Joy: recensione del film Netflix

Recensione di Joy: nuovo film Netflix che racconta la vita difficile di chi emigra in Europa

Joy recensione. Non sappiamo nulla di cosa sia vivere una vita difficile, eppure non facciamo che lamentarci. Ci prendiamo il lusso di giudicare chi è meno fortunato di noi, pur non comprendendone la situazione. Un film come questo serve a ricordarci che siamo fortunati. Netflix fa qualcosa di ambizioso producendo un film del genere. Non si tratta di un dito puntato contro il sistema, né di una denuncia ad una situazione ormai fin troppo presente. Questo film ci invita ad aprire gli occhi, a non pensare che la situazione sia facile come pensiamo.

Il tema dell’emigrazione è molto scottante, come sempre. Ciò che questo film vuole evidenziare è descritto senza voler dare troppo nell’occhio. Non ci sono eccedenze visive, non c’è la volontà di dare spettacolo. Si vuole raccontare, cosa non più tanto banale quando si parla di cinema. La storia trattata non è facile da digerire, per questo si cerca il meno possibile di restituire immagini troppo crude. Non c’è la possibilità di vederlo in lingua italiana, ma la visione è consigliata anche con i sottotitoli. Entriamo ora nel dettaglio di Joy con questa recensione.

Indice

Joy recensione – Trama

Austria, oggi. La vita delle donne immigrate dalla Nigeria non è assolutamente quella che si prospettava alla partenza dal loro paese. Precious è una giovane ragazza che si è da poco lanciata in questo disperato viaggio ed è arrivata in Europa. Le sue speranze erano legate ad una vita fatta di lavori, anche piccoli, utili per guadagnare soldi da mandare in Nigeria. La verità assume contorni totalmente diversi. Precious entra nelle grazie di una Madame: una donna che presta i soldi per viaggiare e mantenersi in Europa a delle ragazze, costrette a prostituirsi per restituirli.

A questo punto entra in scena una figura che si rivelerà importante per Precious: Joy. Joy è una donna che condivide il destino di Precious, che le è stata affidata dalla Madame. Precious inizialmente non accetta la sua condizione, ma Joy la convince a non fare di testa propria e a cercare di saldare il debito per liberarsi. La ragazza sembra entrare nell’ottica di non avere altre possibilità, e lega con le sue colleghe. La svolta si verifica quando la Madame decide di vendere Precious a dei colleghi in Italia. Alla stazione sarà la stessa Joy ad accompagnarla, in modo da ricevere una riduzione del debito.

In questo ambiente dove non si guardano in faccia neanche gli amici, Joy riesce ad affrancarsi dalla Madame. La sua condizione di libertà dura poco, dal momento che la polizia la rintraccia e la rispedisce nel suo paese. Questo accade perché la protezione politica che deriva dall’essere assoggettati alla Madame era finita. In Nigeria la storia non finisce bene, anzi, sembra ricominciare di nuovo da capo.

Joy – Recensione

Uno squarcio sul mondo contemporaneo, su una realtà che non tutti conoscono. La vita di Joy non è facile, ma lei sembra viverla come se fosse assolutamente normale. Quello che quest’opera vuole dirci è che tutto questo non è normale. Non è normale che delle donne siano costrette a vendersi per sopravvivere, quando pensavano di avere una vita normale in un paese nuovo. La regista mette in evidenza l’assurdità di questa situazione in un dialogo in particolare. Nella scena in cui Joy aiuta Precious a rendersi più “appetibile”, le dice che il loro mondo è infido: se potrà saldare il suo debito tradendo la sua fiducia lo farà.

Vige la legge della giungla; ci si può fidare solo di se stessi, e sarà così per tutto il film. Non c’è  la sensazione che la comunità che si crea tra le ragazze sia una solida amicizia: sono colleghe. Precious e Joy legano più delle altre, è evidente, e si aiutano a vicenda, ma la legge della giungla prevale. Quando per Joy le cose sembrano migliorare, grazie ad un uomo che si è veramente innamorato di lei, le tornano alla memoria l’Africa, le sue tradizioni e i suoi legami, che la spingono a rifiutare. L’Africa la vediamo due volte: all’inizio e alla fine del film. L’inizio è molto convincente, con il rituale voodoo per propiziare il viaggio che rende abbastanza bene l’idea.

La fine, al contrario, non offre la stessa sensazione: sembra un video musicale, patinato e quasi incomprensibile. Il film non offre grandi quesiti fino a quel punto: tutto è spiegato, narrato e descritto. Questo finale sembra offrire un’allegoria dell’inflazione e della crisi nigeriana, ma non c’entra quasi nulla col resto del film.

