Gannibal: recensione della serie horror giapponese di Disney Plus

Gannibal è una serie horror atipica che destruttura l'approccio classico al folklore nipponico

Come era prevedibile, dopo il successo di Squid Game, Alice in Borderland e della ribalta del cinema asiatico nel mercato occidentale, negli ultimi mesi le piattaforme di streaming stanno aprendo il proprio catalogo anche a serie tv coreane e giapponesi. Dopo la decisione di Netflix di introdurre svariati titoli nuovi ogni mese, Disney Plus sembra aver preso la stessa direzione rilasciando prodotti originali e non. 

Tra le ultime uscite spicca Gannibal, serie horror tratta dall’omonimo manga di Masaaki Ninomiya, scritta da Takamasa Oe e prodotta da Teruhisa Yamamoto (entrambi hanno lavorato a Drive my car) passata in sordina e con un’operazione di marketing ridotta all’osso che nasconde una perla rara per gli appassionati dell’horror nipponico.

Indice

Trama – Gannibal, la recensione

Dopo la misteriosa sparizione dell’agente locale, il poliziotto Daigo Agawa e la sua famiglia si trasferiscono in un misterioso villaggio di Kuge, una cittadina sperduta tra le montagne.
Giunti nella nuova casa, l’atmosfera che li accoglie è poco amichevole. La famiglia Goto, la più influente della cittadina, prima minaccia il giovane poliziotto per poi cercare di portarlo dalla loro parte, agendo al limite della corruzione e delle minacce fisiche.

Gannibal

Gannibal.

Tutto diventa ancora più strano quando il cadavere dilaniato di una donna viene ritrovato tra i boschi. Il primo pensiero, suggerito anche dal capofamiglia dei Goto, va a un incontro sfortunato con un orso, ma il segno di denti umani sul braccio della donna indica un’altra pista. Diventa sempre più chiaro che i Goto pratichino cannibalismo, ma oltre a loro si aggira tra la vegetazione una creatura misteriosa quanto terrificante.

Approccio iniziale – Gannibal, la recensione

La struttura di Gannibal è la parte più interessante dell’intera serie. Gli elementi di partenza richiamano un horror asiatico dai tratti classici: un villaggio nel bel mezzo del Giappone rurale, una famiglia influente che nasconde un segreto e una creatura misteriosa quanto minacciosa che sembra proteggerli chiamato l’Altro Uomo.

Gannibal

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Le prime puntate fungono, come nelle migliori delle tradizioni, da introduzione per far comprendere le dinamiche della famiglia, quanto sono in realtà influenti sia nella comunità che la gerarchia precisa che vige tra i membri stessi.
La serie inizia con una sequenza di violenza e gore che imposta tutta l’atmosfera dell’inquietante pilot e che accompagna la serie fino al finale. Gannibal si allontana dagli stratagemmi horror tra i più sfruttati come jumpscare o musichette inquietanti, ma utilizza escamotage creati ad hoc per alimentare una paura più profonda che si sposta su un piano psicologico e introspettivo legato al sentirsi in pericolo nella propria dimora.

L’ageismo nel Giappone rurale – Gannibal, la recensione

La serie cambia rapidamente tono quando viene approfondito il passato oscuro del protagonista, l’agente Agawa, che diventa rapidamente un antieroe della vicenda, facendo apparire la sua famiglia come delle sue vittime inconsapevoli. Quasi come se fosse spezzata in due, la serie corre su binari diversi quando vengono introdotte le altre famiglie di Kuge, diventando parte integrante del racconto. Gannibal così diventa un horror che non solamente affonda le sue radici nel folklore nipponico, ma lo fa portando avanti un’aspra denuncia all’ageismo.

Gannibal.

Gannibal.

Il più anziano decide cosa sia meglio per l’intera comunità tenendo a mente solamente gli insegnamenti e le tradizioni che si tramando da generazione in generazione de secoli, tenendo le redini del villaggio. La vita degli abitanti di Kuge dipendono dagli anziani del villaggio. Se il patriarca della cittadina dice di isolare un’intera famiglia solamente per una frase storta, gli abitanti eseguono senza esitazioni.

Il finale – Gannibal, la recensione

L’atmosfera all’interno del paese diventa dall’essere la perfetta rappresentazione di un paesino tranquillo dove i mesi estivi vengono trascorsi nell’insegna di un ritmo lento quanto rilassante – quasi come se stessimo vedendo un film Ghibli – a un senso di claustrofobia e pericolo crescente in cui i vicini di casa, gli stessi che adorano la famiglia Agawa e li hanno tratti con calore e affetto fin dal loro arrivo, diventano insospettabili spie che decidono il loro futuro e la pace della loro vita domestica.

Gannibal.

Gannibal.

Quando tutte le carte vengono scoperte, la narrazione torna a focalizzarsi sul mistero principale. Supportato da tutti questi nuovi elementi, la serie acquista un ritmo incalzante e ancora più inquietante, strizzando l’occhio all’horror asiatico per antonomasia che analizza il folklore e le leggende nipponiche. Sebbene il tema del cannibalismo rituale si prende una breve pausa nelle puntate centrali, Gannibal rimane una serie affascinante che porta sul piccolo schermo molteplici tematiche che ben si intrecciano tra loro sebbene facciano parte di universi così distanti tra di loro.

Considerazioni conclusive – Gannibal, la recensione

La buona riuscita di Gannibal si deve all’unione di molteplici aspetti che lavora in sinergia per creare quella che è una delle serie horror più interessanti del periodo. A partire da un approccio frontale al folklore giapponese e alle sue leggende, con cui la serie si rapporta sia nel senso narrativo più immediato sia in un’analisi più severa e dettagliata che racchiude al suo interno la tematica dell’ageismo e come alcune persone di una o due generazione fa vedono i giovani e la vita che essi devono condurre. Ad essere degno di nota è il costante senso di ansia che prevale e che contamina diversi aspetti della vita degli Agawa.

Dal lavoro di Daigo alla vita domestica di Yuki e sua figlia che sono braccate in casa dagli abitanti del villaggio, ma sono costrette anche a seguire le direttive di Daigo che decide per loro, se restare ad abitare lì o andar via, mettendole più volte in pericolo a causa del suo carattere e della sua attitudine. In questo il giovane attore protagonista Yuya Yagira (noto per aver vinto a soli quattordici anni il Prix d’interprétation masculine al Festival di Cannes 2004 per il suo debutto cinematografico in Nessuno lo sa di Hirokazu Kore-eda) è un’eccellenza e riesce a trasmettere tutte le sfaccettature del suo personaggio.

 

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Gannibal

Voto - 8

8

Lati positivi

  • La struttura particolare
  • L'interpretazione dell'attore protagonista
  • le tematiche e come vengono portate avanti

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