Intervista ad Enrico Inserra: nel cast di Solo per passione – Letizia Battaglia fotografa con Isabella Ragonese

Enrico Inserra è nel cast di Solo per passione – Letizia Battaglia fotografa, il film diretto da Roberto Andò con protagonista Isabella Ragonese. Il progetto è una produzione BiBi Film Tv e Rai Fiction che Rai1 trasmetterà il 22 e 23 maggio in prima serata.

Il regista Andò racconta la coraggiosa e rivoluzionaria Letizia Battaglia, una delle più grandi fotografe del nostro tempo, morta lo scorso 13 aprile. Enrico Inserra costruisce così il ruolo di Santi Caleca, uno dei grandi amori di Letizia Battaglia. Con tenacia e grande attenzione, il giovane attore plasma un percorso artistico sempre più reale. 

FilmPost incontra Enrico Inserra 

Enrico Inserra

Ph. di paolo santambrogio

Sei nel cast di Solo per passione – Letizia Battaglia. Come descriveresti il tuo personaggio?

Santi Caleca è stato uno dei grandi amori di Letizia Battaglia. Quando si sono conosciuti, lui aveva vent’anni ed ha rappresentato per questa donna una vera boccata d’aria. Letizia si è sposata molto giovane e ha avuto subito delle figlie. Ha vissuto un percorso giovanile molto claustrofobico, in un certo senso, in quanto è stata privata di tutte quelle libertà di realizzazione che i giovani, in quegli anni, potevano ricercare. Quando incontra Santi, Letizia vive tutte quelle cose che aveva perso. La loro storia d’amore è molto bella perchè è molto giovanile. Letizia vive una sorta di primo amore con Santi. Parallelamente all’amore, scopre anche l’amore per la fotografia. Infatti, Santi è tutt’ora un fotografo e ha avvicinato Letizia al mondo della fotografia. Per la prima volta, Santi porta Letizia in una camera oscura e le mostra i vari procedimenti per realizzare uno scatto. Da quell’incontro in poi, Letizia inizia a scoprire se stessa e ciò che vuole fare nella vita.

Come ti sei avvicinato a questo uomo, che realmente esiste? Hai avuto modo di poter parlare con Santi Caleca, prima delle riprese?

Prima di iniziare le riprese, ho avuto modo di poter parlare al telefono con Santi Caleca. Successivamente, quando abbiamo girato alcune scene a Milano, ci siamo incontrati. Mi ha raccontato tutta la sua storia. Il regista Roberto Andò, quando ha scritto la sceneggiatura del progetto, ha consultato sia Letizia che Santi. Mi sono avvicinato a questo personaggio in modo tecnico, mi sono basato sui ricordi della giovinezza che Santi mi ha raccontato.


Che confronto c’è stato tra te e Roberto Andò per costruire il tuo ruolo?

La prima cosa che ho chiesto a Roberto Andò, prima di iniziare a girare, è stata: Cosa rappresenta Santi all’interno della storia di Letizia Battaglia? Che funzione ha? Sai, quando costruisci un personaggio, molto dipende soprattutto da te. Come attore, sin dal provino per un ruolo, ti prendi la responsabilità di raccontare un determinato ruolo. Mi interessava molto capire l’ampia visione del regista su questa storia e volevo capire che funzione dovesse avere il mio personaggio. Il regista aveva un’idea molto chiara di Santi e sapeva che questo era un personaggio che andava rappresentato fedelmente per come è nella realtà. In una pagina della sceneggiatura, c’era un momento che descriveva benissimo Santi e quella è stata la mia chiave per costruire il personaggio.

A volte, ti capita di leggere una sola parola all’interno di una sceneggiatura e improvvisamente il personaggio ti è chiaro. In una scena scritta, era presente la parola ‘caustico’ che descriveva il modo in cui Santi parlava in quel momento. E per me, quel ‘caustico’ mi ha permesso di capire bene chi fosse come persona. Ho compreso questo giovane uomo che riporta una donna alla vita e alle sue passioni. Letizia e Santi stanno insieme dieci anni e in quegli anni, Santi cambia e cresce. Raccontare tutto quel tempo, richiedeva, per me, una conoscenza profonda di quel personaggio e quell’aggettivo ‘caustico’ era necessario per completare la mia costruzione. Santi è stato un uomo molto schietto e cinico.

 

Come è stato collaborare con Isabella Ragonese?

Sin dal primo giorno, abbiamo costruito una rapporto meraviglioso insieme. Abbiamo avuto una sintonia pazzesca. Isabella Ragonese è una grande attrice, è fantastica e riesce a donarti davvero tutto quando lavori con lei. Non ti fa pesare il lavoro, hai sempre la sensazione di aver formato una squadra insieme a lei. Mi ha fatto capire che stavamo tutti quanti insieme lavorando per un unico obiettivo. Isabella è un’artista umanamente meravigliosa. Porto con me un ricordo bellissimo del nostro rapporto lavorativo. Ha inteso in modo incredibile un personaggio così vivo e pragmatico come quello di Letizia Battaglia. Nella sua interpretazione, è stata molto concreta e credo che questa sia la cosa più forte che potesse fare.


