The Prodigy – Il figlio del male: recensione del film di Nicholas McCarthy

Eccovi la recensione di “The Prodigy”, horror che tratta il tema della reincarnazione

The Prodigy – Il figlio del male è il film protagonista di questa nostra nuova recensione. Il film è diretto dal regista Nicholas McCarthy, specializzato in ambito horror. Il suo esordio alla regia è datato 2012 con il film The Pact, dopo non poche difficoltà attraversate per entrare nel mondo dell’industria cinematografica. Nel 2014, due anni dopo, arriva il suo secondo lungometraggio, At the Devil’s Door. Grazie ad esso, McCarthy comincia ad essere identificato come un amante del genere. In questo nuovo lavoro il regista ci propone la storia drammatica di una giovane coppia e di loro figlio Miles, il quale manifesta disturbi comportamentali. La madre di Miles, Sarah, comincerà a notare in lui atteggiamenti sempre più inquietanti, i quali la condurranno verso scelte difficili e terribili rivelazioni. The Prodigy – Il figlio del male è stato sicuramente un titolo molto atteso dagli amanti dell’horror, giunto in sala in Italia il 28 Marzo.

The Prodigy recensione: trama e fonti d’ispirazione

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Siamo nella Contea di Montgomery, Ohio. Una normalissima famiglia composta da Sarah (Taylor Schilling) e John (Peter Mooney) festeggia la nascita di loro figlio Miles (Jackson Robert Scott). Con l’avanzare dell’età però si rafforza sempre di più nei genitori la convinzione per cui Miles sia un ragazzo “speciale”. Inizialmente appare solo come un giovane molto più intelligente rispetto alla sua età, il che di per sé non rappresenterebbe affatto un problema. Tuttavia, la coppia continua a notare atteggiamenti inquietanti e sinistri in Miles, fino a quando i sospetti di qualcosa di macabro non diventano certezze.

The Prodigy – Il figlio del male non è né il primo film a trattare il tema della possessione (L’esorcismo di Hannah Grace, The Possession, ecc) né ad avere come protagonista un/a bambino/a (L’esorcista, The Ring, ecc). Proprio il cult senza tempo di Friedkin, da quanto dichiara lo stesso regista, è il film che più di tutti l’ha introdotto al genere horror. Sicuramente una differenza sostanziale sta nell’entità della possessione. Mentre spesso è il Demonio ad entrare nel corpo del malcapitato, in questo caso abbiamo a che fare con una reincarnazione. A tornare in vita tramite il corpo di Miles infatti è il serial killer Edward Scarka, morto lo stesso giorno del concepimento del ragazzo.

Ruolo di primo piano lo svolge in particolar modo la madre di Miles, Sarah, interpretata egregiamente da Taylor Schilling. Lo stesso McCarthy ha più volte espresso la sua ammirazione per personaggi femminili di spessore negli horror, come ad esempio Mia Farrow in Rosemary’s Baby. Sarah, contestualmente alla pellicola, rispecchia proprio questo ideale, avendo lei stessa nelle mani la chiave per la risoluzione della sventura caduta su suo figlio.

The Prodigy il figlio del male recensione: analisi

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Si può affermare con tranquillità che le prove attoriali sono il grande (ed unico) elemento di spicco del film. Taylor Schilling è conosciuta al grande pubblico per essere Piper in Orange Is the New Black, parte che gli è valsa la candidatura ai Golden Globe e agli Emmy. Il giovane Jackson Robert Scott invece ha interpretato George Denbrough nel recente remake It. Entrambi appaiono fortemente motivati e ben immersi nella loro parte, in particolar modo il giovane nei panni di Miles. Il volto di Scott riesce molto bene ad infondere un profondo senso di disagio e paura, grazie ad un’inespressività che mantiene lo spettatore costantemente sul chi va là.

A ciò bisogna però accostare un banale intreccio e una trama che ritrova un po’ di vigore solo verso la parte finale della pellicola. La storia è vista e rivista e quello che potrebbe essere l’elemento di novità (la reincarnazione) viene sfruttato marginalmente. Invece di una tensione più sapiente ed elaborata (viene in mente The Witch) si opta per uno sviluppo più canonico della trama, a tratti un po’ forzato, arricchendo il tutto con i classici e banali jumpscare. The Prodigy – Il figlio del male tuttavia è forte di una regia ben concepita e di una colonna sonora avvolgente, frutto del compositore Joseph Bishara.

The Prodigy recensione: conclusioni

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Concludendo la recensione, The Prodigy – Il figlio del male lascia forse in fin dei conti l’impressione di un’occasione mancata. I presupposti tematici per un horror innovativo e mai visto c’erano, ma il prodotto finale non rispecchia le attese. Parliamo quindi di un film scadente? Assolutamente no. Seppur schiavo di uno schema molto convenzionale, il film durante i suoi 92 minuti non annoia mai. Il cast è in stato di grazia ed i personaggi risultano molto credibili, al contrario di alcune reazioni umane dei protagonisti forse un po’ azzardate.

Nicholas McCarthy da grande appassionato del genere ci propone quindi un film che segue il gioco ma non mischia le carte in tavola. Le speranze, specialmente in un genere saturo come l’horror, è quello di vedere un cambiamento, un qualcosa che esca dagli schemi assumendosi anche dei rischi. The Prodigy – Il figlio del male sicuramente non è nulla di tutto ciò ma per lo spettatore senza pretese, in cerca del puro e semplice spavento, questo film non può che fare al caso suo.

The Prodigy - Il figlio del male

Voto - 6

6

Lati positivi

  • Performance del cast
  • Atmosfera

Lati negativi

  • Poco originale
  • Jumpscare banali

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