Fino alla fine, recensione del film di Muccino presentato alla Festa del Cinema di Roma 2024

Gabriele Muccino torna sul grande schermo dopo il grande successo del 2020, Gli anni più belli (qui la nostra recensione) con il film Fino alla fine, presentato alla 19ª Festa del Cinema di Roma, nella rinomata sezione Grand Public. Con un cast che vede presenti Saul Nanni, Lorenzo Richelmy, affiancati da Elena Kampouris, Enrico Inserra, Francesco Garilli e moltissimi altri, Fino alla fine (qui il trailer) è un film sospeso tra action thriller, storia d’amore e racconto del passaggio dall’adolescenza all’età adulta.

Indice

Trama – Fino alla fine, la recensione

Sophie e sua sorella stanno per tornare in California dopo il loro viaggio in Italia. All’ultimo minuto decidono però di prendere un aereo per Palermo dove passeranno la notte. La loro idea di vacanza sembra essere completamente diversa e, fino ad allora, Sophie ha sempre accettato l’itinerario e gli interessi della sorella. In spiaggia, prima di visitare i monumenti e luoghi d’interesse della città, Sophie conosce un gruppo di amici, tra cui un ragazzo, Giulio, con il quale sente subito un’alchimia che lui ricambia. Sophie, Giulio e gli altri 3 ragazzi si danno appuntamento quella sera in un locale dove Sophie riesce a trascinare anche la sorella e una coppia di americani conosciuti quel giorno. Quando Sophie incontra il gruppo di Giulio la situazione degenera: la sorella percepisce la sintonia con il ragazzo e cerca di allontanarla.

Fino alla fine

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Poi intervengono anche gli altri e scoppia una rissa. Sophie viene portata fuori insieme a Giulio e i suoi amici, abbandonando la sorella e gli altri 2, tra cui il ragazzo, sanguinante, che aveva tentato di difenderla, travisando la relazione tra lei e Giulio. Da quel momento in poi, fino alla mattina successiva, Sophie vivrà la movida notturna di Palermo con Giulio e gli altri. Situazioni d’amore e di frenesia, passando da un locale all’altro, tra piccoli furti, alcol e discoteche all’aperto. Una telefonata cambia però tutto e Giulio chiede a Sophie di vedersi il giorno successivo. La ragazza però decide di seguirlo e di aiutarlo. Finirà così in una situazione troppo grande per lei, nel mondo della criminalità organizzata e all’interno di un’operazione dalla quale non potrà più tirarsi indietro e che cambierà per sempre la sua esistenza e il suo futuro.

Un Muccino al quale si è meno abituati – Fino alla fine, la recensione

Sono le scene d’azione, che vagamente riprendono quel tono concitato identificativo di Muccino, a funzionare maggiormente in Fino alla fine. Un ritmo fitto e serrato, una dinamica avvincente, rapida e incalzante. E che forse dura anche fin troppo poco, considerando che il sentimentalismo e il romanticismo sempre cari al regista, questa volta, non convincono affatto. Anzi, ci sono alcuni momenti che sarebbe stato meglio evitare e che, conoscendo Muccino, potevano essere realizzati decisamente meglio. Anche le scene di disco music, dove i personaggi ballano in locali all’aperto o al chiuso, che sono una delle tante specialità dell’autore, hanno il loro impatto visivo e il loro grado di interesse e di realismo; soprattutto di una tecnica azzeccata, dalla regia alla fotografia, con un’interpretazione che, in questo caso, fonda la sua riuscita proprio sull’esagerazione e sull’eccessivo.

Fino alla fine

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In Fino alla fine è infatti, nel complesso, buona la recitazione, in particolare ottima quella di Saul Nanni, seduttore e innamorato, amante del rischio e protettivo nei confronti di quella ragazza che crede di aver coinvolto fin troppo. Anche gli altri personaggi appaiono abbastanza in parte, compresa Elena Kampouris, che ben trasmette l’euforia, l’agitazione e la travolgente passione che la trascina in quel vortice di pericolo ed erotismo. Forse a volte appare sopra le righe, maggiormente in linea con il proprio ruolo nei momenti drammatici. Non mancano le scene dalla tipica atmosfera in stile Muccino, che non hanno grandi problemi, ma che comunque hanno una validità puramente estetica e non di racconto. Il vero difetto di Fino alla fine è infatti nella sceneggiatura, nelle battute che sfiorano l’inverosimile e, con spesso, un’improbabile esplosione di emozioni in netto contrasto tra di loro. In opposizione con quella che era inizialmente la personalità dei personaggi.

