7 Psicopatici – Recensione del film di Martin McDonagh

Ecco la nostra recensione di "7 Psicopatici", la folle black comedy di Martin McDonagh con un cast d'eccellenza!

Quattro anni dopo il suo primo sorprendente lungometraggio, “In Bruges“, Martin McDonagh confermò al mondo la sua capacità di regista e sceneggiatore con “7 Psicopatici” (Seven Psychopaths). Un film in cui l’idea di metacinema e di film nel film trovano una svolta quasi non-sense nello sviluppo narrativo che procede sui toni della black comedy. Con un cast in cui spiccano i nomi di Colin Farell e Sam Rockwell tra tutti, il secondo film del regista è sicuramente una delle opere migliori del 2012, dimostrando maturità nella regia e nella scrittura. In questo articolo proviamo a tirare le somme su questo piccolo gioiello che è difficile classificare in un genere specifico. Ecco la nostra recensione di “7 Psicopatici“.

7 Psicopatici – Recensione del film di Martin McDonagh

“La psicopatia è un disturbo mentale caratterizzato principalmente da un deficit di empatia e di rimorso, emozioni nascoste, egocentrismo ed inganno.
Gli psicopatici sono fortemente propensi ad assumere comportamenti devianti e a compiere atti aggressivi nei confronti degli altri, nonché a essere orientati alla criminalità più violenta.
Spesso sembrano persone normali: simulano emozioni che in realtà non provano, o mentono sulla propria identità.” – dalla pagina di Wikipedia sulla “Psicopatia

Avete rubato lo Shih Tzu sbagliato

Marty è uno sceneggiatore cinematografico in crisi: non riesce a trovare l’ispirazione e viene costantemente richiamato dalla moglie per la sua negligenza. Non trova uno sviluppo per una storia che ha in mente. La storia ha, guarda caso, come titolo “7 Psicopatici“: però non sa neanche lui che tipo di soggetti descrivere e questo lo tormenta. La sua maggiore distrazione è sicuramente il migliore amico, Billy, attore in declino che passa il tempo a rubare cani per guadagnare sulla ricompensa, facendo finta di ritrovarli. Suo complice e socio è l’enigmatico Hans.

Mentre Marty non riesce a scrivere le storie dei famosi sette psicopatici per il suo film, il gangster Charlie Costello si imbatte nelle loro vite. Come mai? Gli è stato rubato l’adorato cagnolino. Il criminale farà di tutto per avere indietro il suo cucciolo, anche arrivando ad uccidere. Difficile però fidarsi gli uni degli altri. Che tutte queste disavventure possano alla fine portare all’ispirazione per Marty?

7 psicopatici recensione


Dal titolo alla realtà

Chi sono gli psicopatici che Marty vuole raccontare nel suo film? Ma soprattutto, cos’è uno psicopatico? Spesso lo stesso non sa di esserlo e ciò finisce per creare incredibili disagi, come nella definizione riportata ad inizio recensione. Il tutto si complica quando a cercare di scrivere una sceneggiatura su di essi, è proprio un uomo che è forse attorniato da tali figure. Ed è proprio questo il punto forte del film di McDonagh, giocare proprio fra la dimensione reale e quella della sceneggiatura: quello che si vuol chiamare metacinema. Il film nel film è una trovata già proposta più volte. Qui però si parla dello stesso film, nel film.

Marty (Colin Farell), forse per distrazione o per i suoi problemi con l’alcol, non riesce a rendersi conto che in realtà l’ispirazione non arriva perché lui la insegue. Anzi, egli quasi la evita. Ma piuttosto è l’idea stessa che attacca ripetutamente lo scrittore, lo costringe a viverla in prima persona. Tra intrecci di storie precisi (ma spesso anche un po’ forzati in modo irriverente, mai fastidioso) si fatica a delineare una realtà precisa, non si distingue bene vita reale e sceneggiatura. Un assurdo scontro tra dimensioni, con le armi più disparate. I “7 Psicopatici” accentuano questa confusione perché appartengono alcuni alla realtà che circonda Marty, altri alla mera finzione per la sceneggiatura. Altri ancora sono paradossalmente in un limbo, appartenendo ad entrambe.

Uno script che funziona benissimo proprio per via di questo mix di generi e di dimensioni: comico e tragico prima i fondono, poi si respingono e successivamente l’uno richiama l’altro. Il regista irlandese cambia costantemente direzione ma senza mai arrivare alla contraddizione e senza storpiare personaggi e storia. Egli nel circolo di surrealismo e assurdità, mette in mezzo tutti, estremizzando contesto e personaggi per arrivare al ridicolo. Esagera volutamente nella costruzione dei personaggi e dei contesti senza cadere nell’evidenza del’artificio. Tutto è coerente e assurdamente proporzionato.

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Il grottesco: un evergreen

Come hanno insegnato nel corso degli anni i fratelli Coen, il grottesco, nei panni della commedia nera, aiuta molto alla riuscita di un film del genere. I 7 Psicopatici guarda moto a quel tipo di narrazione alla “Fargo“, trattando temi da dramma, non solo la psicopatia, con un raffinato sarcasmo che smorza tutti i toni. Fin dalla prima, indimenticabile sequenza capiamo cosa ci verrà proposto: tra dialoghi e citazioni quasi prive di senso, alla violenza gratuita e improvvisa. Tutto condito dal tempismo perfetto di ogni taglio di montaggio, ingresso in scena di personaggi o elementi musicali, per rendere più improvvisi e inaspettati gli avvenimenti.

Il graffiante noir in salsa grottesca è caratterizzato soprattutto dalle interpretazioni sensazionali che fanno da padrone. Colin Farrell (alla seconda collaborazione con il regista irlandese) e Christopher Walken che in queste vesti sembrano sguazzarci da sempre. Oltre un sensazionale Sam Rockwell che invece forse è proprio nato per ruolo di Billy. Senza dimenticare l’ottima prova di Woody Harrelson (il cui ruolo inizialmente doveva essere di Mickey Rourke). Merito anche in questo della capacità di gestire gli attori del premio Oscar McDonagh.

Una black comedy che prende di mira ogni cosa, non risparmiando nessuno. Dagli psicopatici, agli animali, passando per le bandiere e i film francesi, troppo “morbidi”. E 7 Psicopatici è un gioiello perché sa anche essere freddo e cinico, facendo congelare lo spettatore per pochi istanti. Ma tornando subito dopo col suo stile che non è così errato definire “pulp“. Martin McDonagh mantiene l’attenzione dello spettatore attenta senza mai farlo annoiare. Merito un’eccezionale dinamismo che porta a mettere in discussione ogni cosa, non prendendosi mai sul serio. E lo fa attraverso dei personaggi che non saranno cult e non forse non lo diventeranno, ma che hanno un carisma unico e perfetto per sfondare lo schermo.

7 psicopatici recensione

7 Psicopatici, di Martin McDonagh

Voto - 8.5

8.5

Lati positivi

  • La regia: McDonagh conferma di lavorare benissimo con questo tipo di prodotto
  • Il soggetto e la sceneggiatura: una scrittura incredibile che eleva questa black comedy al livello delle commedie dei fratelli Coen
  • La recitazione: un cast sensazionale caratterizza al meglio i personaggi, conferendo loro il giusto carisma

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