“Old Boy” – 4 motivi che fanno del film di Park Chan-wook un Cult

“Old Boy” è il masterpiece del regista e sceneggiatore sudcoreano Park Chan-wook. È uno dei film asiatici più conosciuti ed apprezzati di questo millennio. Lo stesso Tarantino lo elogiò e premiò al Festival di Cannes nel 2004, definendolo come «il film che avrei voluto fare».

Uscito in sala nel 2003, è stato scritto e diretto da Park Chan-wook. È il secondo capitolo della cosiddetta “Trilogia della Vendetta” (insieme a “Mr. Vendetta” e “Lady Vendetta”) ed ha come protagonista Oh Dae-su, interpretato dall’attore Choi Min-sik. La storia narra dell’inspiegabile sequestro che porta Dae-su ad essere rinchiuso all’interno di quella che, all’inizio, appare come una fatiscente camera d’albergo. Questa prigionia si protrarrà per ben 15 anni, periodo dopo il quale Dae-su verrà liberato con modalità misteriose. Al nostro protagonista rimarrà solo un profondo e ardente sentimento di vendetta, il quale lo condurrà, lungo tutto l’arco della storia, alla ricerca della verità.

Old Boy ha tutte le carte in regola per essere un gran film, dalla regia impeccabile alla storia mozzafiato. Cosa però, nello specifico, ha fatto sì che diventasse un cult moderno? I motivi sicuramente sono molteplici, però cercherò di prendere in esame solo i 4 punti chiave sui quali si è edificata la fama del film.

(Attenzione: per chi non avesse ancora visto Old Boy è sconsigliata la lettura, visti i possibili spoiler)


1 – Personaggi
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Oh Dae-su

La sceneggiatura del film mostra un lavoro incredibile svolto non solo al livello della narrazione in sé ma anche sui profili dei singoli personaggi. Molti di loro, infatti, sono terribilmente iconici e ben caratterizzati.

Partendo dal protagonista, Dae-su originariamente è un uomo innocuo. La mutazione che subisce durante la reclusione è frutto della rabbia accumulata col tempo. Quasi come se la solitudine forgiasse man mano la sua psiche, diventa un uomo determinato, implacabile, interessato solo a scoprire la verità. Altrettanto determinato risulta essere “l’antagonista” di Dae-su, Lee Woo-jin. Lui è sicuramente il personaggio più affascinante della pellicola. Enigmatico e spietato, è un soggetto che si fa fatica ad inquadrare sin da subito. Agisce mosso da un rancore risalente alla sua gioventù che, suo malgrado, lo tormenta ancora con ferocia. Lo spettatore riesce a provare un minimo di empatia nei suoi confronti soltanto quando, a fine film, ci si fa un quadro completo del suo passato drammatico. Prima di quel momento, però, ci viene mostrato come un sadico dal carattere criptico che, nonostante tutto, esprime un carisma inarrivabile. A completare il ventaglio dei tre personaggi principali vi è Mi-do, ragazza innocente la quale nasconde a sua insaputa un terribile segreto. Conosce Dae-su in circostanze apparentemente molto casuali e decide di dargli manforte nella sua ricerca della verità.

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Lee Woo-jin

Tutti i personaggi sono fortemente simbolici; Mi-do rappresenta l’innocenza, la purezza, l’amore sincero e libero da qualsivoglia influsso negativo. Dae-su, con la sua disperazione, incarna la collera. Woo-jin è innanzitutto un manovratore e, come tale, tende ad identificarsi come un’entità predominante, muovendosi nella trama con più saggezza rispetto agli altri due, decisamente più impulsivi. Woo-jin e Dae-su, tuttavia, vengono spinti nelle loro azioni principalmente da un sentimento ben specifico: la vendetta. Di questo aspetto però si parlerà più avanti.

 

2 – Trama
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Mi-do e Dae-su

Old Boy è un film che il grande pubblico ha amato. Questo “amore” però nasce anche dal sentimento di spaesamento che la pellicola lascia allo spettatore dopo i titoli di coda. Tutto ciò non può che essere il frutto di una trama ben strutturata e perfetta nella sua genialità.

