Dogman: la storia vera che ha ispirato il film di Matteo Garrone

Il regista italiano si è ispirato ad un fatto di cronaca per la storia narrata nel film

Dogman è un film di Matteo Garrone del 2018 che Rai Movie trasmetterà questa sera alle 21:10. La pellicola è stata accolta in maniera molto positiva sia dal pubblico che dalla critica. È stata infatti selezionata per gli Oscar 2019 nella categoria per il miglior film in lingua straniera, ma senza purtroppo rientrare nelle candidature ufficiali. Oltre agli Oscar, il film era in concorso a Cannes 2018 ed è stato presentato al Toronto International Film Festival dello stesso anno. In particolare la critica ha lodato le performance dei due protagonisti, l’attore Marcello Fonte e di Edoardo Pesce. Le vicende narrate in Dogman sono ispirate ad un fatto di cronaca realmente accaduto, scopriamole. 

Dogman 2

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Dogman: la vicenda de “Er Canaro”

La storia raccontata in Dogman è quella di Michele, un uomo dalla natura tranquilla che ha una toletta per cani. Per arrotondare le entrare però Michele spaccia droga con la collaborazione di un pugile locale, Simone. Quest’ultimo però ha sempre vessato Michele, con battute e approfittandosi della sua placida natura fino ad incastrarlo scaricando su di lui la responsabilità di una rapina. Michele, dopo aver scontato la pena ingiustamente, medita vendetta e uccide Simone. Il caso a cui Garrone si è ispirato è il delitto del Canaro, soprannome dato a Pietro del Negri. L’uomo aveva un piccolo negozio di toletta alla periferia di Roma. Proprio come narrato nel film, questo conobbe il pugile Giancarlo Ricci. I due divennero complici di alcune piccola rapine e gestivano lo spaccio di cocaina. 

Ricci però più volte chiese pagamenti di tangenti a Del Negri vessandolo e minacciandolo. Il 18 febbraio 1988 l’uomo stanco delle continua angherie, attirò nel suo negozio l’ex pugile e lo uccise. Dalla confessione dell’uomo, che venne arrestato il 21 febbraio grazie alla testimonianza di un amico di Giancarlo Ricci, emergono particolari inquietanti. Secondo quanto riportato infatti la vittima sarebbe stata rinchiusa in una gabbia per cani e lì torturata e seviziata brutalmente molte volte prima di essere uccisa. Successivamente però, le perizie psichiatriche condotte su Del Negri combinate con l’autopsia sul cadavere, hanno smentito questa versione. L’uomo infatti venne dichiarato affetto da disturbo paranoide accentuato dall’uso costante di cocaina. E fu proprio nel delirio a seguito dell’assunzione che Del Negri immaginò si seviziare il cadavere spinto da vendetta, ma di fatto uccise Ricci colpendolo alla testa. Per l’omicidio venne condannato a 24 anni di carcere ma rilasciato dopo 16 per buona condotta.

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