale. E in quell’appartamento, immagine del sentimento più del sentimento stesso, l’uomo tornerà in forma di fantasma. E non riuscirà più ad andare via. Storia di un fantasma racconta l’incapacità di elaborare una perdita, di praticare il distacco e lasciare andare ciò che ci ha ormai abbandonato. Quello che fa il film, però, è ribaltare il punto di vista consueto: non si sofferma sul lutto di chi rimane, ma su quello di chi dovrebbe andar via e non riesce a farlo.

Per un’ora e mezza spiamo la realtà attraverso gli occhi di uno spettro, celato dietro un lenzuolo bianco. Un lenzuolo con due fori al posto degli occhi, che rivelano una realtà crudele, sulla quale il fantasma non è più in grado di agire. Il protagonista è impotente di fronte al tempo che passa, e alla compagna che ricostruisce la sua vita. Lo spettatore partecipa alla sofferenza del protagonista con più visceralità che se potesse scorgere le espressioni sul suo volto; mentre lo si guarda, si vorrebbe correre a rammendare i due buchi sul lenzuolo, e tenerlo al riparo da un mondo che non si lascia più sfiorare. Avvolto in un candore che dovrebbe lasciarlo all’oscuro della realtà, il protagonista resta invece avvinto al proprio passato. Quel passato, che ora gli procura smarrimento e sofferenza, è ciò che dà forma al suo impalpabile presente.

Storia di un fantasma

Storia di un fantasma. Sailor Bear

L’arte nel tempo – Storia di un fantasma

Ogni storia è un’opera d’arte. L’essere umano si interroga su di sé e sul proprio ruolo nel mondo sensibile fin dagli albori della civiltà. Stesso discorso vale per l’arte, che da secoli costruisce narrazioni sul senso profondo delle forme che genera: libri che parlano di libri, teatro nel teatro, cinema che riflette sul ruolo dell’arte. Storia di un fantasma affida a un personaggio secondario un dialogo unilaterale sul senso di musica, letteratura e arte; mentre l’attore si rivolge a interlocutori che non prendono quasi mai la parola, la macchina indugia quasi esclusivamente sul suo volto. Per qualche minuto l’attore è collocato su un piedistallo e, concluso il sermone, viene detronizzato dal vero protagonista del film: il tempo. Ma nella sfida tempo vs arte chi ha più chance di trionfare? Che valore assume, sul piano universale, il match tra questi due giganti?

Si è sempre dibattuto sulla funzione eternatrice dell’arte. L’uomo è portato a creare per porre rimedio alla propria finitezza, ma è probabile che nel farlo si illuda. Siamo soliti considerare privo di senso tutto ciò che è destinato a perire; l’opera d’arte è invece un segno tangibile del nostro passaggio, un prodotto capace di fissare ciò che altrimenti è impossibile arrestare: il fluire del tempo. Chiamiamo arte la forma concreta e (più o meno) imperitura di un istante di pienezza; l’incarnazione della nostra parte più viva e densa. Grazie all’arte rimettiamo nei binari una forza debordante, trasformandola in qualcosa di condivisibile. Di comunicabile. Eppure, in quanto prodotto di un essere corruttibile, l’arte è anch’essa corruttibile. Non v’è arte oggettivamente più valida di un’altra, e ogni opera soccombe al cospetto della natura e delle sue leggi. L’arte non rende eterni, solo molto più longevi.

Amore hic et nunc

Chi non c’è più, resta. In Storia di un fantasma, l’opera d’arte del protagonista è l’amore per la sua compagna, e per la casa che li ha custoditi. Quando l’uomo è ancora in vita, usa i propri sensi per esprimere ciò che prova; quando muore, però, la facoltà di comunicare sensorialmente svanisce insieme al suo corpo. Cosa resta di chi va via? In che modo l’amore, inteso come forma d’arte, travalica i confini dell’hic et nunc? Qual è il limite dell’amore evanescente, trasmesso attraverso forze che non sono sensibili? Il dramma del protagonista del film si avviluppa intorno all’impossibilità di farsi ascoltare da chi ama. Quando osserva la sua compagna, il fantasma muove gli oggetti e le invia segnali. Nel riascoltare una canzone simbolo del loro amore, poi, la ragazza protende una mano verso il lenzuolo sul proprio letto.

Un lenzuolo immacolato, come quello che veste il fantasma: attraverso l’ascolto di una melodia, i due protagonisti riescono quasi a sfiorarsi. Ma anche l’amore è soggetto a forze sconosciute, che attraverso il film scorgiamo nella loro maestosità. Il tempo e la natura travolgono anche l’arte più piena, pura e resistente, e per i due protagonisti arriva il momento del distacco. La ragazza ricomincia a dare forma a una vita che, per lei, continua; ma il suo fantasma non è pronto a rinunciare a lei. Dietro lenti sfocate, lo spettro intuisce che la potenza del proprio sentimento si sta affievolendo; e i ricordi si fanno via via più sbiaditi. Ancora una volta prova a inviare i segnali, ancora una volta soccombe di fronte a ciò che lo sovrasta. L’uomo è dotato del talento dell’amore: metterlo a frutto non significa trattenerlo oltremodo, ma lasciarlo andare quando l’attimo è ormai trascorso.