Ci sono tanti film che, pur seminando abilmente misteri e dilemmi lungo la narrazione, non riescono poi a far chiarezza sulla storia. Io, dal mio canto, ho sempre ritenuto invece fondamentale, ai fini del giudizio sulla trama, la capacità di “rimettere insieme i pezzi”. Old Boy è un esempio lampante di questa teoria, in positivo. Ad una sezione iniziale, nella quale Dae-su cerca freneticamente la strada che lo porti alla verità, si contrappone una seconda sezione, quella finale, più esplicativa in cui viene alla luce il piano perverso di Woo-jin. Il modo in cui alla fine tutto torna, in cui la storia si compie a pieno nel suo sadismo, è semplicemente meraviglioso.

Pur chiarendo tutti i suoi punti interrogativi, la trama risulta tuttavia molto contorta e deviante. Questo è uno dei punti di forza di quest’ultima. Lo spettatore naviga nell’ignoto, insieme a Dae-su, cercando sì di capire il perché di quei 15 anni di detenzione, ma soprattutto il perché della sua liberazione. Quando poi viene a conoscenza dell’amplesso tra Woo-jin e sua sorella, del vero legame tra Dae-su e Mi-do, della mastodontica punizione architettata da Woo-ji, rimane basito. All’osservatore vengono fornite tutte le spiegazioni di cui necessita per comprendere a pieno la storia. Ciò però non contribuisce a rasserenarlo, anzi: più il contesto si fa limpido, più l’apprensione cresce in chi guarda, quasi a voler rinnegare ciò che di atroce si è scoperto.

 

3 – Etica
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Lee Woo-jin

C’è da dire che, per quanto possa essere a tratti crudo e molto violento, Old Boy non trascura affatto il lato etico. Risulta, al contrario, molto ragionato e pieno di spunti di riflessione non proprio consueti. Il precetto che il sig. Chan-wook ci impartisce sin dall’inizio è diretto e brutale nella sua veridicità:

« Sorridi, e il mondo sorriderà con te. Piangi, e piangerai da solo. » (Oh Dae-su)

L’essere umano che trova l’appoggio altrui solo nella buona sorte, ma che non può nulla contro la tristezza permea di solitudine. Gli stessi protagonisti (pur non vivendo dei veri e propri momenti felici lungo la narrazione) mostrano come la solitudine e il malumore vadano di pari passo. Woo-jin dopo la morte della sorella è un uomo totalmente abbandonato a se stesso, così come lo è Dae-su, lungo tutto l’arco di tempo che lo vede rinchiuso in cella. Questa condizione umana ci appare quasi ineluttabile, senza alcun tipo di distinzioni. A sostegno di ciò vi è il fatto che, nonostante le due personalità diametralmente opposte, sia Woo-jin che Dae-su non riescono ad evitare questo status d’isolamento nella loro disperazione. Persino la povera Mi-do, quando racconta l’aneddoto riguardante le formiche, lascia trasparire un passato fatto di solitudine.

« Ricorda, sia un granello di sabbia che una roccia, nell’acqua affondano allo stesso modo. » (Lee Woo-jin)

 

4 – Vendetta
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Oh Dae-su

Più del rimpianto, più della voglia di verità, più di ogni altra cosa; in Old Boy la vera forza motrice è la vendetta.

In questo disegno caotico in cui nessuno è innocente, la vendetta è l’entità che dà modo alla storia di evolversi. Dae-su non aspetta altro che una rivalsa contro Woo-jin per averlo imprigionato, mentre quest’ultimo intende fare giustizia in memoria di sua sorella. La concezione di vendetta che filtra dalla pellicola è affine all’idea comune di karma; l’unica differenza sta nella violenza con la quale si manifesta. Dopo quasi due ore di film però la vera morale della pellicola ci sarà più chiara: la vendetta è inutile. Tutti i nostri protagonisti, dopo esser stati accecati dal loro istinto rabbioso tutto il tempo, vedranno le loro vite sgretolarsi sotto i loro occhi, capendo di aver intrapreso inutilmente fin dall’inizio una strada fatta solo d’odio e collera, giungendo inesorabilmente alla loro fine. Una conclusione logica, molto cinica, ma con la quale non si può che essere d’accordo.

« Te lo ripeto, vendicarsi fa bene alla salute. Ma… che succede una volta che ti se vendicato? Scommetto che il dolore tornerà a cercarti. » (Lee Woo-jin)

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