Dolor y gloria: recensione del nuovo film di Almodóvar – Cannes 72
Uno sguardo al nuovo emozionante film del regista spagnolo
Il cinema, con la C maiuscola, passa molto spesso dalle grandi competizioni, dai grandi festival. Tra essi, i due più importanti per visibilità e fascino sono quelli di Cannes e Venezia; diametralmente opposti per certe cose ma sempre più simili per altre. Negli ultimi anni è stato il cinema in lingua spagnola a ritagliarsi importanti spazi e apprezzamenti (basta citare lo scorso anno a Venezia, con Roma e Nuestro Tiempo), non solo ai festival. Quest’anno, alla 72ª edizione del Festival di Cannes, uno dei migliori film in competizione è proprio in lingua spagnola. Parliamo di Dolor y gloria, il nuovo film di Pedro Almodóvar di cui ci apprestiamo a presentarvi la nostra recensione.
Tra i più apprezzati della competizione, il film riesce a tenere testa un po’ a sorpresa ai nomi più attesi da quasta edizione. Ci riesce grazie ad un ottimo cast e ad una messa in scena ed una narrazione che ci porta nell’intimità e nella memoria di un grande ma fin troppo spesso dimenticato autore, in grado di dirigere piccole perle come questa.
Indice
Dolor y Gloria recensione: la trama del film
Protagonista della narrazione è Salvador Mallo, regista cinematografico molto apprezzato che però, ormai da tempo, non riesce più a creare. La sua parabola discendente è non solo artistica, ma sempre più legata alla salute: soffre di numerose malattie e disturbi psicosomatici. Le giornate del regista scorrono così vagando nel ricordo delle glorie passate e soprattutto sguazzando in una generale negatività esistenziale, piena di rimpianti e priva di fiducia per il prosieguo. L’importante restauro di Sabòr, suo celebre film, porta l’uomo a riconciliare i rapporti con un vecchio collaboratore, l’attore Alberto Crespo, con il quale non parla da decenni per alcuni malumori sorti dopo la loro ultima collaborazione proprio in quel film. I due entreranno nuovamente in confidenza e Alberto introdurrà Salvador nel mondo infernale dell’eroina, creando un cortocircuito in una vita già in vertiginoso declino.
Da questo momento si innescheranno una serie di dinamiche che porteranno a galla situazioni irrisolte e un passato sepolto negli angoli della memoria, che servirà al protagonista per provare ad affrontare la sua vita e prenderla in mano. Un itinerario verso una riconciliazione con gli altri ma soprattutto con sé stesso. In tutto ciò, il presente e il passato si mescolano in scena e lo spettatore viene trasportato nei ricordi di Salvador: sono infatti numerosi i flashback della sua infanzia, legati soprattutto all’ambiente familiare, che si innestano tra una scena e l’altra. Così, oltre a seguire le vicende del protagonista nella sua crisi adulta, scopriamo parallelamente il suo passato e alcuni particoli che possono chiarire le circostanze del presente. Per altro, è lo stesso presente – un frammento di ricordo, una scintilla sporadica e casuale – a generare il flashback.
Il dolore e la gloria di Almodóvar
Dolor y gloria è un titolo evocativo, pregno di significato e ideale per un’opera come questa. Il film si erge a vera e propria summa del percorso di uomo di cinema di Pedro Almodovar, portandoci all’interno della sua profonda intimità. Il percorso autobiografico (non interamente tale, ad esempio l’eroina non è mai stata presente nella sua vita) del prodotto ci fa indagare la psicologia di un autore che difficilmente avevamo visto così. L’esperienza ci fa rivalutare gli ultimi anni della produzione del regista spagnolo. Se Almodovar è riuscito a presentare forse il suo miglior titolo dai tempi di Tutto su mia madre e Parla con lei, è principalmente perché è riuscito a liberarsi dei fardelli. Comprendiamo subito e palesemente il parallelismo Salvador Mallo-Pedro Almodovar e grazie ad esso arriviamo a capire il malessere fisico e mentale che ha portato l’autore spagnolo ad un periodo negativo.
Solo il cinema, come viene detto nel film, poteva salvarlo. Serviva solo trovare lo spunto ideale: quale migliore se non quello che proviene da sé stesso e dal suo percorso? Appunto dolore e gloria sono le due costanti di un protagonista-autore e del suo recente passato. Un dolore legato non solo al fisico malconcio e alla droga, ma forse soprattutto al non saper reagire alle avversità che hanno attaccato l’incolumità della sua serenità. E la gloria, passata e quasi ormai dimenticata, capace però di poter tornare in auge, insieme al sorriso, valorizzando il presente attraverso la memoria (come un film che viene riscoperto nella sua qualità, cambiando il punto di vista con il tempo). Il passato serve per creare un buon futuro, gettare tutto ciò che è stato represso e fungere da ispirazione quando perdiamo la via.
Corpo e anima tra passato e presente
Se c’è una cosa che nei film di Almodovar abbiamo compreso bene è l’utilizzo del movimento e della corporeità per comunicare e creare simboli e allusioni. Essa è un elemento importantissimo soprattutto in Dolor y gloria, film che, raccontando un percorso, esige importanza rivolta al movimento e al corpo: nella sua libertà ma anche nei suoi limiti. E ciò riesce alla perfezione grazie ad un cast eccezionale. Antonio Banderas interpreta il protagonista e non esageriamo a considerarla la prova migliore della sua carriera. L’attore, come lo conosciamo, si annulla, scompare e rinasce come non lo abbiamo mai visto prima, in una recitazione controllata ma allo stesso tempo espressiva. Calibrato nel comunicare con il corpo i dolori e le pulsioni fisiche del personaggio (oltre che gli effetti della droga), e con lo sguardo il malessere interiore.
Salvador Mallo è come un personaggio delle opere di Giorgio De Chirico. Legato ad un passato che sembra sbiadirsi: ma soprattutto incerto, oltre che negativo e privo di speranze, per il futuro (e un presente) mentre pian piano sta cancellando la sua identità e corrompendo la sua anima. Guarda la propria vita dall’esterno e proprio questo è il punto forte della recitazione di Banderas: profonda adesione ma, contemporaneamente e paradossalmente, distacco. Penélope Cruz, nel ruolo della madre, e Asier Etxeandìa, che interpreta l’amico, regalano prove attoriali intense e profondamente sentite. La Cruz illumina la scena e incarna perfettamente quel ricordo materno che mai abbandona la memoria di Salvador. Etxeandìa è la controparte scenica di Banderas, opponendosi alla sua compostezza malinconica con una vitalità drammatica.
Dolor y Gloria: conclusioni
Pedro Almodovar firma con Dolor y gloria una sorta di film testamento, opera totale che racchiude tutto il suo cinema ma soprattutto ciò che non ha mai detto attraverso esso. Ciò che forse anche egli, per il male che ha sentito, ha rifiutato di comunicare a sé stesso. Rievocare un passato attraverso i primi desideri, gli amori lontani e la spensieratezza infantile attraverso i ricordi legati alle cose belle come un dipinto o più tristi come la droga. Questo è il percorso che Salvador-Pedro fanno per stare meglio e per noi è un grande ed emozionante regalo poterlo vedere in sala. Il cinema ha, come ricordato, un potere salvifico per artefice e spettatore.
Come lo scorso anno Alfonso Cuaròn tornava ad un passato nostalgico con un malinconico sorriso, questo fa Almodovar. Ma lo fa con una maturità artistica diversa, mettendosi a nudo e parlando attraverso un’opera che, imparagonabile per contesti e temi a Roma, ci parla soprattutto di un male. Male che però è il primo antidoto di sé stesso. Dolor y gloria, parlando di fragilità e rapporti con la famiglia, la sessualità e il lavoro, è una summa della carriera del regista anche attraverso il metalinguaggio cinematografico. Un film malinconico ma che tocca nel profondo e restituisce un affresco autobiografico di assoluto spessore. Un prodotto che fa subito venir il desiderio di una seconda visione. Desiderio – El Deseo – che sta alla base stessa della produzione di Dolor y gloria.
Dolor y Gloria, di Pedro Almodovar
Voto - 9
9
Lati positivi
- Le prove attoriali: fra tutte spicca Antonio Banderas nella prova migliore della sua carriera
- La scrittura: finalmente Almodovar torna a scrivere, e dirigere, una piccola grande perla
- Nostalgia e memoria: il testamento cinematografico del regista riesce a toccare l’anima
Lati negativi
- Se non si è abituati al cinema di Almodovar, potrebbe essere difficile resistere alle sequenze meno dinamiche: ma questo, alla fine, è solo il pelo nell’uovo in un prodotto che di difetti rilevanti sembra non averne
per me, che ho amato tanto “Tutto su mia madre”, è stato emozionante ritrovare PEDRO. Quel Pedro profondo, intimo e garbato pur nel racconto di dolore, paura e debolezza, un vero maestro nel saper dar voce e corpo ai sentimenti. L’interpretazione di Banderas è stata magistrale, di una umanità totale. Un vero capolavoro. GRAZIE ad Almodovar e GRAZIE a Banderas.
A volte non ci si dimentica di come si scrive e si dirige un film, magari c’è solo qualcosa che non va: Dolor y gloria racconta perfettamente questo. Bentornato Pedro!
Elena
Un film interpretato in maniera eccellente dal cast degli attori,un po’ triste per gli argomenti affrontati .
Grande merito al regista.
Non a caso a Cannes è stato premiato proprio Antonio Banderas!