The Boys in the Band: recensione del nuovo film Netflix con Jim Parsons

Sette uomini omosessuali festeggiano il compleanno di un amico, tra qualche bicchiere di troppo e rivelazioni inaspettate

Alcuni anni fa Netflix strinse un accordo con Ryan Murphy per la produzione esclusiva di film e serie tv originali, da distribuire sulla piattaforma per la modica cifra di 300 milioni di dollari. Da allora Murphy ha dato vita a prodotti come The Politician, Hollywood e la recente Ratched. D’altronde stiamo parlando del produttore di serie di successo come Glee, American Horror Story e molte altre. Questa volta è il turno di The Boys in the Band, di cui vi proponiamo la nostra recensione. Tratto dall’omonima opera teatrale del 1968, racconta di una festa di compleanno tra amici che porta alla luce avvenimenti vecchi segreti. Il film, così come la produzione teatrale, vede protagonisti sette uomini omosessuali e, nel raccontare la loro storia, spazia tra tematiche quali l’omofobia, l’amore e l’accettazione di se stessi.

Per gli anni in cui fu messa in scena, The Boys in the Band era una storia molto all’avanguardia; il primo adattamento cinematografico – distribuito nel 1970 – fu uno dei primi film a trattare la tematica dell’omosessualità. La pellicola è diretta da Joe Mantello, che ha già collaborato con Murphy per la serie Hollywood nelle vesti d’attore. Mantello, inoltre, nel 2018 ha diretto la prima produzione di Broadway dell’opera vincendo addirittura un Tony Award al miglior revival dell’opera teatrale. Il cast del film, composto esclusivamente da attori omosessuali, vede gli stessi interpreti che hanno realizzato la pièce a Broadway. Tra questi vi sono anche nomi noti come Jim Parsons (The Big Bang Theory) e Zachary Quinto (Star Trek).

Indice

Trama: un’assurda festa di compleanno – The Boys in the Band recensione

In un appartamento di New York 7 amici si riuniscono per festeggiare il compleanno di uno di loro, Harold. Micheal (Jim Parsons), il proprietario di casa, organizza i preparativi per la festa quando riceve la telefonata da un vecchio amico dell’università, Alan. Questi rivela all’amico di dover confessare un terribile segreto e, scoppiando in lacrime, chiede di incontrarlo. Sentendo le parole di Alan, Micheal decide di ospitarlo nonostante il compleanno di Harold.  All’arrivo di Alan le cose precipitano; palesemente in stato confusionale, l’uomo si trova di fronte ad uno scenario inaspettato. Egli infatti non era a conoscenza dell’omosessualità dei suoi amici.

Nonostante l’avvertimento di Micheal, infatti, gli uomini non celano completamente il loro orientamento e questo porta Alan ad insospettirsi. La situazione inizia a scaldarsi e provocato da Emory, particolarmente effeminato e sopra le righe, l’amico di Micheal scoppia in uno scatto d’ira e lo aggredisce brutalmente. Alla vista di questo scenario raccapricciante Micheal va su tutte le furie e costringe i presenti, compreso Alan, a partecipare a un subdolo gioco. Ognuno di loro dovrà telefonare all’unica persona che abbia realmente amato nel corso della propria vita e dichiararsi. Questo tirerà fuori storie ormai dimenticate e porterà i presenti, ormai sbronzi, a sconvolgenti rivelazioni.

7 personaggi bastano e avanzano – The Boys in the Band recensione

The Boys in the Band è la storia di un gruppo di uomini omosessuali nella New York degli anni 60′. La festa in casa è un espediente per mettere in scena una grande discussione su vari temi; durante la visione sembra è pensare che il film sia tratto da un’opera di quegli anni. In passato, infatti, l’omosessualità era stigmatizzata e raramente un prodotto come questo veniva approvato. Tutte le discussioni sull’omofobia, il razzismo e l’accettazione nascono dalla varietà di carattere dei personaggi. Ognuno dei sette ha una sua personalità ben definita, che viene accentuata ancor di più dalla componente estetica dovuta al vestiario dei personaggi. Tutti hanno una storia da raccontare e un passato fatto di ingiustizie e amori falliti. Bernard è un omosessuale di colore e oltre ad essere discriminato per il proprio orientamento lo è anche per la propria pelle.

Emory invece è particolarmente effeminato ed è considerato ripugnante dalla società; Harold fatica ad accettare la sua natura mentre Larry ed Hank stanno vivendo una crisi di coppia. Le personalità così spiccate, e il background che viene man mano rivelato, non solo permettono di sviscerare varie tematiche in modo mai banale, ma rendono la storia molto affascinante. I personaggi che spiccano su tutti sono sicuramente quelli di Harold e Micheal: due amici molto legati che continuano a ferirsi e schernirsi. Harold deve combattere contro la paura di invecchiare e perdere la cosa di cui va più fiero, la sua bellezza. Micheal non è mai riuscito ad accettare la propria omosessualità e da anni segue una terapia di psicoanalisi. La vera forza di questo film sono i suoi personaggi, le loro storie, i loro amori e soprattutto la loro sofferenza.

the boys in the band recensione

The Boys in the Band. Ryan Murphy Productions.

Buona l’opera, meno l’adattamento – The Boys in the Band recensione

La pellicola ha un’impostazione teatrale, sia nella costruzione del set, sia nei dialoghi che nello scarso utilizzo della colonna sonora. L’intera storia è ambientata nella casa di Micheal e i personaggi non si muoveranno da lì. L’arrivo dei sette personaggi è graduale; man mano che la serata avanza altri ospiti arrivano e altri personaggi entrano in scena per non abbandonarla più. La stessa scrittura dei dialoghi ricorda lo stile teatrale. Le battute sono molto articolate; lo scambio di offese tra Micheal ed Harold, poi, risulta incredibilmente lungo e poco spontaneo. I personaggi pronunciano discorsi interi senza interruzione mantenendo la parola per molto tempo, quasi fosse un monologo. Il risultato è di conseguenza poco credibile.

Un film come The Boys in the Band non poteva essere adattato diversamente, dal momento che la vicenda si svolge tutta in una casa; ma se si fosse posta maggiore cura nell’adattamento dei dialoghi dei personaggi il tutto sarebbe stato alleggerito. C’è da dire infatti che la durata è di ben due ore e, per quanto la storia sia interessante, l’impostazione teatrale data alla pellicola rende il tutto più pesante, e c’è il rischio che l’attenzione dello spettatore cali. Per concludere la nostra recensione di The Boys in the Band, diciamo che il film racconta una vicenda profonda ed emozionante, rivelando però alcuni difetti. Il ritmo è a tratti troppo lento e il film si trascina un po’ stancamente; ma la forza della storia e l’incredibile lavoro svolto dagli attori riescono a produrre un risultato, pur non eccelso, abbastanza soddisfacente.

 

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The Boys in the Band

Voto - 6.5

6.5

Lati positivi

  • Prestazioni attoriali
  • Tematiche trattate

Lati negativi

  • Impostazione teatrale troppo marcata
  • Ritmo troppo lento

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