The Hunt: recensione del thriller scritto da Damon Lindelof

Caccia all'uomo politicamente (s)corretta nel film diretto da Craig Zobel

Tra i moltissimi titoli che non hanno potuto godere della distribuzione nelle sale troviamo The Hunt, di cui vi parliamo in questa recensione. Una macabra caccia all’uomo che offre uno spaccato sociale dell’America con un mix di splatter e umorismo grottesco. Il film segna il ritorno alla sceneggiatura per il grande schermo di Damon Lindelof (Lost, The Leftovers), dopo Tomorrowland – Il mondo di domani (2015); accanto a lui Nick Cuse (figlio di Carlton, celebre anch’egli per Lost) e Craig Zobel dietro la macchina da presa.

Il film prodotto dalla Blumhouse è l’adattamento cinematografico di La partita più pericolosa (The Most Dangerous Game), racconto breve di Richard Connell. Nel cast di The Hunt figurano i nomi di Betty Gilpin (GLOW), Hilary Swank (due volte premio Oscar per Boys Don’t Cry e Million Dollar Baby) e Emma Roberts (American Horror Story). Scopriamo in questa recensione di The Hunt, disponibile in Italia negli store digitali, cosa ha funzionato e cosa no.

Indice

The Hunt, la recensione

Immaginate di ritrovarvi dal nulla in un posto sconosciuto, senza sapere come ci siate finiti e cosa sia successo. Questo è quello che succede ad una dozzina di sconosciuti che si ritrovano nella “Tenuta“, un parco mai visto prima, senza la minima idea di come ci siano arrivati. Gli uomini e le donne coinvolti si troveranno ben presto davanti ad una grande quantità di armi, ignari di quale sia l’utilizzo che dovranno farne. La realtà inizia a farsi più chiara quando, dal nulla, degli spari interrompono il silenzio delle vittime e alcune di esse inizieranno a perdere la vita nei modi più disparati. I poveri ostaggi capiranno ben presto che le armi date loro in dono servono per difendersi da una vera e propria caccia all’uomo.

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The Hunt. Blumhouse Productions

Tra trappole disseminate in giro, fedeltà reciproca precaria e tanto sangue, la situazione porterà a galla numerosi interrogativi. Cosa hanno fatto per esser lì? Cosa spinge a metter in piedi questa caccia tanto crudele? Crystal, uno dei bersagli, sembra esser l’unica capace di destreggiarsi per trovare la risposta. Ma ben presto capirà che il gioco vede coinvolti tutti, cacciati e cacciatori. E che l’élite che rappresenta questi ultimi ha alle spalle una storia che si intreccia con quella dei malcapitati.

Caccia politica – The Hunt, la recensione

Le creature di fuori guardavano dal maiale all’uomo e dall’uomo al maiale e ancora dal maiale all’uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due.

Nel citare La fattoria degli animali di Orwell – così come viene fatto nel film – comprendiamo meglio il senso del potente messaggio che The Hunt nasconde dietro la sua maschera grottesca. Chi è la vittima e chi il carnefice, nel momento in cui ogni reazione deriva da un’azione precedente? Chi siamo noi e chi sono gli altri quando il confine che separa il bene dal male diventa sempre più labile? È certamente interessante lo spunto, per quanto spigoloso, soprattutto se in relazione con la delicata questione della libertà di parola nell’era digitale. Queste domande, sapientemente, vengono nel film relazionate alla tematica narrativa della caccia all’uomo – in questo caso, al conservatore –  certamente tra le più attraenti della letteratura e del cinema distopico. Lindelof, così come fatto con Watchmen, riesce ad elaborare ogni elemento, appropriandosene per proporlo in chiave strettamente contemporanea. Indagando così la società e le sue azioni.

Facendolo, però, soffre del passaggio dal piccolo al grande schermo, specie nel risicato runningtime a disposizione. Ciò che ne risulta è un prodotto che tenta costantemente di portarci verso un allegorico messaggio socio-politico che spesso sposta l’attenzione dalla storia primaria, appesantendo parte della visione e del film. Ci si accorge della difficoltà nell’esposizione della tematica nel momento in cui essa ci viene quasi spiegata e didascalizzata all’estremo. Ed è questo il principale passo falso: il voler portare all’attenzione, con troppa fretta, una chiave di lettura che avrebbe nettamente funzionato meglio se fosse rimasta tra le righe. Ma ciò, pur affaticando e rallentando la fruizione, intacca solo parzialmente la godibilità e l’intrattenimento di un prodotto che fa della goliardia e del ritmo forsennato il suo vero punto di forza.

Il bene e il male universali

La scrittura, pur balbettando nel messaggio di fondo, riesce nel complesso a dare mordente ad un’opera che intrattene piuttosto bene e coinvolge. È proprio quando si prende meno sul serio che The Hunt mostra il suo lato migliore. Certo, alla lunga proprio alcune scelte verso il nonsense potrebbero sembrare esagerate e confuse (e forse lo sono davvero). Alla fine della visione, però, alleggeriscono decisamente il carico, intrattenendo e rendendo il film più godibile. Perché se è vero che la messa in scena risulta spesso confusa, è inequivocabile il divertimento che essa riesce a generare; specie attraverso lo splatter, contemporaneamente sia fuori luogo che l’idea più adatta, e le scene d’azione coreografate sfruttando ogni elemento possibile per inscenare ilarità.

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The Hunt. Blumhouse Productions

La costruzione stessa dei personaggi – macchiette stereotipate, buoni o cattivi che siano – rende più leggero il meccanismo di fruizione, pur calcando la mano sulla satira e lo scherno. Di supporto alla causa è certamente Betty Gilpin, che riesce a emergere grazie ad una presenza scenica eccezionale, calandosi perfettamente in un personaggio che, per quanto enigmatico dall’inizio alla fine, attira su di sé le attenzioni grazie soprattutto alla capacità comunicativa del proprio corpo. Un’eroina – o meglio, antieroina – di stampo tarantiniano (in certe sequenze è impossibile non rivedere la Beatrix Kiddo di Uma Turman), che nella sua imprevedibilità gioca un ruolo fondamentale nell’intrattenimento da puro b-movie che offre The Hunt.

Considerazioni finali – The Hunt, la recensione

A conclusione di questa recensione di The Hunt, ci sentiamo di consigliare il film disponibile negli store digitali. Il film di Craig Zobel riesce ad intrattenere con una storia frenetica, distopica e ai limiti della logica; lo fa grazie ad una protagonista carismatica ad un cast di ottimo livello che riesce a colmare i difetti di una sceneggiatura confusa e troppo didascalica. Nel complesso, però, grazie all’azione, al ritmo forsennato e al divertente e sanguinolento contesto il film riesce a convincere e ad intrattenere.

Un’opera forte, sia per impatto visivo che tematico, che si veste da thriller impegnato ma che dà il suo meglio nei momenti in cui si prende meno sul serio; facilitando così la digestione di un pasto – il messaggio socio-politico più profondo – masticato troppo velocemente. The Hunt poteva divenire, riflettendoci bene, un possibile specchio dell’America trumpiana e della sua società ma ha pensato di adagiarsi sugli allori di un thriller splatter che più che verso l’horror tende alla parodia. E scegliendo questa via, alla fine dei conti, non gli è andata neanche così male.

The Hunt

Voto - 7

7

Lati positivi

  • Betty Gilpin: l’attrice interpreta eccezionalmente una protagonista carismatica e intrigante
  • Un massacro all’insegna della risata: splatter e situazioni surreali intrattengono con piacere

Lati negativi

  • Ai quattro venti: il tema socio-politico, nella suo esser così didascalico, perde di incisività
  • Forse il generale clima di frenesia potrebbe risultare, ad alcuni spettatori, fuori luogo e di troppo

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