The Artist recensione del film di Michel Hazanavicius vincitore del Premio Oscar. Un tenero e delicato omaggio al mondo del Cinema hollywoodiano degli anni ’30 che parla anche al presente. Jean Dujardin (Oscar come miglior attore) racconta la parabola di una star del muto che subisce l’avanzata inesorabile del sonoro e la fine della sua carriera. Sarà l’incontro con una giovane star nascente (Bérénice Bejo) a ridargli speranza nel futuro e nelle sue possibilità.
Hazanavicious mette in scena un ritratto ineccepibile dell’atmosfera di quell’epoca intramontabile. Lo fa con un lavoro egregio in tutto il comparto tecnico e costringendo gli attori a recitare alla maniera del Cinema Muto. Ne esce un’operazione nostalgica di grande impatto e sicura efficacia che ha conquistato cinque statuette agli Academy Awards del 2011. Vediamo di analizzarlo nel dettaglio.
The Artist: recensione del film Premio Oscar di Hazanavicius
Una favola in bianco e nero
Abbandonato dalla moglie, dimenticato da quel mondo di lustrini che lo aveva reso una leggenda, George cadrà in una spirale di depressione. Al suo fianco solo un adorabile cagnolino, sua spalla inseparabile anche sul set. Ironicamente, proprio la giovane Peppy si è vista valorizzare dall’avvento del sonoro ed è diventata una celebrità. Non riuscendo a dimenticare l’uomo che per primo la aiutò nel suo percorso decide di ricambiare il favore, prima che sia troppo tardi.
La difficoltà di tornare al Passato
Non è facile girare un film come The Artist. Hazanavicius, che prima di questo successo era famoso solo in Francia per alcune parodie di 007, è dovuto tornare alle origini. Girare senza l’uso del sonoro, limitando al massimo i movimenti di macchina e puntando sulla musica (vedi lo stupendo motivetto di Ludovic Bource). L’intera pellicola è girata a 22 fotogrammi al secondo in modo da renderla leggermente “accelerata” nel passaggio a 24 e non vengono usati espedienti come lo zoom perché, negli anni venti, non esistevano. Il regista sceglie un approccio filologico perché non vuole solo puntare su “cosa” raccontare ma anche su “come” farlo.
The Artist e il Mondo che Cambia
The Artist trae ispirazione dalla figura di John Gilbert. Superstar del Cinema Muto, amante di Greta Garbo, morì a trentotto anni per un infarto dovuto all’abuso di alcool. Il suo problema? Una voce stridula, troppo acuta, inadatta al suo aspetto fisico. L’arrivo del sonoro gli stroncò la carriera e lo fece crollare nella polvere dalla quale non riuscì più a risalire. Hazanavicius rievoca questo personaggio sopratutto nel terzo atto del film, raccontando il crollo del suo Valentin come di un uomo messo all’angolo da un progresso che aveva sottovalutato. L’obiettivo del regista, però è più sottile della semplice rilettura di una storia vera.
Il personaggio di George Valentin è incapace di comunicare. Non si trova a suo agio con le parole, preferisce esprimere ciò che pensa a colpi di sorrisi e sorprese. Non è un caso che sia vicino solo al suo cane (con il quale non serve parlare) mentre la mancanza di comunicazione è una delle cause dell’allontanamento di sua moglie. Quando la necessità di usare la voce diventa fondamentale anche nel suo lavoro lui la rifiuta. Cerca di evitarlo auto producendo un film lontano dalle “nuove mode” e subisce un cocente flop. Presto verrà circondato da suoni che lo spaventano, lo atterriscono perché lui non sa come affrontarli, li percepisce in maniera distorta. Il Progresso visto come fonte di una alienazione personale che potrebbe uccidere se non intervenisse quella Poppy, figlia della Nuova Leva, che saprà aiutare George a trovare una nuova strada.
The Artist: Recensione – In Conclusione
The Artist è stato percepito da molti come un esperimento cinematografico fine a se stesso. Il genere di critica mossa a film come Gravity che nascono principalmente come puro virtuosismo che si poggia su storie esili. Eppure, dietro l’evidente intenzione da parte di Hazanavicius, di realizzare un omaggio ineccepibile al Cinema Muto, il film gioca su diversi piani di lettura. Brillante analisi della difficoltà di comunicazione ma anche acuto ritratto di come il mondo della celluloide sia sempre passato attraverso cambiamenti radicali. Chi oggi si scanna sulla presunta “Morte del Cinema” di fronte all’avvento dello streaming potrebbe stupirsi nel ritrovare i medesimi toni apocalittici anche ai tempi dell’avvento del sonoro.
The Artist racconta un mondo dello spettacolo che forse non esiste più in termini formali ma ancora attuale nella sua costante necessità di cambiamento e di evoluzione al passo con i tempi. Chi si lamenta è perduto e l’unica cosa che può fare, come accadrà al valente George Valentin, è voltare pagina, nel bene e nel male.
The Artist
Voto - 8
8
Lati positivi
- Strepitosa cura nel ricreare l'atmosfera del Cinema Muto
- Attori sconosciuti perfettamente diretti
Lati negativi
- Come ogni film sperimentale la trama può sembrare molto banale
- Può essere facilmente interpretato come un esperimento tecnico fine a se stesso