Il metodo Kominsky: recensione della serie Netflix con Michael Douglas

Uno sguardo alla nuova serie Netflix che affronta con spirito il tema dell'anzianità

Quando il tuo nome è Chuck Lorre la carriera professionale non è sempre facile. Ripetere, in un altro prodotto, il successo della tua precedente serie è quasi impossibile, specie se questa si chiama The Big Bang Theory. Ma se il coraggio non manca e hai a disposizione un cast eccezionale allora i risultati possono arrivare. Questo è il caso della nuova serie tv Netflix, Il metodo Kominsky. La serie apprezzata fin dal primo istante dal pubblico si è guadagnata anche delle nominations ai Golden Globes per i premi televisivi. Merito non solo di uno stile ironico, cinico e pungente, ma soprattutto di attori formidabili nonostante l’età. I protagonisti,158 anni in due, sono i formidabili Michael Douglas e Alan Arkin. Scopriamo qualcosa in più su questa piacevole serie Netflix che racconta l’anzianità con freschezza. Ecco la recensione de Il metodo Kominsky.

Il metodo Kominsky recensione

Le vicende narrate sono quelle dell’eccentrico protagonista Sandy Kominsky. Egli è un attore affermato, reduce da tre matrimoni fallimentari. Due cose però non vanno a suo vantaggio: nella sua lunga carriera non ha mai sfondato ad Hollywood e soprattutto adesso, non è più giovane come una volta. Non è più giovane e basta, è proprio anziano. Ma Sandy non è il classico uomo attorno ai settanta cucina e letto: egli è un uomo frenetico, beve, si concede dei vizi e porta avanti un’attività che allevia le pene per il mancato successo professionale. Infatti gestisce, insieme alla figlia, una scuola di recitazione in cui insegna a dei giovani aspiranti attori. La sua vita sembra procedere senza alcun pensiero troppo negativo e la sua anzianità sembra non essere un peso.

La sua vita però è complicata da una serie di elementi che rendono le sue giornate particolarmente frizzanti. In primis il rapporto con il suo migliore amico Norman, un anziano signore che dopo molte delusioni e perdite trova in Sandy un sostegno. Le donne che ruotano attorno a quest’ultimo possono generare caos: tra esse la figlia che sembra quasi comportarsi da madre e la nuova fiamma, Lisa, una donna adulta che frequenta le lezioni di recitazione. La situazione complessiva degenererà nel momento in cui il peso della vecchiaia comincerà a farsi sentire e gli acciacchi fisici cominceranno ad essere più frequenti. Specialmente quando una perdita importante per tutti porterà alla riflessione, determinando tutte le dinamiche e le reazioni che sorreggono il contesto narrativo.

il metodo kominsky recensione

Il cinismo dell’anzianità – Il metodo Kominsky recensione

Cos’è Il metodo Kominsky? Oltre al nome della serie stessa, questo potrebbe alludere a tante cose all’interno della storia creata da Chuck Lorre. Egli ha già dimostrato di saper intrattenere il pubblico (anche se The Big Bang Theory ha cominciato a dare segni di cedimento) e conferma ancora di avere trovare interessanti. La serie Netflix non è stata accolta con grandi aspettative ma si è rivelata tra le novità comedy più interessanti di questa stagione televisiva. La vittoria sta nella nomination ai Golden Globes come miglior serie commedia o musicale. Questo è frutto di una narrazione che punta dritta all’obbiettivo, senza giri e non si contorce su se stessa, pur restando dinamica e sempre piena di snodi avvincenti. Il pregio principale sta essenzialmente nel raccontare con freschezza e ironia un tema che potrebbe diventare più delicato del previsto se trattato male: l’anzianità e il dover affrontare di stare invecchiando.

