D. A. Pennebaker: morto a 94 anni il regista cult di documentari

Il famoso regista di documentari D.A. Pennebaker è morto giovedi scorso per cause naturali

Il regista e direttore della fotografia D. A. Pennebaker è morto giovedì sera per cause naturali a 94 anni. Il regista americano è ricordato per i suoi documentari come “Don’t Look Back” (1967), “Monterey Pop” (1968), “The War Room” (1993) e “Elaine Stritch at Liberty” (2002). Egli ottenne diversi premi e candidature agli Emmy e agli Oscar, vincendo nel 2013 il premio onorario alla carriera.

Partendo dagli albori, Pennebaker iniziò la sua carriera cinematografica dopo aver studiato ingegneria meccanica all’università di Yale e dopo aver passato un periodo a lavorare in quel campo. Addirittura, durante la seconda guerra mondiale lavorò per il corpo militare aereo. Fu nel 1953 che, dopo aver sviluppato un forte interesse nel cinema, dirige il suo primo cortometraggio documentario chiamato DayBreak Express”, che aveva come soggetto un treno di New York.

D. A. Pennebaker morto a 94 anni

Nella sua carriera, come abbiamo citato prima, ha diretto diversi classici in termini di documentari. The War Room è un bellissimo dietro le quinte alle campagne presidenziali di Bill Clinton nel 1992. Monterey Pop, invece, è un interessantissimo confronto tra il regista e alcune celebrità del rock come Janis Joplin, Ravi Shanker e Jimi Hendrix. Sempre parlando dell’ambiente musicale, nel 1973 esce il film concerto di David Bowie chiamato “Ziggy Stardust and the Spiders From Mars”. Nel 1989 il film road movie sui Depeche Mode, “101”. Uno dei più famosi è però Dont Look Back, documentario sul tour del 1966 di Bob Dylan, da cui è stato estratto anche il videoclip per Subterranean Homesick Blues. In questo documentario ci viene mostrato il tour dell’icona rock, il suo rapporto con il pubblico e anche con la Beat Generation, infatti Allen Ginsberg, famoso poeta, accompagno Dylan nel tour.

Più recentemente, Pennebaker ha diretto “Unlocking the cage” per la HBO-BBC: un documentario su Steven Wise, un avvocato che si è battuto per i diritti sugli animali. Inoltre, negli anni 2000 ha diretto anche “Al Franken: God Spoke” (2006) e “Kings of Pastry” (2009). Oltre alla sua importanza come filmmaker, va a lui anche la rivoluzione dell’utilizzo della camera a mano nel documentario. Fu nei primi anni ‘60 che si sviluppo questa tecnica, che faceva in modo che la videocamera fosse molto più leggera e portabile, favorendo una visione cinematografica molto più diretta e veritiera.

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *