Il banchiere della resistenza: recensione del film Netflix

Nell'Olanda occupata dai nazisti, due fratelli organizzano una frode bancaria per finanziare la resistenza

Il banchiere della resistenza  è un film del 2018, diretto dal regista olandese Joram Lürsen. Il film è incentrato su una vicenda realmente accaduta, la cui storia rischia di finire sotto una spessa coltre di polvere del dimenticatoio storico. Il film ripercorre le vicende del banchiere Walraven van Hall, il quale finanziò la resistenza olandese durante la Seconda Guerra mondiale.

Nonostante la pellicola abbia parecchi alti e bassi, critiche tecniche che possono portare ad una svalutazione dell’intento di Lürsen, la visione merita una sua chance. Non è semplice, infatti, per un regista ricostruire una storia con poco materiale e, soprattutto, rappresentarla catturando lo spettatore. È giusto riconoscerne la qualità. Il banchiere della resistenza, comunque, non è stato esente da riconoscimenti. Undici Golden Calves, vincendone ben quattro. Inoltre è stato selezionato, come voce olandese, nella categoria di Miglior Film Straniero in occasione della 91esima edizione degli Academy Awards.

Il banchiere della resistenza: la trama

Il Banchiere della Resistenza recensione

Seconda Guerra mondiale. Un paese occupato dai nazisti. Sembra l’incipit  di un film già visto, immersi in storie a cui siamo da tempo abituati. Personaggi già studiati, letti oppure scoperti a seguito della visione di Ulisse  il programma del buon Alberto Angela. Ambientazioni note. Film in cui il regista cerca di estrapolare l’originalità dalla propria bravura stilistica o da qualcosa di non detto. Tuttavia qui è diverso. Il banchiere della resistenza  si apre, sì, all’interno di un Paese occupato. Questa volta, però, è l’Olanda, Stato che più di tutti ha sofferto la dominazione tedesca. Il protagonista è un giovane banchiere, Walraven van Hall (Barry Atsma), che vive con la sua famiglia all’interno di uno scenario difficile. Viene ingaggiato da un membro della resistenza olandese, il quale cerca di richiamarlo ai suoi doveri di cittadino privato della libertà.

Dapprima sembra rifiutare la proposta, consapevole dell’immane rischio a cui andrebbe incontro. Supportato dalla moglie, però, e iniziando ad assistere alle fasi embrionali dell’olocausto, decide di passare all’azione come meglio crede. Imbracciando pistole e fucili? Macché! Walraven van Hall, con l’aiuto del fratello Gijs (Jacob Derving), crea una banca ombra con lo scopo di finanziare la resistenza.

Dà vita, con un abile maestria, ad una vera e propria frode, sottraendo, tramite prestiti, una quantità ingente di denaro dalla Banca Centrale Olandese. Questa organizzazione, col tempo, si ingrandisce sempre più, reclutando membri e aumentando i fondi. Ma i rischi sono sempre dietro l’angolo. Così i due fratelli van Hall devono fare i conti con eventuali tradimenti e minacce da parte dei nazisti. Stando alle stime, Walraven van Hall riuscì ad ottenere una cifra di ben 50 milioni di fiorini olandesi, pari a mezzo miliardo di euro.

Aspetti tecnici: luci e ombre

Il Banchiere della Resistenza: recensione

Il banchiere della resistenza  sfrutta un’ambientazione storica come la Seconda Guerra mondiale, tracciando una vicenda poco conosciuta. Di certo è una trama molto importante e, di sicuro, meritevole di essere narrata. Tuttavia, Joram Lürsen crea un film che sembra non aver rispettato pienamente il suo intento, lasciando una pellicola di luci e ombre. Per la prima metà parte, il film procede a ritmi delicati, leggeri, che rischiano di screditare e sminuire l’argomento, che appare avvincente alle prime battute. Infatti le relative sequenze sono poco ispirate da un punto di vista registico, dal momento che Lürsen si sofferma più sul già noto che sull’aspetto di minor profondità. Anzi, sembra quasi che il piano dei fratelli van Hall e i tratti delle loro personalità siano affrettati.

Ci troviamo dinanzi ad un thriller storico incapace, nei primi istanti, di creare quelle classiche tensioni, non facendo recepire i pericoli dell’impresa. Tuttavia Il banchiere della resistenza  migliora sensibilmente nella seconda metà. Infatti la regia diviene più dinamica, dona enfasi al racconto. Fuoriesce un vero e proprio climax  di emozioni che rende giustizia alla storia. L’asse sembra spostarsi su un viaggio introspettivo, quello del protagonista; un viaggio nell’animo di un marito e padre che si schiera in prima linea. I primi piani aiutano molto, seguono da vicino i personaggi e trascinano dentro la trama, dentro la storia, dentro quell’Amsterdam racchiusa in un clima freddo e di terrore.

Conclusioni

Il Banchiere della Resistenza: recensione

Si può dedurre che Il Banchiere della Resistenza  sia un prodotto riuscito solo in parte. Questo forse a causa di aspetti tecnici e un’introduzione troppo lunga. Però accogliamo il tentativo da parte di Netflix  di creare spazio e varietà ad opere impegnate come il film di Lürsen. Film capaci di riflettere su una dolorosa pagina come la Seconda Guerra mondiale. È un film tutto sommato necessario, meritevole di essere visto per apprendere la storia di uomini comuni che, con coraggio e consapevolezza dei rischi, hanno offerto la vita per la libertà, contribuendo, nel piccolo, a contrastare una delle piaghe più terribile che hanno afflitto l’umanità.

Il Banchiere della Resistenza

voto - 7

7

Lati positivi

  • trama, fotografia
  • originalità tematica

Lati negativi

  • troppo lungo

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *