Deadpool – la recensione del cinecomic
Diretto da Tim Miller, che con Deadpool fa il suo esordio nel mondo dei lungometraggi, il cinecomic è l’ottavo film della saga cinematografica degli X-Men. Con un Ryan Reynolds che per oltre 10 anni ha creduto fermamente nel progetto, il film Marvel si è imposto come una delle più apprezzate pellicole del 2016. Questo anche in virtù della sua tagliente ironia e per la rottura di quella quarta parete che tanto è stata apprezzata dai fan dell’anti-eroe fumettistico.
Inserendosi di merito tra i migliori cinecomics prodotti negli ultimi anni, Deadpool è stato ben accolto dalla critica e dal pubblico. Dopo essere stato in development hell per più di 10 anni, il film sul Mercenario Chiacchierone ha finalmente avuto la sua rivalsa.
Deadpool – la recensione del cinecomic politicamente scorretto
In un mondo dove il pubblico guarda ai supereroi come personaggi privi di difetti, Deadpool si inserisce in questo panorama con una potenza dirompente. Mostrando che non basta indossare una tutta in lattice per essere considerato un eroe, Deadpool si fa carico di un’ironia dissacrante, presentandosi come quanto più lontano da un paladino della giustizia.
Deadpool – la trama
Al centro della narrazione di Deadpool troviamo una storia di vendetta. Il mercenario Wade (Ryan Reynolds) scopre di essere affetto da un cancro in fase terminale; così, persuaso anche dalla bella Vanessa (Morena Baccarin) decide di sottoporsi ad una cura sperimentale. Questa ha uno scopo: risvegliare in Wade i geni mutanti sopiti. Ma quando ciò accade, Wade si ritrova ad essere completamete sfigurato. Così, covinto che il suo nuovo aspetto lo allontanerà per sempre da Vanessa, Wade sceglie di intraprendere la strada della vendetta, iniziando a dare la caccia al dottor Ajax (Ed Skrein), colui che lo ha reso un mutante.
Una volta consapevole di essere in possesso del Gene X, che lo ha reso indistruttibile grazie a un potere rigenerante, Wade trova il modo di rintracciare i colpevoli, dopo essere riuscito a scappare dalla apparente struttura medica che lo teneva prigioniero; questa, in realtà altro non era che un laboratorio il cui unico scopo era risvegliare i geni mutanti dei pazienti, costretti a indicibili torture.
Deadpool – un antieroe come protagonista
Di esempi di antieroei, nel cinema, ce ne sono stati molti. Deadpool si inserisce sulla loro scia e, in un certo senso, sbaraglia i concorrenti. Wade (e il suo alter ego, che prende ormai il sopravvento sulla sua persona), non vuole essere un eroe. Non vuole essere colui che salva la situazione; non vuole fare la cosa giusta al momento giusto. E non vuole redimersi, lasciandosi alle spalle una sequela di azioni poco nobili. Deadpool vuole solo vendicarsi, riconquistare la donna amata – la cui sottotrama romantica è la parte meno interessante della pellicola – e finalmente ottenere giustizia per se stesso.
Tuttavia, il contesto in cui si ritrova a intervenire – che è un po’ una costante nella dinamica dell’antieroe – lo costringe ad azioni considerate positive. Azioni la cui interpretazione potrebbe solo che affiancare il Mercenario Chiacchierone alla defiizione canonica di eroe. Deadpool non combatte per nessuno se non Deadpool; non ha ideali, non ha quel je ne sais quoi che lo rende il “buono” della situazione. Ma, nella pellicola – così come anche nei fumetti a lui dedicati – si ritrova a vestire questi panni, volente o nolente. E come confrontarsi con la nuova prospettiva sarà solo una sua scelta.
Deadpool – cinema e quarta parete
Ovviamente sono riscontrabili differenze tra il Deadpool cinematografico e quello fumettistico. Wade, per esempio, viene presentato meno folle di quanto non lo sia nei fumetti della Marvel; e allo stesso tempo alcune carattiristiche della sua perosalità vengono mitigate. A non essere tuttavia ridimensionate sono l’ironia e la quasi eccessiva violenza, o ancora il linguaggio decisamente eccessivo; tutti caratteri, questi, portanti del Deadpool ora intermediale.
Ma una peculiraità di Deadpool non è sfuggita nella trasposizione cinematografica. E questa peculiraità è una delle più caratterizzanti dell’intero personaggio. Si tratta, di fatto, della capacità di andare oltre la quarta parete, rivolgendosi direttamente alla spettatore. Così, Deadpool si rivolge al pubblico, consapevole della sua essenza fittizia. Wade sa di essere un personaggio, e lo dimostra più volte; che sia uno sguardo in camera, o il mero riferimento a termini puramente cinematografici, l’antieroe della Marvel sa di esistere nel mondo dei media, avendo coscienza della sua esistenza irreale.
Quasi un paradosso, in un certo senso. Perché ingrangere la quarta parete? Come riuscire a mantenere coerenza nel gestire un personaggio che sa di essere personaggio? Gli esempi nella storia, non solo cinematografica, ma anche e soprattutto letteraria e teatrale sono stati tantissimi – uno dei più grandi esempi proviene da un connazionale, Luigi Pirandello. E se solitamente lo scopo primario di questo intervento, di questo stravolgimento che si inserisce in un certo senso nella logica del “meta-” (metacinematografico, metaletterario) è quello di sfociare nel comico, Deadpool non si distacca molto dai suoi antecedenti. Anzi, gli si affianca di buon grado.
Deadpool – scenaggiatura, regia ed effetti speciali
Una buona sceneggiatura, per quanto non eccelsa, ma tenuta in piedi da scene comiche e convincenti, è affiancata da ottime scene d’azione. Queste, in particolare, ci consentono di ammirare un buonissimo uso degli effetti speciali, al quale va il merito di non risultare mai troppo eccessiva in un contesto come quello di un cinecomic. Deadpool, d’altro canto, non si regge in piedi solo su questo; gli effetti speciali sono certo una componente fondamentale, ma è necessaria una regia mai troppo noiosa a caratterizzare il prodotto.
Miller si presenta alla prova generale del suo esordio cinematografico senza pecche troppo rimarchevoli; nessuna prova di leziosità, o tentativi di rendere il film quello che non è. La sua è una regia essenziale, che si sviluppa seguendo spesso uno script assolutamente ben realizzato. Di virtuosismi, chiariamoci, non ne troverete; anzi, alcune scene risulteranno essere quasi troppo piatte, o eccessivamente “costruite”. Tuttavia, in un contesto come quello di Deadpool, dove il film vuole essere una pellicola che punta molto alla fedeltà fumttistica – un film per nerd da nerd, è stato definito – non sarebbe stato possibile muoversi altrimenti dietro la macchina da presa. O almeno, non sarebbe stato possibile senza snaturare quello che è senza dubbio uno dei migliori film del 2016.
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Deadpool - recensione
Rating - 7.5
7.5
The Good
- Ironia spiccata e dissacrante
- Ottima interretazione degli attori, in particolare di Ryan Reynolds
- Non delude le aspettative degli appassionati dei fumetti
The Bad
- Trama un po' debole, ma tenuta in piedi dalla costruzione generale