Action thriller, love story e young adult – Fino alla fine, la recensione

Fino alla fine si compone quindi di scene action coinvolgenti, insieme a scene melò accettabili, tra dialoghi e intere sequenze che rovinano l’asset del film, sia quello puramente narrativo che quello più cinematografico. Alcune scelte prese dalla protagonista sono poi gravemente ai limiti dell’assurdo. Si evidenzia il tentativo di renderle simbolicamente dimostrazione di quel senso di libertà, di quella mordente esigenza di adrenalina, per provare almeno una volta il brivido del rischio. Le uniche situazioni che hanno il pregio di rendere impossibile distogliere gli occhi dallo schermo sono quelle finali di inseguimento, peccato che al loro interno si inseriscano intermezzi di ispirazione statunitense che non convincono e che riguardano più di un elemento. Muccino abbandona così per la prima volta ciò che sapeva fare meglio: il caricato esasperato isterismo delle dinamiche di coppia, mantenendo solo l’inebriante ed esaltante sensazione del primo amore, quello più giovanile, tra progetti, fantasie e promesse.

Fino alla fine

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La carica emotiva viene così affidata all’azione, e questo non basta, perché lì i fattori per rendere il film più movimentato arrivano solo dall’esterno. Com’è normale che sia in una situazione che vede i personaggi stravolti da una criminalità quasi eroica. Lì ha infatti senso l’impeto elettrizzante che coinvolge tutti i personaggi, non più solo la Kampouris. Quel principio d’incipit di Fino alla fine sul percorso di crescita e della post-adolescenza, con il destinato e ineluttabile ingresso nell’età adulta, perde d’importanza, considerando il fattore thriller, che pur funzionando, stona però con gli altri generi. Ciò che è costretta, o per meglio dire, sceglie “stranamente” di vivere la protagonista, porterebbe chiunque in un turbinio di situazioni più grandi di lei. La fine della sua giovinezza non ha niente a che fare con la sua psicologia e anche se sono gli elementi esterni spesso a dar vita alla costruzione della propria identità per compiere un cammino di maturazione, qui non bastano. E lo spessore della figura principale del film risulta carente.

Scavare nelle profondità della psiche di una ventenne californiana – Fino alla fine, la recensione

Lo studio dell’interiorità de personaggi, che Muccino ha ben fatto e analizzato in alcuni suoi film e, in particolare nella serie tv A casa tutti bene, era, nel caso della protagonista di Fino alla fine, troppo importante per essere espresso con poche battute di dialogo. Improvvisamente si racconta di un’infanzia difficile nel mondo della musica. Prima si era espresso un contrasto con la sorella poco realistico che sembrava nascere solo dalla differenza su come vivere quella vacanza e su un istinto di protezione comprensibile.

Fino alla fine

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Soprattutto considerando come appaiono dapprima le persone con le quali Sophie decide di accompagnarsi. C’è poi il trauma, un lutto, che sembra essere centrale e che non la abbandona mai. Anzi è proprio da lì che parte tutto, perché quella vacanza serviva in parte a superare un’assenza che non riusciva a colmare. Ma questo dramma che dà vita al suo tentativo di ritrovare una serenità e una voglia di vivere perduti scompare poi del tutto, non se ne parla più e si dà spazio ad altri retroscena che sembrano inseriti per aggiungere contenuto, ma che purtroppo non riescono nel loro intento.

Fino alla fine

Voto - 5.5

5.5

Lati positivi

  • Buona recitazione
  • Scene d'azione ben costruite

Lati negativi

  • Sceneggiatura inconsistente
  • Situazioni assurde e inverosimili

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