Proprio il rapporto con sé stessi e con il proprio corpo, oltre che la propria mente, viene qui trattato senza troppa pesantezza. La vecchiaia è arrivata, serve solo la consapevolezza per affrontarla meglio. Il cinismo pungente aiuta le dinamiche della serie che, attraverso esilaranti gag e dei personaggi caratterizzati alla perfezione, riesce a scorrere senza intoppi. La 8 puntate della durata media di 25-30 minuti portano quasi al binge-watching, generato dall’affezionarsi alle dinamiche che ruotano attorno alla vita di Sandy e Norman. Una serie anomala per contenuto e messa in scena ma allo stesso tempo estremamente vera, sincera e spontanea. La tragedia emotiva porta i personaggi ad avvicinarsi e comunicare in uno stretto dialogo che si dirama verso temi diversi tra cui i figli, il lavoro e le relazioni sentimentali.

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Vecchi a chi? – Il metodo Kominsky recensione

Il rapporto dialettico tra i personaggi è intensificato tra Sandy e Norman, così diversi ma allo stesso tempo così vicini. La caratterizzazione dei due, come detto sopra, è quasi perfetta. Ricchi di sfaccettature sono due personaggi che hanno molto da dire, oltre le apparenze e il lato esteriore. La fortuna de Il metodo Kominsky è avere due attori di alto livello ad interpretarli, due vincitori di premi Oscar e leggende del cinema: Michael Douglas e Alan Arkin. I loro personaggi rubano letteralmente la scena ad un cast che potenzialmente aveva in mano una serie “corale”. I due attori riescono a farci voler bene i loro personaggi e l’impresa che portano a termine è essere capaci di sovvertire l’idea che in passato ci eravamo fatti delle loro personalità. Lo script della serie gioca molto sui loro caratteri multiformi e ci fa scoprire attori quasi nuovi.

In primis Michael Douglas, da sempre contestualizzato nel personaggio duro, che riesce a togliersi di dosso il peso dei personaggi interpretati in passato e a vestire quelli del protagonista Sandy Kominsky: l’attore diverte e soprattutto sembra divertirsi, sembra a suo agio nel ruolo e conferma quanto la serie tratti vivacemente le problematiche dell’età. La sua sorprendente interpretazione gli è valsa una candidatura al miglior attore in una serie commedia ai Golden Globes, decisamente meritata. Menzione imprescindibile è quella al suo compagno di squadra Alan Arkin. Quest’ultimo ci regala una prova eccezionale, intensa e ricca di sentimento. Riesce a trasmettere quella malinconia che solo gli attori con molta esperienza riescono ad infondere ai personaggi. Ma ciò non toglie ironia e sano humor al personaggio di Norman, che diventa sempre più fondamentale per gli snodi narrativi della serie.

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Il discorso sulla vita – Il metodo Kominsky recensione

La scommessa lanciata da Il metodo Kominsky è pienamente vinta. Un progetto riuscito sotto moltissimi punti di vista che mette in scena 8 puntate semplici ma genuine, condite da momenti riflessivi che sfociano quasi sempre nell’ilarità. Riesce a rendere godibile e interessante l’argomento, delicato e considerato noioso, dell’anzianità e mostra un ritratto genuino di una fase della vita. Chuck Lorre qui mostra la sua capacità nel comunicare allo spettatore una situazione poco comune e anomala per il piccolo schermo: prima parlava di fisici e scienza e ora di uomini in crisi d’anzianità, non lavori semplicissimi.

Il metodo Kominsky lascia spesso un amaro in bocca che ha quel sapore della vita stessa, con qualche difetto ma che consigliamo caldamente di vedere. Un prodotto malinconico sì, ma comunque ricco di simpatia e humor che riesce a mostrarci un fedele quadro di una condizione senza mai prendersi troppo sul serio. Aiutato da due leggende del cinema e della televisione, è un prodotto da non lasciarsi sfuggire. Una seconda stagione sembra poter essere nei pensieri della produzione: non era stato pensato un rinnovo in fase di scrittura, ma pubblico e critica hanno apprezzato così tanto che forse ci sarà occasione di vedere nuovi episodi.

Il metodo Kominsky

Voto - 7.5

7.5

Lati positivi

  • Micheal Douglas e Alan Arkin: due pilastri del cinema e della televisione che continuano a regalarci performance strabilianti, completamente immersi nei loro ruoli
  • Non prendersi mai sul serio: il tema dell’anzianità trattato con un humor genuino che disegna un esilarante ritratto della vita

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