Storia di un fantasma

Storia di un fantasma. Sailor bear

L’impossibilità di toccarsi – Storia di un fantasma

Il rapporto d’amore tra i protagonisti si costruisce su molti gesti e poche parole. Il regista, all’inizio del film, si sofferma sui lunghi silenzi della coppia; anche senza parlarsi, i due restano sempre connessi. La loro comunicazione è fatta di carezze tenere e intense, di sguardi scambiati nella penombra eppure luminosissimi. Un amore in cui ci si riscalda con il contatto fisico o visivo, ma sempre nel silenzio. Quando entra in gioco il dialogo, invece, tra i due si apre una crepa: l’uomo e la donna sembrano troppo diversi per viaggiare all’unisono, e soltanto la musica sembra ricongiungerli. Il regista ci racconta una storia anticonvenzionale, che si erge su un’intesa impalpabile eppure indistruttibile. Almeno finché lui non muore, e la donna rimane sola.

È così che viene meno la connessione tra l’uomo e la donna. I due non possono più parlarsi, ma questo importa fino a un certo punto. La lacerazione profonda, per la coppia, è determinata dall’impossibilità di sfiorarsi. Lui vede lei, lei non vede lui; sembra sentirlo però, ma questo non è sufficiente. La casa da cui stavano per fuggire riesce a trattenerli ancora per un po’; eppure, nel buio di quel luogo un po’ tetro, i corpi dei due non possono più darsi calore. Lui prova a spostare gli oggetti, lei mostra di riconoscerlo. Lei divora una torta e poi va in bagno a vomitare, e lui intanto la segue con lo sguardo. Sebbene in dimensioni parallele, i due continuano a respirare la stessa aria, avvertire gli stessi odori, osservare la casa dalla medesima prospettiva. Ma ciò che conta, è che i due non possono più toccarsi.

Attaccamento al luogo – Storia di un fantasma

Perché ci si lega ai luoghi, al punto da non riuscire ad abbandonarli quando è il momento di farlo? Restiamo avvinti a uno spazio, spesso, quando questo si rende teatro di un episodio significativo, dopo il quale ci scopriamo trasformati. Le quattro pareti di una casa accolgono sentimenti che nascono, maturano e talvolta si usurano; cingono nuclei familiari neonati, accompagnandoli nella crescita fino alla disgregazione. La soglia di casa diventa cesura tra il dentro, che si prende una larga fetta della nostra anima, e il fuori, che sembra quasi non esistere più. Lo spazio, all’interno del quale noi e i nostri cari ci trasformiamo, resta pressoché invariato; può cambiare la disposizione dell’arredamento, è vero, ma poco importa. Ciò che conta è che, mentre il tempo si accanisce su di noi impedendoci di riconoscerci, lo spazio in cui viviamo continua a somigliare alla nostra casa.

Forse per questa ragione lo spazio è tanto importante per il protagonista di Storia di un fantasma; mentre la sua memoria è sempre più labile, lo spettro sembra riconoscere l’odore della propria casa. Anche quando le mura vengono buttate giù, ferendo ancora una volta ciò che rimane di quell’uomo. Nei suoi luoghi d’amore, il fantasma resta in attesa di qualcosa che non sa identificare; quello che sa è che deve restare in quell’appartamento, proteggerlo, impedire che sia mutilato. Nessuno ha il diritto di sedersi al suo pianoforte, festeggiare il Natale o mangiare nella sua vecchia cucina. Nessuno ha il diritto di essere felice, in quella che sarà sempre la sua casa. Lo spazio diventa una bussola per orientarsi in un presente che muta a ritmi nevrotici; ma, di contro, può diventare una gabbia in cui ogni cosa si ingarbuglia, ancorandoci a un passato che non sarà mai futuro.

Storia di un fantasma

Storia di un fantasma. Sailor bear

La dittatura del tempo

È il tempo il primo attore di Storia di un fantasma, nonché il suo personaggio più inquietante. Davanti agli occhi dello spettro, il tempo fluisce con una rapidità inafferrabile e paralizzante. Ad ogni frame ci si ritrova davanti a un mondo sconosciuto, che muta i suoi connotati quando ancora non ci si è abituati a quelli vecchi. Tale rincorsa durante il film non è costante, e lascia spazio a sequenze in cui un attimo diventa gigantesco. Il regista manipola il tempo e lo erge su un trono ingombrante, che schiaccia letteralmente ogni frammento di realtà. Anche quello più potente e carico di vitalità. Mentre i due fantasmi (quello del protagonista e quello spettro della casa di fronte) si confortano con gesti piccoli e disperati, la loro attesa si dilata fino a sgranarsi; intanto il tempo rimuove ciò che si è lasciato alle spalle.

Un’atmosfera straniante, rarefatta, in cui l’identità si perde e ci si percepisce infinitamente piccoli. Piccoli e smarriti, ma non abbastanza da ignorare la maestosità di un tempo che non risparmia nessuno; che sfianca, induce alla resa e poi impedisce di arrendersi. Almeno finché non è giunto il momento di farlo. In Storia di un fantasma, il tempo nasce lineare per rivelarsi ciclico, sbattendo in faccia un passato troppo lontano per fare ritorno. E invece quel passato si ripresenta, in forma di presente un po’anomalo; e il fantasma diventa spettatore di sé stesso. Così, osservandosi tra le mura di un luogo che non ha mai abbandonato, lo spettro comincia a prendere le distanze da sé. A studiarsi con occhi nuovi, a rintracciare parti della propria anima che non ha conosciuto. Scovando aspetti, fino a poco prima ignoti, che lo hanno quasi costretto a ripetersi all’infinito.

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