L’esorcista del Papa, la recensione: il film di Julius Avery con Russell Crowe ispirato agli scritti di Gabriele Amorth

Dal 13 aprile è al cinema L'esorcista del Papa, film diretto da Julius Avery tratto (molto) liberamente dagli scritti di Padre Gabriele Amorth

Il filone esorcistico è un sotto-genere dell’horror praticatissimo e quanto mai prolifico, con L’esorcista di William Friedkin a fare da guida. Proprio Friedkin ha dedicato un documentario a Padre Gabriele Amorth, esorcista del Vaticano che, per sua stessa dichiarazione, avrebbe praticato nella sua carriera più di 50.000 esorcismi. Ora Julius Avery decide di indagare, a suo modo, la figura di Amorth con L’esorcista del Papa, in sala dal 13 aprile, di cui vi proponiamo la nostra recensione. Avery (Overlord, Samaritan) parte dagli scritti dello stesso Amorth, con una sceneggiatura firmata da Michael Petroni (Possession, Il rito) ed Evan Spiliotopoulos (Il sacro male) e affida la parte dell’esorcista del Vaticano a Russell Crowe. Sin dal classico di Friedkin del 1973 vi è una sorta di “disciplinare” del genere: una vittima violentemente trasfigurata dalla possessione, un prete tutto d’un pezzo, una famiglia sconvolta che si ritrova a diventare parte attiva nel processo di esorcismo. Non sempre (anzi, piuttosto raramente) i risultati sono all’altezza dell’illustre predecessore. E L’esorcista del Papa?

L’esorcista del Papa (qui il trailer) è un film difficile da processare e ancor più da incasellare, che sfida apertamente chi guarda, che sceglie di vivere pericolosamente. Ma andiamo con ordine. Il cinema è anche questione di approcci, punti di vista, intenzioni, tanto del regista quanto dello spettatore. Se vi aspettate un approccio canonico, un taglio rigoroso e fedeltà alla figura di Padre Amorth che tutti in qualche modo conosciamo, la faccenda diventa presto problematica. Se invece decidete di entrare in sala con una giusta dose di spirito ironico cui attingere, potreste addirittura godervi la visione. Il confine tra non prendersi sul serio e comicità involontaria è spesso così sottile da diventare impalpabile e il film di Julius Avery viaggia così smaccatamente nella corsia del trash che diventa quasi impossibile pensare che non sia fatto apposta. Siamo nel territorio del so bad it’s so good ma a ragion veduta.

l'esorcista del papa recensione

L’esorcista del Papa. Screen Gems, 2.0 Entertainment, Loyola Productions

Indice:

“Portami il prete” – L’esorcista del papa recensione

Siamo nel 1987, a Tropea, in Calabria, dove Padre Gabriele Amorth è chiamato a condurre un esorcismo, ma il caso di possessione (il cui sintomo principale è che il soggetto parla inglese!) si rivela presto un episodio di suggestione scatenato da una psicosi. Amorth è richiamato in fretta e furia a Roma per essere “sgridato” da una delegazione di prelati. I cardinali non apprezzano i modi di Padre Amorth e Padre Amorth non apprezza i cardinali, forte però della protezione del Papa in persona. L’esorcista ci viene presentato come uno che il suo lavoro lo sa fare bene e che non ha problemi a discernere tra i casi. Il 98% dei casi di possessione sono in realtà di competenza psichiatrica, il restante 2% è opera del Male. Poco importa cosa ne pensano gli alti prelati, fa niente se la Chiesa è divisa sul concetto del Male: quando si tratta del Diavolo, Padre Amorth non è uno disposto a giocare secondo regole altrui.

Ma ecco che la presenza dell’esorcista è presto richiesta in Spagna, dove una famiglia composta da madre e due figli ha ereditato un’abbazia sconsacrata. Il piccolo Henry sembra essere posseduto da un demone potentissimo, così forte che non basta l’intervento di Padre Esquivel. “Portami il prete” intima a Padre Esquivel il demone che abita il corpo di Henry. Il prete in questione è Gabriele Amorth e dietro la possessione del ragazzino si nasconde una cospirazione millenaria e un piano satanico per attaccare direttamente la Chiesa. L’esorcista del Vaticano dovrà fare appello a tutte le sue forze e sfoderare le sue armi migliori.

