Cowboy Bebop: recensione della serie live-action di Netflix

Il nuovo adattamento di Netflix è una cocente delusione, sia per i fan storici dell'anime sia per i non veterani.

Non sono molti gli adattamenti live-action tratti dall’animazione giapponese ad essere degni di nota. E Netflix lo sa molto bene, ma continua a non demordere. Dopo il fallimentare film ispirato all’anime Death Note, è la volta di Cowboy Bebop di cui vi proponiamo la nostra recensione.
La serie animata diretta da Shin’ichirō Watanabe del 1998 è diventata in breve tempo un cult. Apprezzata dalla critica e dal pubblico, è ancora famosa dopo più di vent’anni dalla messa in onda.
Questo è uno dei motivi per i quali la mossa di Netflix è sembrata azzardata fin da subito. Ma le cause che rendono questo adattamento non semplice risiedono nell’ambientazione retrofuturistica, nella solitudine e l’impossibilità di convivere con il proprio passato come temi principali, ma soprattutto nell’iconico trio protagonista. Tra cui spicca Spike Spiegel, che viene ancora oggi ricordato come uno dei personaggi meglio realizzati nella storia seriale nipponica.

Scritta da Christopher Yost, la serie è composta da dieci episodi che non seguono la struttura dello show da cui è tratta. Ma si concentrano sul duo protagonista a cui ben presto si aggiungono Ein e Faye Valentine e, parallelamente, alla sete di potere di Vicious. Il cast, largamente criticato fin da quando i volti protagonisti sono stati svelati, è composto da John Cho nei panni di Spike Spiegel, Mustafa Shakir che interpreta Jet Black e Daniella Pineda come Faye Valentine. 

Indice

See you space cowboy – Cowboy Bebop, la recensione

Nel 2021, un’esplosione di un gate sperimentale per i viaggi iperspaziali colpisce la Luna. La pioggia di meteoriti che ne consegue colpisce la Terra, decimandone la popolazione. Del pianeta non resta altro che una brutta reputazione. I pochi superstiti cercano casa in nuovi pianeti e chi non è riuscito a trovare rifugio altrove viene considerato un disadattato. Il pianeta diventa in poco tempo una meta poco appetibile per chiunque.
Nei quarant’anni successivi, l’intero sistema solare viene colonizzato e i viaggi iperspaziali sono la quotidianità. Marte è diventato il pianeta di riferimento dello sviluppo economico, diventando anche la capitale della criminalità organizzata. Tra tutti primeggia il Red Dragon, un’organizzazione che esercita la propria influenza nello sviluppo dell’intero sistema solare e tiene in pugno la polizia.

Con un alto tasso di criminalità sempre in crescita, è stato istituito un metodo simile alle taglie del vecchio Western. Tra i cowboy – così vengono chiamati i cacciatori di taglie – ci sono Spike Spiegel e Jet Black che viaggiano di pianeta in pianeta alla ricerca di criminali da cui possono trarre maggior profitto possibile. Spesso senza molti risultati. La loro astronave, il Bebop, è un ammasso di ferraglia che ha bisogno di costante manutenzione. Il duo è quasi sempre al verde e le cose non migliorano quando si aggiungono a loro il corgi Ein e la cacciatrice di taglie Faye Valentine. Tra molte avventure senza un lieto fine, ingaggi sbagliati e inseguimenti non sempre promettenti quel che unisce i tre è un passato dal quale non si riescono a liberare.

Una mossa di marketing azzardata – Cowboy Bebop, la recensione

La trama è la medesima sia per l’anime che per l’adattamento. La sostanziale differenza tra le due serie non è tanto la storia in sé, sebbene il live-action abbia stravolto non poco le carte in tavola, ma la mancata introspezione con cui viene trattato il tema principe. Ma procediamo con ordine. Tra i punti di forza della serie Netflix che aveva già catturato l’attenzione dal trailer ci sono le ambientazioni. Lo stile retrofuturistico è presente nelle numerose città che fanno da scenario alle vicende dei tre protagonisti. Da grattacieli monumentali e forti luci al neon che colorano le strade, a cittadine desertiche e uno stile retrò che ricalca la New York degli anni Settanta. Il medesimo concept è stato utilizzato per le astronavi e la tecnologia in generale. Sebbene gli strumenti tecnologici siano innovativi e anni luce avanti rispetto alla realtà, l’estetica ricalca i computer e i mezzi tecnologici vintage. 

Le similitudini, però, finiscono qui. Il live-action punta ad una riscrittura completa dell’anime del regista Watanabe. Il primo errore da parte di Netflix è stato commesso ancor prima dell’uscita sulla piattaforma e riguarda la strategia di marketing. Il trailer aveva tratto in inganno in quanto ricalcava perfettamente l’essenza della serie d’animazione.
Assieme all’opening che è la copia identica di quella dell’anime, la prima impressione era che Netflix avesse scelto di seguire la strada della fedeltà assoluta. A parte le critiche, oramai usuali quando avvengono scelte simili, sul cambio di etnia di Jet Black e sul vestiario di Faye, i fan storici sembrano entusiasti. Oltre ad alimentare la curiosità, questo ha alzato di molto l’asticella delle aspettative.

