Little Fires Everywhere: recensione della serie con Reese Witherspoon e Kerry Washington

Maternità complesse e identità razziale nella nuova serie disponibile su Amazon Prime

L’adattamento televisivo e cinematografico di un romanzo, negli ultimi anni, si è rivelata una scelta vincente. Le pagine diventano sequenze, i personaggi assumono un volto, il punto di vista del narratore si sposta su quello del regista. Da Elena Ferrante a Andrè Aciman, da Sally Rooney a Margaret Mazzantini, sono tanti gli autori che hanno scelto di dare alle proprie storie una dimensione visiva, che parlasse con un linguaggio diverso. Tra loro v’è la scrittrice statunitense Celeste Ng, che nel 2018 pubblica Little Fires Everywhere (in Italia uscito con il titolo Tanti Piccoli Fuochi, edito da Bollati Boringhieri). Il libro viene notato anche da Reese Witherspoon, che lo propone nella sua pagina Instagram Reesebookclub. Disponibile sulla piattaforma Amazon Prime, Little Fires Everywhere (di cui vi proproniamo la recensione) diventa una miniserie di 8 episodi.

Ideata da Liz Tigelaar, la serie è stata diretta tra gli altri da Lynn Shelton, recentemente scomparsa. La storia si dipana attraverso lo svelamento della vita delle protagoniste. La suspense iniziale del mystery farà da apri pista a due vite la cui apparenza si capovolgerà. Quali sono le scelte e le circostanze che hanno portato Mia ed Elena ad essere ciò che sono? Così diverse, eppure così vicine. Per capirlo dobbiamo tornare indietro negli anni 70 e 80, quando Elena e Mia iniziano a dar forma alla loro vita e, dunque, alle loro differenze esistenziali; tali aspetti mettono in luce le aspettative della società sulle donne e il loro corpo, sulle minoranze e le loro (mancate) rappresentazioni. La serie, a metà strada tra il family drama, il mystery, e il teen drama intreccia maternità, rappresentazione e white privilege. Approfondiamo alcuni aspetti della serie nella recensione che segue.

Indice

       Una casa in fiamme

Costruita attorno all’elemento del whodunit tipico del romanzo giallo, il pilot della serie si apre con una casa data in fiamme e un poliziotto che spiega a Bill (Joshua Jackson) le dinamiche dell’incendio. Nell’abitazione infatti sono stati appiccati “tanti piccoli fuochi” e dunque l’incendio è sicuramente doloso. Il colpevole pare essere Izzy, la quattordicenne ribelle di casa Richardson. A questo punto, con un salto temporale di 4 mesi, torniamo indietro. Nella tranquilla cittadina borghese e perbene di Shaker Heights in Ohio, infatti, arriva a bordo di una vecchia Chevrolet azzurra, Mia Warren (Kerry Washington) con sua figlia Pearl (Lexie Underwood).

Artista, spigolosa, ribelle e afroamericanam Mia abiterà nella casa che Elena Richardson (Reese Witherspoon) giornalista part-time, accomodante, maniaca dell’organizzazione (e bianca) le affitterà per alcuni mesi. Due madri, due donne americane, l’una l’esatto opposto dell’altra. Le vite di Mia e di Elena, e le loro dinamiche di opposizione, scardineranno e porteranno alla luce un’America divisa dove la razza e la classe sono ancora il discrimine.

Nel nome della madre – Little Fires Everywhere, la recensione

L’incipit, che sembra fare della storia un racconto mystery, in realtà diventa collaterale e fa da sfondo ad un discorso più ampio. La serie infatti si presta ad una riflessione sul femminile e soprattutto sulla maternità nelle varie declinazioni: la scelta, la (im)possibilità, il rifiuto. Essere madri, vedere i propri figli come proiezione di sé stessi e delle aspettative asfissianti di perfezione. Pearl entra in casa Richardson e ritrova la stabilità familiare che ha sempre cercato, ma di cui non ha mai beneficiato a causa della vita nomade della madre. E se Pearl troverà in Elena un porto sicuro, lo stesso accadrà per Izzy (Megan Stott).

L’ultimogenita dei Richardson, ribelle e diversa dagli altri fratelli, ritroverà in Mia la sua stessa inquietudine e inclinazione all’arte. Sentirsi figlia delle madri degli altri: Little Fires Everywhere trova in questo aspetto il suo punto di forza proponendo così un aspetto poco approfondito da altre serie. Attraverso le loro story-line si stratificano e s’intersecano le numerose sfumature della maternità, che diventa il fil rouge dell’intera storia.

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Little Fires Everywhere (2020), Hello sunshine

Identità e privilegio

70 centesimi possono fare la differenza. Anzi, quella differenza la rivelano e l’amplificano. La questione razziale (e dell’immigrazione) nel corso degli episodi si rivela non solo nell’incontro/scontro fra Mia ed Elena, ma trova la sua forma più complessa nel racconto speculare. Questo espediente narrativo pone diversi personaggi nella medesima posizione, ma con conseguenze ben diverse. Attraverso una cittadina che si professa aperta e inclusiva, in Little Fires Everywhere ci viene rivelata una società costruita sul pregiudizio, sui clichè razziali, sulla mancanza di una reale rappresentazione.

Ma la sceneggiatura non condanna e non giudica, la regia indaga le sfumature tra bene e male, tra giusto o sbagliato. Tutti hanno ragione e tutti, contemporaneamente, hanno torto. Little Fires Everywhere tenta di scardinare e di mettere in luce quanto ancora la società, in particolar modo quella americana, sia ancora strettamente connessa al cosìddetto white privilege, e come (uno degli episodi si sofferma particolarmente su questo aspetto) questa società manchi di una reale rappresentazione delle minoranze etniche.

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Little Fires Everywhere(2020), Hello sunshine

Il drama e il teen drama – Little Fires Everywhere, la recensione

Sorretto da grandi interpretazioni femminili, spina dorsale di una sceneggiatura a volte prevedibile e che si risolve con troppa facilità, Little Fires Everywhere è anche un racconto adolescenziale. Ambientata nella seconda metà degli anni ’90, la serie porta con sé numerosi richiami musicali e di costume di quegli anni. MTV, le prime connessioni internet, le Spice Girls, Beverly Hills, Friends, la musica disco. Pearl, insieme ai fratelli Lexie (Jade Pettyjohn), Moody (Gavin Lewis), Trip (Jordan Elsass) e la già citata Izzy, ricreano le narrative adolescenziali tipiche del genere, che individuano nella scoperta della sessualità la creazione della propria identità.

Purtroppo però, le dinamiche teen sono l’elemento più debole. Manca dunque un profondo scavo interiore dei giovani, che invece è ampiamente presente per quanto riguarda le due protagoniste. Nonostante si senta l’assenza di uno sguardo registico evocativo e riconoscibile come quello ad esempio di Jean Marc Vallè, la serie Amazon sembra una figlia minore di Big Little Lies. O, almeno, pare risentire della sua influenza.

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Little Fires Everywhere

Voto - 7

7

Lati positivi

  • Complessità e approfondimento del tema della maternità
  • Interpretazioni delle due attrici protagoniste

Lati negativi

  • La sceneggiatura a volte è prevedibile e si risolve con troppa facilità

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