“Se avete qualche problema con me, parlatene con il mio capo” – L’esorcista del Papa recensione

“Se avete qualche problema con me, parlatene con il mio capo” dice Padre Amorth ai cardinali appositamente riuniti per una “lavata di capo” prima fare un’uscita ad effetto senza nemmeno essere stato congedato. L’esorcista del Vaticano gode dell’approvazione e della protezione del Papa, interpretato da Franco Nero che, vista la collocazione temporale delle vicende, veste i panni di Giovanni Paolo II. Il Gabriele Amorth di Russell Crowe – che, lo diciamo fin da subito e senza alcuno stupore, è così bravo da far sembrare credibile l’incredibile – è un personaggio sicuro di sé, arrogante, un vero duro. Tra John Constantine e Van Helsing, Amorth è un uomo (di Chiesa) d’azione che butta giù le porte a calci e spallate ma che non disdegna nemmeno l’ironia burlona e vagamente blasfema e che si diverte a fare “cucù” alle suore.

L’agente del Vaticano al servizio del Papa gira a bordo di una Lambretta bianca decorata con lo stemma della Ferrari (che sia una trovata trash o un riferimento campanilistico al fatto che Amorth fosse modenese non lo sapremo mai), un po’ Batman e un po’ upgrade di Don Matteo, avvolto nella tonaca nera che sembra un mantello, cappello stiloso e occhiale da sole con lenti arancioni. Qualora ci fosse bisogno di specificarlo, occorre tenere a mente che la versione di Crowe ha ben poco a che vedere con quella del vero Amorth, anche se non mancano riferimenti puntuali (al fatto che fosse stato partigiano, alla laurea in Giurisprudenza, alla passione per il giornalismo). Guardandolo combattere il Male a colpi di preghiere, non possiamo non sospettare che Russell Crowe si sia divertito non poco a interpretare questo ruolo. E non possiamo non pensare che l’approccio da cinecomic alla materia, esagerato e sopra le righe non sia stato fortemente voluto da Julius Avery. Se così non fosse, se L’esorcista del Papa dovesse essere un film da prendere sul serio, avremmo un problema non da poco.

l'esorcista del papa recensione

L’esorcista del Papa. Screen Gems, 2.0 Entertainment, Loyola Productions

Ma cosa sto guardando? – L’esorcista del Papa recensione

“Ma quindi cosa sto guardando?”. Una domanda che vi frullerà spesso in testa durante la visione de L’esorcista del Papa. Più simile a un cinecomic e a un thriller investigativo soprannaturale in stile Dan Brown, il film di Julius Avery non è certo un horror canonico. Pur infarcito dei più classici stilemi dell’horror e del sottogenere esorcistico in particolare (voci distorte, teste che ruotano, gente che viene lanciata da una parte all’altra della stanza, tuoni e fulmini), L’esorcista del papa non è un horror. C’è qualche elemento splatter sul finale, peccato che sia inserito completamente a caso nell’economia della storia. C’è anche una riflessione (pretestuosa, non illudetevi) sul trauma, col povero Henry che ha assistito alla morte violenta del padre e che da quel momento non ha più parlato.

Si parla di peccato, di colpa, di fede, di complotti millenari della Chiesa, di Inquisizione, ma in un modo talmente sopra le righe che – ancora – sembra impossibile che lo scopo di Avery fosse quello di realizzare un film da prendere seriamente. E sul finale (e questa è una chicca vera) si lascia intendere che L’esorcista del Papa potrebbe essere solo il primo capitolo di un universo cinematografico. Il tutto è talmente sconcertante che, se preso col giusto spirito, al film di Julius Avery si finisce col voler bene, anche alla luce degli evidenti errori. La sceneggiatura è zoppicante, i dialoghi sono pomposi e artificiali, l’utilizzo delle musiche è un azzardo, il montaggio è l’ennesima sfida ai sensi dello spettatore. Russell Crowe, attore di razza, regge il peso del film sulle spalle con una facilità disarmante. Se state cercando un horror efficace o una ricostruzione puntuale e realistica delle gesta di Padre Amorth, il consiglio è quello di lasciar perdere. Ma preso col giusto spirito e una dose abbondante di ironia, sorprendentemente, L’esorcista del Papa potrebbe essere quello che fa per voi.

l'esorcista del papa recensione

L’esorcista del Papa. Screen Gems, 2.0 Entertainment, Loyola Productions

 

L'esorcista del Papa

Voto - 5

5

Lati positivi

  • Russell Crowe è talmente bravo da far risultare credibile l'incredibile
  • Preso con il giusto spirito L'esorcista del Papa riesce a intrattenere, nel suo essere esagerato e sopra le righe

Lati negativi

  • Chi si aspetta un horror canonico nel filone esorcistico andrà incontro a una cocente delusione
  • La sceneggiatura zoppica non poco, i dialoghi sono artificiosi e gli elementi horror sono declinati come i più classici dei cliché

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