Final Destination: Bloodlines, la recensione del sesto film della saga horror
Il sesto capitolo della storica saga horror è al cinema: la nostra recensione di Final Destination Bloodlines
La Morte è tornata e questa volta, come suggerisce il titolo Final Destination Bloodlines, è una questione di famiglia. L’iconica saga horror iniziata nel 2000 torna con Bloodlines a quasi 15 anni di distanza dal quinto capitolo, con una pausa insolitamente lunga per un franchise che fino al 2011 ha fatto uscire film con un ritmo serratissimo. Il nuovo Final Destination, al cinema da giovedì 15 maggio, ripropone la formula che ha decretato il successo del franchise sin dal suo esordio facendolo diventare una delle saghe di maggior successo nel genere horror, con una fetta di pubblico affezionatissima. Premesse semplicissime con la Morte che, come da tradizione, viene a prendersi quello che le spetta, solo che questa volta per regolare i conti ci vanno di mezzo più generazioni… che non sarebbero dovute esistere.
Final Destination Bloodlines si apre con una sequenza iniziale – tesa, ingegnosa (anche nelle scelte di colonna sonora) e ben orchestrata – di premonizione, ma con un piccolo twist rispetto al solito canone. La premonizione, che si rivela poi essere un sogno, è quella di Stefani (Kaitlyn Santa Juana), che in un incubo ricorrente vede una giovane donna di nome Iris (Brec Bassinger) avere una visione (una premonizione dentro una premonizione, insomma) su un disastro effetto domino all’inaugurazione del ristorante Skyview nel 1968. La visione di Iris salva la vita alle persone presenti ma lascia un grosso conto in sospeso con la Morte. Stefani scopre che la ragazza nel sogno è sua nonna e che ora la Morte è tornata per regolare i conti, reclamando vite che se non fosse stato per Iris non sarebbero mai esistite. Comprese quelle della sua famiglia…

New Line Cinema, Practical Pictures, Freshman Year, Fireside Films
Indice:
- Violento, esagerato, autoironico e ambizioso: Final Destination 6 è un’ottima aggiunta alla saga
- Un sesto capitolo che ripaga la lunga attesa
Violento, esagerato, autoironico e ambizioso: Final Destination 6 è un’ottima aggiunta alla saga – Final Destination Bloodlines recensione
Citazionista quanto basta (ci sono i famosi tronchi di Final Destination 2 che hanno traumatizzato una generazione), violento, esagerato, divertente e, come da miglior tradizione, brillantemente autoironico, Final Destination Bloodlines è un sesto capitolo perfettamente coerente con i precedenti e in linea con le aspettative. Zach Lipovsky e Adam Stein, che dirigono da un soggetto firmato da Jon Watts insieme a Guy Busick e Lori Evans Taylor (anche autori della sceneggiatura), reggono saldamente il timone di una nuova installazione fedele alle premesse vincenti della saga che non mancherà di accontentare i gusti dei fan di lunga data. Lipovsky e Stein colgono in pieno il potenziale (espressivo e narrativo) e la natura dichiaratamente sopra le righe di Final Destination, nonché quel sapore quasi “fuori tempo massimo” anche nell’estetica, abbracciandone ogni istanza con un risultato davvero convincente.
Il tocco in più di Bloodlines è la portata maggiormente emotiva e per certi versi più ambiziosa di una storia che mette in campo gli affetti familiari, le relazioni, i legami di sangue. Ci si affeziona facilmente ai personaggi, a cominciare dalla Stefani della brava Kaitlyn Santa Juana, che incarnano ciascuno un tipo umano riconoscibile e immediato che, in questo contesto, funzionano. In Final Destination Bloodlines funziona ancor meglio che nei capitoli precedenti la riflessione sul destino, qui legata anche al peso che le nuove generazioni portano sulle spalle come eredità carica di ansia e incertezze. E qui il bel cameo di Tony Todd – coerente e poetico nell’essere una giusta chiusura dentro e fuori lo schermo per un personaggio storico del franchise – acquisisce un significato ancor maggiore.
Un sesto capitolo che ripaga la lunga attesa – Final Destination Bloodlines recensione
Le morti sono una meglio dell’altra e funzionano tutte alla grande. Come sempre a farla da padrone è il connubio tra la messa in scena grafica, violenta e splatter e le situazioni assurde e a tratti demenziali in cui i poveri malcapitati ci lasciano le penne. E, ancora come sempre, ci si ritrova ad uscire dalla sala finendo a guardare con sospetto oggetti di uso comune e a vedere nelle situazioni più quotidiane un potenziale pericolo. Tra le sequenze meglio orchestrate, e più piacevolmente al cardiopalma, ci sono la violentissima macrosequenza iniziale e quella – impreziosita da un sadismo che ha pochi precedenti nella saga – che ha come teatro dell’azione (senza fare troppi spoiler) una stanza d’ospedale e un altrimenti innocuo macchinario.
Non tutti gli effetti visivi funzionano e qua e là alcune trovate arrivano ai limiti del kitsch, al punto che viene da pensare che non possa essere un caso, ma una precisa “citazione” agli albori della saga e a un modo di fare horror che oggi è quasi vintage. Davvero intelligente l’utilizzo dei brani della colonna sonora, come commento brillante e contrappunto ironico in alcuni passaggi salienti della storia. Final Destination Bloodlines fa quello che deve e lo fa a dovere, con la giusta ambizione ma senza troppe pretese, un impianto coeso e il giusto ritmo (quel quarto d’ora in più rispetto alla durata canonica dei film del franchise non pesa affatto). Un ritorno da promuovere che ripaga l’attesa. Al cinema dal 15 maggio con Warner Bros. Italia (trovate qui il trailer).

New Line Cinema, Practical Pictures, Freshman Year, Fireside Films
Final Destination Bloodlines
Voto - 7
7
Lati positivi
- La coesione e la maggior ambizione della storia, unita a tutti gli elementi che anche qui fanno di Final Destination una saga horror iconica
- Il cameo di Tony Todd
Lati negativi
- Non tutti gli effetti visivi funzionano
- Il finale è un po' troppo sbrigativo