Pom Poko: la voce morente della natura nel film di Isao Takahata

Il lamento del vecchio Giappone sulla scia dell'inarrestabile progresso urbanistico

Pom poko è un film d’animazione di Isao Takahata, cofondatore, insieme ad Hayao Miyazaki, dello studio Ghibli. A Takahata dobbiamo capolavori come “Una tomba per le lucciole”, “Pioggia di ricordi” e “La storia della principessa splendente”: opere che lo inseriscono a pieno diritto nell’olimpo dei maggiori registi di film d’animazione di ogni tempo. Ma questo riconoscimento non è diffuso presso il grande pubblico: il regista è menzionato più raramente rispetto al collega Hayao. Tuttavia è grazie a Pom Poko che il grande studio d’animazione usa per la prima volta il messaggio ambientalista come tema fondante della storia stessa. Da questa tematica si diramano le varie stratificazioni della trama. Pom Poko è anche l’ultimo film (risale al 1994), che Takahata girerà secondo uno stile di animazione tradizionale, favorendo sfondi, paesaggi e raffigurazioni realistiche. Da lì in poi infatti, si concentrerà sull’essenzialità di linee e colori.

Pom poko è anche un’onomatopea, un suono designato per definire il rumore prodotto dalle pance dei tanuki e dai loro testicoli (parti dell’animale sacre allo shintoismo). Il regista, utilizzando vari espedienti (come la voce fuori campo), ci accompagna lungo la cronaca di un preciso periodo della storia giapponese. Infatti, il titolo per esteso è “Heisei tanuki gassen Pompoko”, da cui la traduzione letterale “Pompoko, battaglie Tanuki dell’era heisei”. “Heisei” è il nome dato al periodo giapponese successivo al 1989. Nella storia i Tanuki, animali incrocio tra cane e procione, sono capaci di cambiare forma; essi subiscono la riduzione del loro habitat naturale, in seguito a una forte spinta dell’urbanizzazione. Usando i loro poteri si trasformano prima in procioni antropomorfi, poi in esseri umani completi.  Useranno quest’abilità per contrastare l’opera degli uomini e cercare di salvare le proprie terre.

Indice:

Una lotta per la sopravvivenza – Pom Poko

I protagonisti del film sono degli animali. La natura è rappresentata simbolicamente da una società di animali antropomorfi, una società che ha le sue regole, usi e costumi. Un mondo che sta per sparire, schiacciato dallo spasmodico – ma inevitabile –  progresso che sta trasformando il monte Tama in una “terra senza volto”. Così vengono chiamate le nuove terre popolate, colline spianate dalla violenza delle ruspe, destinate a scomparire per lasciare spazio a nuove case, strade e negozi. Il consiglio di guerra dei tanuki si organizza per contrastare gli umani, con lunghe riunioni che finiscono nella goliardia: il tanuki è di per sè un animale gioioso e non interessato alla guerriglia. Tra i personaggi figurano Oroki, anziana tanuki esperta dell’arte del trasformismo, e il vecchio Seizaemon, dispensatore di saggezza.

I protagonisti sono organizzati in due schieramenti. Il primo è capeggiato dal guerriero Gonta, che si serve di azioni eversive e violente. All’altro fa capo Shoukichi, più diplomatico, che usa il trasformismo per spaventare gli umani e far credere loro che la collina sia protetta da una divinità. La preparazione dei giovani tanuki è supervisionata dagli anziani, ed è raccontata secondo un progredire dinamico e l’uso della voce fuori campo. Qui si introduce anche un dualismo tipico dell’azione politica. Da un lato, questa attacca con il fine di danneggiare il nemico, e costringerlo alla ritirata. Dall’altro lato, invece, si appella all’ingegno e alla diplomazia, per trovare sistemi alternativi al mero uso della forza. Entrambe le strategie sembrano funzionare per un po’, ma alla lunga gli operai uccisi da Gonta vengono sostituiti, e le apparizioni dei tanuki trasformisti ignorate.

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Pom Poko. Studio Ghibli

Il manifestarsi di Dio

La storia vuole onorare il pantheon di dei e demoni shintoisti. Questi vengono raffigurati durante una scena iconica: i tanuki trasformisti organizzano un assalto a Tokyo, mutati trasformati in kami (spiriti) giapponesi. Nel film si fa riferimento alla leggenda di Bunbuku Chadama, quando i tanuki si trasformano in teiere. L’animale infatti si trasforma in un oggetto, venduto poi a un monaco per pagare dei debiti. Ma la trasformazione termina quando quest’ultimo lo mette sul fuoco. Si assiste anche a un corteo celeste, nel quale sono presenti divinità fluttuanti sopra le nuvole, elemento che verrà ripreso anni dopo nella Storia della principessa splendente. Un luogo simbolico è anche l’isola di Fudaraku, meta di pace e riposo dalla fatiche mondane, dove si recano i tanuki morenti a bordo di una mitica barca. Nel film sono frequenti anche le citazioni visive a  Kiki – consegne a domicilio o a Totoro.

