Carol e la fine del mondo: recensione della miniserie Netflix

La nuova serie d'animazione di Netflix affronta l'apocalisse da una prospettiva inedita, tra sprazzi surreali e satira agrodolce

Disponibile dal 15 dicembre su Netflix Carol e la fine del mondo è la nuova miniserie di animazione della piattaforma. Una commedia esistenziale che affronta di petto un cataclisma imminente con risvolti decisamente inaspettati e originali, tracciando – in maniera surreale e corrosiva – il ritratto di un’umanità divisa tra edonismo sfrenato e attaccamento alle piccole cose, negazione patologica e riscoperta dell’importanza degli affetti.

Creata dallo sceneggiatore Dan Guterman (Community, Rick & Morty) e prodotta da Bardel Entertainment la serie entra così a pieno titolo nel prolifico filone delle storie apocalittiche, senza però perdersi per questo in citazioni risapute o situazioni già viste. Una satira agrodolce in dieci episodi sul nostro presente (sebbene la serie sia ambientata nei primi anni duemila) e sulla nostra difficoltà di fare i conti con la consapevolezza della morte. Incapaci di rispondere a una sola e semplice domanda: cosa faremmo sapendo che il mondo sta per finire?

Indice:

Trama – Carol e la fine del mondo recensione

Sette mesi e tredici giorni alla fine del mondo. Questo è quanto resta alla terra prima che entri in collisione con il misterioso pianeta azzurro Keppler, di giorno in giorno sempre più grande e minaccioso nella volta celeste. Dopo lo smarrimento e la disperazione iniziali, però, sembra che il mondo abbia accettato il proprio destino, optando per la soluzione forse più scontata e superficiale: divertirsi e vivere al massimo fino alla fine.

Eppure non tutti riescono a seguire questa semplice regola, anzi, alcuni la vivono come l’ennesima aspettativa sociale (“Carpe diem!”), incapaci di cavalcare l’onda del caos e del disastro imminente. Per queste persone – tra cui c’è anche Carol Kohl (doppiata da Martha Kelly), quarantenne disorientata di fronte a quel nuovo mondo fatto di libertà assoluta, feste infinite e viaggi in cima all’Everest – l’unica, vera distrazione possibile si rivela essere un ufficio di contabilità miracolosamente sopravvissuto al disastro. Un mondo fuori dal mondo in cui poter trovare la propria comfort zone e non pensare a nient’altro all’infuori di conti, fotocopie e scadenze.

Carol e la fine del mondo recensione

Carol e la fine del mondo. Bardel Entertainment

Buona Apocalisse a tutti

È un filone che sembra non conoscere mai crisi quello legato alle serie e ai film apocalittici. Un tema che pare tornare ciclicamente nelle nostre narrazioni collettive, sia prendendo la forma di storie catastrofiche sia quella di drammi intimisti o di commedie più o meno esistenziali. Sintomo di un presente oramai costretto a fare regolarmente i conti con la prospettiva della fine, del cataclisma climatico, dell’estinzione planetaria.

Da Melancholia (citato esplicitamente) a Don’t Look Up, non sono infatti poche le storie corali che mettono in scena la fine imminente del pianeta e i diversi modi per affrontarla. Carol e la fine del mondo parte proprio da qui, costruendo, passo dopo passo, il ritratto di un’umanità eterogenea che cerca (e forse trova) le risposte nei luoghi più improbabili. Un imprevedibile viaggio di formazione che è anche un tentativo di scendere a patti con la propria esistenza e con il valore che si decide di darle.

Carol e la fine del mondo recensione

Carol e la fine del mondo. Bardel Entertainment

Caos e routine

È inaspettatamente la routine del lavoro, intesa come distrazione e scudo dal caos emotivo del mondo esterno, allora, che Dan Guterman contrappone all’apocalisse al centro della sua storia. Quello che ne esce è così una sorta di anomala e paradossale workplace comedy sugli ultimi giorni dell’umanità. Un universo chiuso con regole a sé stanti dove vengono allo scoperto le storture della nostra società ma anche ciò che di buono in essa si può (ancora) salvare.

Perché nel mondo di Carol non c’è distrazione o comfort zone che tenga: i sentimenti, alla fine, vengono sempre allo scoperto, sia che siano nel bel mezzo dell’oceano, durante un attacco di pirati, o nelle dinamiche assurde di un ufficio che continua a funzionare contro ogni logica, mentre il mondo va a rotoli. Un luogo totalmente inutile dentro cui, però, può nascere ancora la speranza e la gioia di vivere se qualcuno ha ancora il cuore per capirlo e mostrarlo agli altri.

Carol e la fine del mondo recensione

Carol e la fine del mondo. Bardel Entertainment

La forza dei legami

Attraverso una storia dall’andamento discontinuo e imprevedibile, fatta di momenti onirici, fantasie a occhi aperti e situazioni paradossali, Carol e la fine del mondo mischia così suggestioni e toni differenti dando vita a un prodotto paradossalmente coerente e unitario. Un elogio bizzarro ma intelligente delle piccole cose, di una routine quotidiana fatta di sentimenti semplici e affetti genuini, dove i legami diventano l’unico vero palliativo nei confronti di una fine sempre e comunque inevitabile.

Una storia agrodolce sull’importanza degli affetti e dei rapporti umani, anche i più semplici e apparentemente insignificanti, e, insieme, una satira su un mondo arido e superficiale, tanto nei suoi desideri banali e standardizzati quanto nella logica di un sistema che vorrebbe eliminare qualsiasi umanità per sopravvivere. Sicuramente una serie non per tutti i gusti ma ben in linea con quei prodotti d’animazione “adulta” che, da BoJack Horseman in poi, Netflix ci ha abituati a trovare nella sua offerta.

Carol e la fine del mondo

Voto - 7.5

7.5

Lati positivi

  • Carol e la fine del mondo porta avanti una riflessione tutt'altro che superficiale sul nostro presente e sul nostro modo di vivere

Lati negativi

  • Alcune sottotrame sembrano troppo dispersive per l'economia del racconto

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