Recensione Cowboy Bebop

Cowboy Bebop. Tomorrow Studios, Midnight Radio, Sunrise Inc.

Quando la riscrittura dei personaggi non funziona

La dinamica del trio e l’umorismo che vira al sarcasmo rappresentano i punti di forza di Cowboy Bebop. Tuttavia è la riscrittura dei personaggi il vero problema della serie. Anche se non si vuole paragonare la serie Netflix allo show da cui prende ispirazione, i tre convincono nel momento in cui le puntate sfumano nella commedia. Soprattutto il rapporto tra Spike e Jet. Gli attori sono riusciti a dare ai due personaggi la giusta chimica, che si aggiusta nel momento in cui Faye entra ufficialmente a far parte del team.
Ciononostante, la serie animata è strutturata su più livelli: la trama orizzontale che si concentra sul passato di Spike, Jet, Ed e Faye e sul coinvolgimento di Spike con la Red Dragon. La rivalità tra Spike e Vicious, l’antagonista per eccellenza, occupa i primi e gli ultimi episodi.

Nel mezzo, la serie si concentra sui loro ruoli di cacciatori di taglie. Gli episodi autoconclusivi hanno la finalità di approfondire quelli che sono i temi principali. Nel live-action queste sfaccettature non sono presenti. Ad essere vittima di questa riscrittura è soprattutto Vicious. Anche se ci si vuole distaccare dal personaggio originale, Vicious non appare interessante o intrigante nemmeno per lo spettatore inesperto che si approccia alla storia per la prima volta. I suoi tratti vengono addolciti fino a farlo diventare capriccioso. Pericoloso sì, ma senza quel carisma che ha sancito Vicious come uno dei villain migliori dell’animazione giapponese. Quest’ultima, inoltre, vuole essere celebrata dando al personaggio tratti caratteriali quasi asiatici, oltre alla katana e all’associazione con la Red Dragon di chiara ispirazione nipponica. Una scelta peculiare che, anche in questo caso, riesce solo a metà anche a causa di una recitazione fin troppo teatrale di Alex Hassell.

La filosofia perduta di Cowboy Bebop

L’azione diventa il motore della serie. Ma, così facendo, si va a perdere la filosofia su cui Cowboy Bebop si plasma. L’esistenzialismo è alla base della scrittura della serie degli anni Novanta. La noia, gli avvenimenti che si susseguono senza, in realtà, andare a cambiare nulla. I protagonisti sono ancorati ad un passato che non sono pronti ad abbandonare. Fluttuano in un non luogo per eccellenza, lo spazio, dove il tempo semplicemente scorre.

Recensione Cowboy Bebop

Cowboy Bebop. Tomorrow Studios, Midnight Radio, Sunrise Inc.

Le giornate si susseguono sempre uguali, una dietro l’altra, senza che nessuno trovi il coraggio per voltare pagina. È così per ogni personaggio che incontrano. Ognuno di loro è influenzato dal proprio vissuto, che li incatena in un presente che non vivono davvero. A soffrire di più è Spike, il cui passato è legato al Red Dragon e a Julia, che non riesce e non vuole dimenticare. 
Senza il tema centrale, l’operazione di Netflix risulta arida e anonima. Il risultato è una serie action come molte altre, che non va ad aggiungere nulla di innovativo. 

In conclusione

È difficile scrivere la recensione di questo live-action senza paragonarlo all’opera originale, al quale appare legato fin dal trailer, che strizzava l’occhio ai fan. Ma Cowboy Bebop rappresenta un’occasione mancata e una cocente delusione per ogni tipologia di pubblico. Sia per i veterani che non ritrovano nella visione lo stesso spirito della serie animata, ma solo degli stravolgimenti poco bilanciati. Ma anche per chi si approccia per la prima volta alla storia.
Sotto ogni punto di vista, la serie presenta diversi problemi. Molti dei quali derivano da una pessima trasposizione dei tratti caratteristici dell’opera originale. Tratti che hanno reso l’anime un cult tra gli appassionati e non.

Conflitti familiari, nuovi personaggi ed alcuni completamente riscritti hanno fatto deviare l’anima dell’opera originale. Gli episodi autoconclusivi si assottigliano sempre di più, la dinamica portante sui cacciatori di taglie viene ben presto dimenticata e quel che rimane è una rivisitazione action come ce ne sono mille altre. Oltre all’estetica che unisce il vintage e un panorama futuristico oramai entrato nell’immaginario collettivo e alla chimica tra i protagonisti, poco altro resta di questa serie tv. L’errore più grossolano che Netflix ha commesso è stato quello di non credere di poter portare sul piccolo schermo un adattamento fedele, ma soprattutto più profondo, che avrebbe potuto tranquillamente accontentare tutti. Soprattutto i fan del cowboy più famoso dello spazio.


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Cowboy Bebop

Voto - 3

3

Lati positivi

  • Le ambientazione retrofuturistiche ben fatte
  • La chimica tra i protagonisti

Lati negativi

  • L'aver abbandonato i temi più profondi dell'opera originale a favore dell'azione
  • Il personaggio di Vicious

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