Diabolik sono io: recensione del docufilm di Giancarlo Soldi

La nostra recensione del documentario che racconta le origini del mito di Diabolik

Diabolik sono io, protagonista di questa nostra recensione, è il nuovo docufilm scritto e diretto da Giancarlo Soldi. In questo lungometraggio, tra realtà e fantasia, ripercorriamo quelle che sono state le tappe fondamentali che hanno portato alla nascita del mito di Diabolik. In particolare la pellicola ricostruisce la misteriosa scomparsa del disegnatore del primo albo del fumetto, ossia Angelo Zarcone. Egli, soprannominato ai tempi “il Tedesco” per via della carnagione chiara e dei capelli biondi, dopo aver consegnato alla redazione Astorina le tavole de Il Re del Terrore (il primo numero di Diabolik pubblicato nel novembre del ’62), sparì senza lasciare tracce.

A questa suggestiva premessa si affiancherà soprattutto un ritratto di Diabolik, l’anti-eroe dei fumetti, tracciato dalle numerose testimonianze raccolte. Da Milo Manara e Mario Gomboli fino ad arrivare ad esperti del noir come Carlo Lucarelli, le partecipazioni sono molteplici e preziose. A spiccare però è l’intervista ritrovata nelle Teche Rai con protagoniste proprio loro: le sorelle Giussani. Il film sarà proiettato al cinema come evento speciale solo nei giorni 11, 12 e 13 Marzo. Eccovi quindi le nostre impressioni su Diabolik sono io, l’elogio al classico intramontabile che scandalizzò l’Italia intera con un’ondata di terrore.

Diabolik sono io recensione: la ricostruzione

Diabolik sono io recensione

In Diabolik sono io veniamo sin da subito immersi in una ricostruzione decisamente singolare. Un uomo di mezza età si ritrova disperso, senza memoria, non sapendo nulla di sé e di ciò che lo circonda. Ciò fa da preambolo all’inizio del suo viaggio alla ricerca di risposte, fra le strade di una città nella quale la linea tra realtà e finzione è davvero indistinguibile. Ma chi è l’uomo misterioso in questione? Nella fantasia suggestiva del racconto sarebbe proprio Angelo Zarcone, “il Tedesco” per l’appunto.

Quindi, in buona sostanza, Zarcone lo si immagina confuso, spaesato ma con delle reminiscenze su Diabolik che lo conducono alla scoperta della sua identità. Il mito del disegnatore scomparso viene preso come spunto, quasi ad immaginare il creatore che diviene un tutt’uno con la sua creatura. Ciò che fa storcere il naso è la scarsa verosimiglianza della ricostruzione in questione, rea soprattutto di un livello qualitativo e recitativo non molto alto. Le interviste fittizie a presunti giornalisti ed esperti risultano recitate in modo molto scolastico, facendo così perdere credibilità al resto del lavoro.

Diabolik sono io recensione: le testimonianze

Diabolik sono io recensione

Ad alternarsi a questa ricostruzione immaginaria troviamo però una parte documentaristica ben più interessante. Potremo ascoltare le sensazioni di un esperto del mistero e del noir come Carlo Lucarelli, oppure quelle del celebre fumettista Milo Manara. Meritano la menzione anche le apparizioni dei Manetti Bros., del critico fumettistico Gianni Bono e dell’attuale editore dell’Astorina Mario Gomboli. Tutte le interviste sono accomunate da un filo conduttore: la passione per Diabolik.

C’è da dire che nemmeno in questo caso probabilmente si riesce a dare il massimo. Le testimonianze, che avrebbero dovuto rappresentare delle aggiunte di valore al docufilm, appaiono più come dei pareri personali. Si scopre poco dell’origine del personaggio, del modo in cui è stato concepito, della sua evoluzione negli anni e di quella sua capacità di mantenere il fascino che lo contraddistingue adattandosi ad ogni epoca.

C’è però una perla che sicuramente innalza il valore di Diabolik sono io. Dagli archivi Rai è stato possibile riportare alla luce un’intervista originale delle sorelle Giussani, originariamente archiviata per problemi legati all’audio. Una volta restaurata, l’intervista è stata inserita nella trama e rappresenta il contenuto più di valore che la pellicola abbia da offrire allo spettatore. In questi estratti ritroviamo Angela e Luciana Giussani, leggermente avanti con gli anni, le quali parlano in maniera molto rilassata e cordiale del loro fumetto. Il fatto di poter essere quasi con loro, in quel salotto durante l’intervista, per un appassionato forse vale interamente il prezzo del biglietto. Gradevole l’apparizione di due signore, responsabili all’epoca dei retini, le quali raccontano la loro esperienza con le sorelle Giussani in una redazione di sole donne.

Diabolik sono io recensione: conclusione

Concludiamo questa recensione di Diabolik sono io dicendo che il prodotto finale non dispiace, ma sicuramente si esprime sotto le aspettative sperate. L’idea iniziale della ricostruzione fantastica è azzeccata, ma a progetto finito non risulta del tutto credibile vista soprattutto la qualità della recitazione. Ciò ovviamente determina anche uno scarso coinvolgimento nella pseudo-trama del docufilm, verso la quale si perde ben presto interesse. Ciò che salva il prodotto è il lato prettamente documentaristico, con contributi interessanti da parte di personalità legate in vari modi alla figura di Diabolik. Ciliegina sulla torta poi è sicuramente l’intervista alle sorelle Giussani, preziosa ed interessante, ricca di sorrisi innocenti e memorie del passato. Insomma, un progetto dal potenziale parzialmente inespresso ma dalla volontà lodevole di voler rendere omaggio al mito fumettistico di Diabolik, ladro spietato di Clerville.

Diabolik sono io

Voto - 6

6

Lati positivi

  • Testimonianza delle sorelle Giussani
  • Lato documentaristico

Lati negativi

  • Recitazione
  • Interviste fittizie

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