Boris: recensione della fuoriserie italiana con Francesco Pannofino

Diamo un'occhiata più approfondita alla creatura di Luca Vendruscolo, Giacomo Ciarrapico e Mattia Torre

Se qualcuno è riuscito negli ultimi decenni a raccontare e dipingere la nostra bella nazione, l’Italia, quel qualcuno è sicuramente il trio di sceneggiatori Luca Vendruscolo, Giacomo Ciarrapico e Mattia Torre; menti e penne di quella piccola perla che è Boris, di cui vi presentiamo la recensione. Bisogna subito chiarire: Boris non è una serie come le altre. Né nessun altra serie potrà essere mai come Boris. È fisiologico. I livelli di qualità e di genialità dello show, infatti, difficilmente possono essere eguagliati, e, se qualcuno mai ci riuscirà, sarà riuscito a dar vita, un’altra volta, alla serie italiana perfetta.

Potrà sembrare esagerato, forse lo è. Ma trovare dei difetti in Boris è un’impresa ardua. Allora, meglio non pensare a ipotetici difetti. Immergiamoci nell’analisi degli infiniti pregi che caratterizzano questo gioiello, puntata dopo puntata.

Indice

Benvenuti in Italia

Ritornando all’incipit dell’articolo, se qualcuno volesse avere un quadro preciso del nostro paese, soprattutto nel nuovo millennio, dovrebbe sicuramente guardare Boris. La serie ha la capacità di riempire la propria tavolozza di tutti i colori che caratterizzano il Belpaese, mischiarli e usare i venti minuti di ogni puntata per pennellare virtù (poche) e vizi (molti) che contraddistinguono “l’italiano”. Costui inoltre viene calato in quello che per lui è sicuramente il luogo più ostile: il posto di lavoro. Questa è solo la punta dell’iceberg del messaggio veicolato dagli sketch presenti nella serie. Il luogo di lavoro in questione, infatti, altro non è che il set di una telenovela simil-Cento Vetrine o simil-Vivere. Una parodia di tutti quei dimenticabilissimi programmi televisivi che affollano i pomeriggi e le cene di milioni di italiani.

Il set de “Gli occhi del cuore 2” diventa così il luogo dove i personaggi di Boris passano le loro giornate, portandosi dietro speranze (sempre poche) e frustrazioni (sempre molte) che inevitabilmente danno vita a situazioni al limite del paradossale e del grottesco. C’è chi comanda e chi è comandato. Alcuni raccomandano, ed altri sono raccomandati. C’è chi è ottimista, c’è chi non lo è. Ogni personaggio di Boris rappresenta uno dei tanti archetipi che formano quel grande potpourri che è il popolo italiano. Tuttavia, nonostante spesso i personaggi simboleggino quanto di più sbagliato c’è nel nostro paese, risultano subito simpatici allo spettatore, soprattutto grazie ad una caratterizzazione fatta a regola d’arte.

René Ferretti – Boris, la recensione

A capitanare quella banda di matti che è la troupe di Occhi del cuore 2 troviamo il regista René Ferretti che è, parafrasando un episodio della prima stagione, un capitano al comando della propria nave. Anche se non proprio saldo, nel suo comando. René non è altri che la personificazione del sentimento più percepito e tristemente noto dalla maggior parte dei cittadini italiani: la disillusione. Il regista è conscio che in passato ha avuto dei sogni, delle speranze, delle prospettive. E quei sogni, in alcuni momenti, li ha anche visti esaudire. Ma René ha capito che, nonostante la buona volontà, il talento e i buoni propositi, questo paese è sempre pronto a mettere i bastoni fra le ruote. Anche se si è tra i migliori nel proprio campo.

E così, subito dopo la disillusione, arriva la rassegnazione. E René è rassegnato. È stanco di combattere contro dei mulini a vento che hanno le fattezze di grandi gruppi imprenditoriali che controllano la televisione, che ci vogliono omologati e lobotomizzati. Più facili da controllare, insomma. René è, tuttavia, un uomo corretto, nonostante l’ipocrisia che lo circonda. Fa di tutto per far riuscire bene quello che ha iniziato, nonostante quello che sta realizzando non sia artisticamente valido. Il regista rimane comunque il punto di riferimento per la troupe. Le sue sfuriate ricordano tanto, con le dovute differenze, le ramanzine del dottor Cox di Scrubs (serie cui Boris deve molto). Pannofino presta voce e fisico ad un personaggio che difficilmente sarebbe risultato così emblematico fosse stato interpretato da qualcun altro.

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Boris, Wilder

Chi è il vero protagonista di Boris?

Il protagonista ideale della serie, però, non è il regista René. Ma è Alessandro, colui che rappresenta la generazione dei ventenni-neotrentenni che si è ritrovata, suo malgrado, sfruttata, schiavizzata, sottopagata e annichilita da decenni di malgoverno, di destra e di sinistra. Alessandro è lo stagista. Chi, oggi, fra i ventitre e i trent’anni, non ha provato l’ebbrezza di un tirocinio? Quanti hanno provato l’emozione della precarietà e dell’essere sottopagati, quando, e soprattutto se, si è pagati? Chi, infine, non ha iniziato un lavoro con i migliori propositi e le migliori aspettative, salvo poi cambiare idea poche settimane dopo, iniziando a rassegnarsi e a mettere in dubbio anni di scelte e, perché no, anche se stessi? Alessandro è tutto questo. Alessandro siamo noi giovani, ma già invecchiati, pieni di energia, ma già stanchi e provati da umiliazioni e svilimenti continui.

Nonostante questo, però, ama il set, ama il profumo del teatro di posa e ama chi vi sta dentro, nonostante siano proprio quelle persone a portarlo quotidianamente sull’orlo del delirio. Alessandro ama anche Arianna, l’aiuto regista di Renè. Forte, dura e diretta, Arianna ha superato da poco il periodo di apprendistato e, dunque, rappresenta lo step successivo che dovrebbe aspettare ad Alessandro. E infatti la donna ha già capito come gira il mondo. In generale e, soprattutto, il mondo della televisione. Arianna sa che non c’è tempo e modo per nutrire le proprie passioni, i propri amori. Sarà proprio Alessandro, però, a far titubare la bella assistente di Ferretti, interpretata magistralmente da Caterina Guzzanti. Attorno a questi tre personaggi, che rappresentano i protagonisti veri della serie, ruota un microcosmo di individui quantomeno bislacchi e bizzarri.

Boris recensione

Boris, Wilder

Il microcosmo dei personaggi secondari – Boris, la recensione

Impossibile scrivere questa recensione senza citare gli innumerevoli personaggi secondari che animano il mondo di Boris. Su tutti spicca Stanis, interpretato da un irresistibile Pietro Sermonti. Piccola digressione: Boris ha fatto proprio il concetto di metacinema (nel nostro caso metatelevisione), creando un prodotto televisivo che ha come vero argomento centrale la televisione stessa. Bene, Pietro Sermonti fa qualcosa che porta all’estremo questo concetto: l’attore infatti interpreta un attore che interpreta un medico. Ricorda qualcosa? Beh, per i più giovani, il bel Pietro si è fatto conoscere dal grande pubblico interpretando Guido, medico della nota sitcom “Un medico in famiglia”. L’operazione fatta con Sermonti rasenta il geniale. Il suo personaggio prende in giro quanto da lui stesso fatto negli anni precedenti, e rappresenta una sorta di espiazione per aver preso parte a quella produzione.

Stanis è ironico, strafottente, irriverente, egocentrico ed egomaniaco e non perderà mai l’occasione di mostrarsi sprezzante e superiore agli altri. Impossibile non amarlo. Accanto a Stanis troviamo Corinna, la bellissima Carolina Crescentini, anche lei reduce da alcune produzioni di non certo memorabili come Notte prima degli esami 2 e capace, invece, di impartire una caratterizzazione perfetta della “diva ingiustificata”. Con questo neologismo intendiamo quei personaggi che si credono delle super star senza averne, effettivamente, le capacità. La Crescentini, come tutti quelli che recitano negli Occhi del Cuore, riesce in qualcosa che, agli occhi di un profano, risulta estremamente difficile: recitare male di proposito.

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Boris, Wilder

Gli altri comprimari – Boris, la recensione

A fianco di René troviamo anche un altro personaggio degno di menzione: Duccio Patanè. Interpretato da Ninni Bruschetta, Duccio è il direttore della fotografia del set. Si droga, dorme sempre e non ne vuole sapere di lavorare. Il background è lo stesso di René, tuttavia le differenze fra i due sono evidenti. Il regista affronta con vergogna la propria rassegnazione e la propria disillusione, cercando di combattere con mezzi limitati, per provare a portare un minimo di qualità nel proprio progetto. Duccio sembra invece aver abbracciato con entusiasmo la propria condizione. Emblematica la sua frase, rivolta proprio ad un titubante René, in cui riassume perfettamente una grande fetta di lavoratori italiani:

Ma chi me lo fa fare di lasciare? Qui ti chiedono di lavorare poco e male. E ti pagano bene. Ma chi me lo fa fare?

Potremmo andare avanti a elencare un numero infinito di personaggi, uno migliore dell’altro: Biascica, il capo elettricista, lo schiavo, Itala e altri comprimari che non potranno non restare impressi nella mente. Tra questi, uno dei veri cavalli di razza della scuderia è sicuramente Glauco, interpretato da un ispiratissimo e geniale Giorgio Tirabassi.

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Boris, Wilder

Considerazioni finali

Lo spazio è tiranno, quindi andiamo verso la fine di questa piccola recensione di Boris. L’unica consiglio che possiamo dare è: se non l’avete vista, vedetela. Questa serie è capace di far ridere fino alle lacrime: gli attori in stato di grazia, il ritmo, sempre incalzante e mai monotono e le situazioni, sempre al limite del ridicolo e grottesco regaleranno attimi di ilarità e irriverenza difficili da trovare in altri prodotti. La serie è stata in grado addirittura di far entrare nel vocabolario comune alcuni tormentoni che l’hanno caratterizzata. A cazzo di cane, esticazzi, basito, la locura… si potrebbe andare avanti per ore.

Boris riesce con sagacia a farci ridere ma al contempo riesce a spezzare il riso sulle nostre labbra mostrandoci una società privo di qualsiasi magia. Una società degradata, subdola e in cui le raccomandazioni sembrano l’unico modo per assicurarsi un futuro. Un mondo dove il singolo è disposto a guardare solo al proprio orticello, sempre pronto a fregare il prossimo, per il proprio tornaconto. La qualità viene spesso sacrificata sull’altare del risparmio e del magna magna a tutti i costi.  Perché questa è l’Italia del futuro: un paese di musichette, mentre fuori c’è la morte.

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Boris

Voto - 9

9

Lati positivi

  • Interpretazione degli attori
  • Caratterizzazione dei personaggi
  • Sketch geniali le cui battute sono entrate nel gergo comune
  • Il messaggio profondo che riesce a portare

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