Joy recensione

Joy: recensione – Aspetti tecnici

Non c’è, come detto, nulla che voglia far ricordare questo film per qualche aspetto tecnico. In alcuni punti sembra quasi un documentario. La finalità, del resto, è il racconto, quindi non avrebbe senso farlo passare in secondo piano. In ogni caso un po’ di pulizia in più dell’immagine non avrebbe guastato, dato che è un film che tende a raccontare senza mostrare. Joy viene violentata da un cliente e dei suoi amici, ma di quella scena non si vede nulla. Invece molto efficace è la scena in cui Precious subisce la stessa sorte dai gorilla della Madame. La portano in una stanza, visibile in secondo piano, con l’inquadratura fissa sul volto sofferente di Joy. Non si vede nulla, si sente, e si comprende quanto sia selvaggio questo mondo.

In alcuni tratti può sembrare ridondante o noioso, ma non è certo una questione inerente alla tecnica, quanto al gusto. Il cast è composto di semi-professionisti, e questo rende più vere alcune scene ma meno attraente il complesso. La lingua originale restituisce il divario tra le ragazze, che parlano un inglese trascinato, e gli austriaci che parlano in tedesco anche con loro. Può sembrare un dettaglio, ma è un dettaglio che rende chiaro come chi ospita non si voglia mai mettere al livello di chi è ospitato. La colonna sonora è pressoché inesistente, ad eccezione del finale fuori contesto.

La fotografia ha contorni opachi quasi ovunque; la nitidezza viene affidata a dei colori scuri, mentre le scene africane tendono al rosso. Nel complesso la tecnica non conferisce un valore aggiunto al film, la scelta è far predominare il tema, e il fine viene quasi sempre rispettato.

Joy – Conclusioni

Il consiglio è di vederlo, per capire qualcosa di più sulla realtà in cui viviamo. La premessa è che non è uno di quei film che resteranno nella storia. Il fine di raccontare il disagio di chi lascia tutto cercando fortuna e trova solo un inferno personale viene centrato. Come detto la fine lascia un po’ perplessi: non è ben chiaro il messaggio che vuole trasmettere la scena. Più volte durante il film le protagoniste parlano della loro casa e della loro famiglia. Quando Joy torna in NIgeria, però, è sola e in cerca di qualcosa di poco chiaro. Si capisce invece la conclusione del film, che fa presagire un nuovo inizio.

Un prodotto nel complesso godibile messo sulla piattaforma da Netflix, anche se non avrà il riscontro che meriterebbe per via della lingua. Di scene memorabili ne abbiamo poche, di quelle che dovrebbero mettere a disagio altrettante. Sembra mancare la parte cruda che spesso gioca un ruolo fondamentale nei film che raccontano il marcio del mondo. Si aprono gli occhi sulla realtà che cerchiamo di non vedere, mettendola in luce in uno di quei paesi insospettabili, come l’Austria. Gli occhi di un regista, però, sono diversi da quelli di chi guarda, e stavolta a chi guarda non sembra di poter cogliere il messaggio per intero.

Una prova non facile quella di raccontare la prostituzione per la sopravvivenza. L’impressione, però, è che i report giornalistici o i documentari sull’argomento siano più efficaci. Non escludete la visione per la lingua, ma non pensate di trovarvi di fronte ad un’opera epocale.

Joy

Voto - 6.5

6.5

Lati positivi

  • Scelta tematica coraggiosa
  • Il racconto prevale sulla tecnica

Lati negativi

  • Poco efficace per mancanza di scene madri
  • Il finale

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1 commento

  • Giuls ha detto:

    Non sono d’accordo con la vostra recensione.
    Non mi pronuncio sugli aspetti tecnici, non avendone le competenze.. Ma sul resto mi sento di dire la mia.

    La mancanza della scena dello stupro di Joy è una scelta coraggiosa, coraggiosissima, in una filmografia in cui è inflazionato il sesso (anche coercitivo).

    Il finale è chiaro, chiarissimo. Joy, tornata in Nigeria, non riesce a trovare un lavoro decente; è possibile inoltre che la figlia sia rimasta in Austria.
    La musica, i colori, la festa: elementi in forte contrasto con la solitudine della protagonista, una patina di apparenza – così come l’affrancamento dalla madame – che in realtà nasconde neanche troppo bene lo squallore che permea la vita di questa donna tanto da spingerla, infine, a scegliere nuovamente l’inferno.
    Joy è parte di un sistema malato. Un sistema dove la libertà – la vera libertà – è un miraggio e da dove non si riesce mai a uscire del tutto.

    Vi rigrazio comunque per aver messo in luce questo film, che sicuramente va guardato!

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