Quanto credi che sia importante, all’interno della cinematografia, poter raccontare figure così rivoluzionarie come Letizia Battaglia?

Credo che sia fondamentale. Lo scopo del Cinema è quello di raccontare delle storie e ci sono dei personaggi che meritano di essere raccontati perchè hanno modificato, in qualche modo, l’andamento delle cose. Raccontare la loro storia significa continuare a modificare l’andamento delle cose. Nel momento in cui racconti la storia di quella determinata persona, stai cambiando la vita delle persone che guardano quella storia. Anni fa, ho visto il film su Fabrizio De Andrè con protagonista Luca Marinelli. Ero sotto shock per quel film. Sono sempre stato un grande fan di De Andrè e vedendo quel progetto, mi sono reso conto di quanto quella figura avesse influenzato non solo me ma anche tutto un intero paese. Film del genere sono davvero importanti. Personaggi come Fabrizio De Andrè e Letizia Battaglia sono un patrimonio della nostra cultura e sono molto contento di aver fatto parte di un progetto del genere. In futuro, mi piacerebbe interpretare Gigi Riva. Sin da piccolo, sono cresciuto in casa con il suo mito.

Credo che uno dei progetti in cui ho avuto modo di guardarti sia stato 1994 – La serie. Da quell’esperienza in poi, quanto ti senti cambiato?

Questo percorso è veramente bello. Quando ho fatto 1994, avevo ventuno anni e stavo frequentando l’Accademia. Ero in una fase della mia vita molto formativa. Quello è stato uno dei primi set grandi che mi ha fatto rendere conto di cosa significa poter lavorare con dei professionisti ad alti ritmi. Mi sento sempre lo stesso, dal punto di vista umano. Però, allo stesso tempo, mi sento cambiato a livello lavorativo. Da quell’esperienza ad oggi, sono cambiate tante cose.


Quali senti che siano le difficoltà che un giovane attore affronta nel suo mestiere?

Sai, noi esseri umani ci definiamo in base a quello che facciamo come lavoro. Il lavoro dell’attore è fatto di tante attese, di tanti tempi che sembrano morti. Ci sono dei momenti in cui sei fermo per molti mesi e pensi: ‘Oh Dio, allora non posso sentirmi un attore’. Questo pensiero è una delle difficoltà più grandi di un attore. Bisogna soltanto fare pace con il fatto che questo mestiere è fatto così, è composto da periodi molto intensi e frenetici e poi ci sono alcuni periodi di metabolizzazione di questi momenti di pausa. Questa è un po’ la mia difficoltà: c’è sempre quella costante incertezza e quel costante dubbio del ‘cosa farò dopo?’. Ci sto lavorando su. Ci sono tante incognite in questo lavoro ma credo che queste sono le domande che molti giovani si pongono quando si affacciano al mondo del lavoro e della vita. Le nostre insicurezze, però, ci portano a migliorare.


Che spettatore sei?

Mi definisco uno spettatore ”ignorante”. Ho sempre visto tantissimi film perchè amo guardarli. Passo dal guardare i film di Tarantino e Coppola a quelli di Zalone e Aldo, Giovanni e Giacomo. Ho mille variabili. Non giudico quello che sto guardando, guardo ciò che amo e che voglio guardare in quel determinato momento. Quando sono un po’ giù oppure ho voglia di stare un po’ per conto mio, guardo film come Spiderman. Quello che conta, per me, è il film che guardi in un determinato momento della tua giornata. Penso che il Cinema sia una delle poche cose democratiche del mondo, nel senso sociologico del termine. Sin da bambino, ho sempre visto nel Cinema un forte scopo terapeutico.

Per esempio, Elizabeth Olsen, in queste settimane, ha parlato dell’importanza di non giudicare un film solo perchè rappresenta un determinato genere e ha affermato che i film della Marvel non rappresentano un’arte inferiore. Cosa ne pensi al riguardo?

Penso che i film d’autore siano tali non per come vengono giudicati dai critici ma da come vengono accolti dal pubblico. Per molti, parlare di film d’autore significa parlare di film impegnati. Per me, ”film d’autore” dovrebbe significare un progetto scritto, diretto ed interpretato da persone che sentono quelle determinate storie molto vicine alla loro persona e alla loro storia. Il giudizio deve essere dato dalle persone. Adoro i film della Marvel, spesso piango guardandoli. I film della Marvel sono delle pellicole realizzate benissimo, soprattutto dal punto di vista tecnico e attoriale. I migliori attori stanno realizzando questi film e non lo fanno soltanto per un discorso economico. Sono fatti davvero bene e regalano emozioni. Credo che sia importante non affermare che una categoria è meno importante di un’altra. Non è così. Il Cinema è bello perchè è libero. Non dirò mai che un film è più importante di un altro. Ma dirò sempre che un film mi ha dato più emozioni di un altro.

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *