Un lungo viaggio nella notte: recensione del noir di Bi Gan

Un'affascinante e misterioso viaggio tra sogno e realtà, tra passato e presente

Il nome Bi Gan in Italia non è certamente tra i più noti. Pur avendo all’attivo due soli lungometraggi, il giovane regista cinese è una delle promesse del cinema orientale, specie di quello cinese. Il suo primo film, Kaili Blues (2015) ha fatto in meno di un anno incetta di premi. Tra essi il premio FIPRESCI e quello per il miglior regista esordiente al Festival di Locarno. Colpito fin da giovane da Tarkovskij e dal suo Stalker (la cui influenza è evidente nelle sue opere) il cineasta ha iniziato il suo percorso con una chiara ed evidente idea del linguaggio filmico. In questo articolo la recensione di Un lungo viaggio nella notte (Long Day’s Journey into Night). Presentato nel 2018 nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes, il film arriva finalmente in Italia grazie a Movies Inspired. La data di distribuzione è fissata per il 30 luglio.

Luo Hongwu (uno straordinario Huang Jue), ex gestore di un casinò che a causa del decesso del padre torna dopo dodici anni nel luogo in cui è cresciuto, Kaili. Qui i ricordi inizieranno velocemente a riaffiorare, portando l’uomo a ripensare alle persone che non fanno più parte della sua vita, le quali non sono però mai andate via dai suoi pensieri. Tra essi l’amico soprannominato Gatto Randagio, vittima per mano della criminalità di un assassinio tutt’oggi impunito. Il volto che però Luo Hongwu non potrà mai dimenticare è quello di una donna, la giovane e misteriosa Wan Qiwen (Tang Wei, conturbante femme fatale), della quale non ha più notizie da tempo. Una volta tornato a Kaili, intenzionato a cercarla, l’uomo dovrà però affrontare un compromettente percorso di rivalutazione del passato, in cui tutto potrà assumere un diverso significato. Scopriamo di più in questa recensione di Un lungo viaggio nella notte.

Indice

Sogno o son desto – Un lungo viaggio nella notte, la recensione

Non era semplice ripetersi, specie dopo un esordio clamoroso come Kaili Blues. Con Un lungo viaggio nella notte Bi Gan resta fedele alle tematiche principali esposte nel primo lungometraggio e al contorto impianto narrativo, esasperando però entrambi. L’opera presentata a Cannes non è di facile fruizione – pur avvicinandosi maggiormente allo spettatore rispetto al precedente lavoro – ed è certamente più ambiziosa. Se c’è una cosa che è chiara alla fine del film, quella è la visione di cinema di Bi Gan (che, per la precisione, ha 31 anni); un cinema che guarda a quello di Wong Kar-wai e di Antonioni ma che, anche nella citazione, riesce a trovare una propria identità, un proprio tratto indiscutibilmente personale. A tratti troppo personale, per qualcuno. Ed è il suo essere inizialmente inaccessibile nei contenuti e nelle intenzioni a proiettare questo titolo in una dimensione surreale; fuorviante quanto attraente.

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Un lungo viaggio nella notte. Zhejiang Huace Film & TV, Dangmai Films, Huace Pictures

Colpisce maggiormente, del resto, la sua capacità di comunicare attraverso storie non lineari e complesse da districare nei loro collegamenti. Si parte sempre da plot più o meno semplici come la ricerca di un amore perduto o la riscoperta del proprio passato. Ma parallelamente alla costruzione della vicenda subentrano piani narrativi che ci mostrano eventi passati, forse futuri, intersecandosi con il tempo del racconto e creando un vortice di apparizioni fugaci che seducono e respingono per la loro parziale impenetrabilità. Un lungo viaggio nella notte, portando all’estremo il già impeccabile lavoro fatto con Kaili Blues, fonde la realtà con il sogno. Cosa è reale? Cosa non lo è? Ma soprattutto cosa di ciò che sogniamo lo è? L’opera di Bi Gan, in fondo, affronta anche l‘illusorietà e la transitorietà – come un fuoco d’artificio – del sogno –  e forse dello stesso cinema.

Un lungo viaggio nei ricordi

Cercare una risposta ad una prima visione, però, potrebbe non essere la scelta migliore. Perché ciò che Bi Gan e il suo cinema ci insegnano è soprattutto il lasciarsi andare. Il godersi le sensazioni provate un lasciandosi ammaliare dalle immagini. Se così si fa, l’opera travolge per tutta la sua durata, prima catturando con la composizione visiva e la colonna sonora, poi catapultando in un percorso finale attraversato tutto d’un fiato. Un lungo viaggio nella notte ha il potere di stimolare una riflessione (prevalentemente dettata dall’iniziale necessità di unire i puntini) che, post-visione, non può che portarci a volerlo rivedere e a farci trasportare di nuovo dal flusso di emozioni. Un film che mette nuovamente in scena quel tanto evidente amore per Kaili, città natale del regista. Quella Kaili ancora una volta luogo in cui lo spazio e il tempo trovano una nuova forma.

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Un lungo viaggio nella notte. Zhejiang Huace Film & TV, Dangmai Films, Huace Pictures

La forza del ricordo e l’eterno ritorno del passato stanno alla base del film; temi che, oltre alle evidenti e bellissime analogie visive, lo legano intensamente al cinema di Wong Kar-wai. Memorie che si incastrano con il presente portando a non distinguere più la temporalità degli eventi; riuscendo però a incuriosire e a spingerci a cercare una risposta che forse non avremo mai e forse non non sarà mai completa. La forza dell’opera sta oltre la sue superficie e nei suoi dettagli, neanche visibili ad un primo sguardo ma profondamente importanti se relazionati. Un viaggio che, anche grazie alla potenza di certe immagini suggestive, dissemina da buon noir gli elementi per una risoluzione che prova a chiudere ogni cerchio in un’onirica seconda metà encomiabile.

Questione di tempo – Un lungo viaggio nella notte, la recensione

Il viaggio della seconda parte è il folle, ma perfettamente riuscito, azzardo di Bi Gan: un flusso non solo narrativo, alla scoperta di indizi, ma soprattutto visivo. Uno straordinario piano sequenza della durata di 59 minuti (tutta la seconda parte, fino alla conclusione) difficile da dimenticare. Il miglior modo per mettere in scena il percorso di un uomo, nella sua mente e nei suoi sogni, è viverlo come lo vive lui, insieme a lui. Il piano sequenza messo in piedi dal regista cinese non solo ci lascia immergere maggiormente nella vicenda ma soprattutto permette agli spazi e alle ambientazioni orientali, sia urbane che periferiche, di avvolgerci con il loro fascino. Un eccezionale lavoro coreografico, tecnico e registico che nelle ultime battute del film riesce a stupire nuovamente con una sequenza finale di rara bellezza e potenza visiva.

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Un lungo viaggio nella notte. Zhejiang Huace Film & TV, Dangmai Films, Huace Pictures

Perché il tempo e il ritmo sono fondamentali nel cinema di Bi Gan; quel tempo che nel cinema può presentarsi sotto le più disparate forme – e tra esse anche quella che fonde tempo del racconto e tempo della storia. Così come si fonde la realtà dello spettatore con quella del protagonista, nella geniale intuizione di riprendere il piano sequenza in 3D; facendolo iniziare proprio quando Luo, in un cinema, indossa gli occhiali per la visione tridimensionale – generando una seconda parte che è quasi un film a sé, un sogno a sé. Un lungo viaggio nella notte è indubbiamente un’esperienza unica, della quale capiremo il valore con il tempo e che forse, come i protagonisti dell’opera, torneremo a cercare. Come recita uno dei personaggi non sapremo mai quali storie sono vere e quali false. Se raccontate così, però, resteremo sempre ad ascoltarle. E le parole non basteranno mai.

Un lungo viaggio nella notte

Voto - 9

9

Lati positivi

  • I 59 minuti di piano sequenza in 3D: un azzardo incredibile riuscito nel migliore dei modi
  • L’intreccio che, pur stimolando una riflessione spesso frustrante per arrivare alla totale comprensione, seduce e appassiona per tutta la durata
  • L’atmosfera ricreata alla perfezione da una scrittura che sfrutta tutti gli elementi – dalle comparse alle ambientazioni, fino all’abbigliamento – per mettere in scena un meraviglioso viaggio

Lati negativi

  • La struttura narrativa e l’inaccessibilità di certi contenuti possono allontanare parte degli spettatori

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