Un famoso aforisma di Carl G. Jung recita: “Gli dei morti sono diventati malattie”. Lo psicoanalista svizzero lesse sotto una lente psicologica il fenomeno della secolarizzazione, che rende patologico il nostro rapporto con Dio. In Pom Poko, assistendo alla scena sopracitata, si ha la sensazione che avvenga qualcosa di simile. Gli animali, la natura e gli elementi del divino, nell’organizzazione teologica Shintoista, appaiono agli uomini come spiriti. In questo modo tentano di ribellarsi all’azione distruttiva dell’uomo, così da turbare la loro routine. Possibile che i Tanuki siano lì per conto delle divinità? Che vogliano avvertire l’uomo della loro presenza, in un atto di affermazione della loro esistenza dimenticata? Un’ interpretazione del genere non è affatto azzardata, se guardiamo alla millenaria tradizione dello Shinto; questa attribuisce a ogni elemento della natura un posto di rilievo, nella concezione della propria cosmologia.

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Pom Poko. Studio Ghibli

La politica degli alberi

Il significato politico del film dunque è ben chiaro: il tema ambientalista, il conflitto fra tradizione e modernità, il rapporto tra l’uomo e la natura. Possiamo vedere negli eventi narrati una rappresentazione dei piani quinquennali di matrice comunista, o delle agitazioni politiche del ’68, in generale qualsiasi forma di lotta del debole contro il più forte: un dualismo che si ripete nella storia di ogni tempo e luogo. Pom Poko chiede di volgere lo sguardo verso coloro che vengono oppressi. Lo fa anche attraverso una caratterizzazione profonda della società dei Tanuki, attingendo copiosamente alla tradizione secolare giapponese. Ci sono canzoni e filastrocche celebri, nomi di luoghi famosi, specialità culinarie, usi e costumi, come nella migliore tradizione dello studio Ghibli. In un dialogo tra due Tanuki innamorati, la femmina canta un antico motivo musicale: “Sul monte Senba un tempo c’era un tanuki. Ma poi un cacciatore…”

La narrazione si regge sull’incontro di vari aspetti: sociale, politico, religioso. Ci si sente trasportati in una dimensione che può essere apprezzata in misura maggiore dai giapponesi, ma non solo da loro. Ognuno di noi infatti può immedesimarsi nel tanuki il quale, reso umano nei sentimenti e nei pensieri, arriva ad assumere in quest’opera una valenza duplice. Metà uomo e metà bestia, esso è portavoce del “vecchio” giappone e allo stesso tempo della natura perseguitata. Bisogna sottolineare in ogni caso che i tanuki non sono creature invise all’umanità. Non passa mai l’idea di un odio perpetrato verso l’uomo, e sono completamente assenti atteggiamenti fondati sul razzismo. Pom Poko non è racconto contro l’uomo e le sue ambizioni, ma piuttosto una testimonianza relativa a un modo diverso di vedere il Giappone, legato al culto delle proprie radici.

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Pom Poko. Studio Ghibli

La compassione come conquista – Pom Poko

Il messaggio centrale del film sta nel conseguimento del sentimento della compassione. È un grande tema su cui Takahata si sofferma implicitamente lungo tutta la durata della pellicola. Nel finale, alcuni tanuki hanno difficoltà a imporsi contro l’avanzata inarrestabile del progresso; decidono allora di integrarsi tra gli uomini. Si trasformano permanentemente e cominciano a lavorare, alcuni proprio nel settore edilizio che li ha sconfitti. Uno di loro afferma: “Diamine, però ammiro gli umani, come riescono a sopportarla una vita come questa?”. La natura non nemica dell’uomo, ma colei che ci comprende nella nostra difficoltà esistenziale. La compassione diventa così un aggregatore; un ponte che collega all’altro, e che il regista invita a percorrere.

Alcune sequenze del film mostrano la bellezza della natura, filtrata attraverso l’esperienza quotidiana dei tanuki (qui rappresentati in forma realistica). Aspetti malinconici e commoventi, perché ci mostrano degli esseri viventi vittime di un destino avverso. Destino determinato in buona parte dall’uomo, e questo aspetto viene ribadito più e più volte nel film. Ciò rappresenta un invito, da parte del regista, a riconoscere la responsabilità individuale dell’uomo; questo è infatti redarguito, perché avvezzo a coltivare una certa ipocrisia. Lo spettatore viene così condotto a esercitare una maggiore comprensione di sé e della realtà circostante.

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