Harry a pezzi: recensione della commedia di Woody Allen disponibile su Prime Video

Un mosaico divertente che decostruisce la vita allo sbando di uno scrittore

I film di Woody Allen sono da sempre emblema di una comicità divertente e allo stesso tempo intelligente. C’è sempre stato infatti, nella filmografia del regista newyorkese, un filone di opere volte a mescolare spunti autobiografici e suggestioni provenienti dagli ambiti più disparati; psicoanalisi, letteratura, illusionismo, come anche religione, teatro e cabaret. Harry a pezzi, film del 1997 di cui vi proponiamo la recensione, di questo modo di fare cinema rappresenta una sintesi eccellente. Il titolo originale del film è “Deconstructing Harry“. Molto di più della traduzione italiana, il titolo inglese ci da un’idea degli intenti dell’opera. Il film infatti prende il protagonista Harry Block, uno scrittore sessantenne ebreo e depresso, e ne racconta la vita attraverso una pioggia di confessioni, battute e trovate narrative originali. Queste sono volte a esplorare i legami che lo legano a una folla di personaggi, reali o frutto della sua fantasia di narratore.

Harry, uno scrittore in crisi creativa, riceve una visita da una sua vecchia fiamma, Lucy. La donna è furiosa, e con fare ostile accusa il protagonista di avere inserito particolari della loro storia nel suo ultimo libro. Harry infatti è l’ex-marito di sua sorella, che aveva tradito per frequentare proprio Lucy. Fuori di sé, Lucy lo minaccia con una pistola, spingendo Harry a raccontare particolari della sua vita allo sbaraglio. Qui comincia il suo racconto, tra sei analisti, tre matrimoni e i numerosi personaggi dei suoi libri, molto simili alle persone importanti della sua vita reale. Tramite questi ultimi, Harry racconta in maniera camuffata vari episodi della sua vita. Il film è disponibile su Amazon Prime Video. Di seguito la recensione di Harry a pezzi.

Indice

Autoanalisi – Harry a pezzi, la recensione

Il film è l’esempio di una produzione autoriale matura e consapevole dei propri mezzi. Allen, arrivato al suo ventottesimo film, sceglie di farci entrare completamente nella psiche di Harry, il suo protagonista. Lo spettatore infatti, viene a conoscenza delle più intime paure di quest’ultimo e delle sue recondite speranze. Inoltre, il lavoro di scrittore di Harry viene utilizzato come espediente per una meta-scrittura che tende a sovrapporre diversi piani. Nello specifico, quello reale del protagonista che interagisce con le persone che lo circondano e quello immaginifico frutto della sua penna. La grande varietà di personaggi introdotti serve a raccontare in maniera camuffata i ricordi che scaturiscono da relazioni presenti e passate. Allen, a questo scopo, si serve del suo inconfondibile humour per tratteggiare una serie di irresistibili siparietti comici.

Tra questi, sono da ricordare le disavventure di Mel, attore che nel bel mezzo di alcune riprese si ritrova fuori fuoco. Questo a simboleggiare la precaria situazione esistenziale del protagonista. Non mancano poi le stilettate alla religione, come sempre numerose nei film di Allen. Queste vengono raccontate attraverso il rapporto burrascoso di Harry con la sorella, accusata di essere un’ebrea al cubo. Abbiamo poi il classico riferimento alla psicanalisi. Vediamo infatti Harry alle prese con il suo analista, che in questo caso viene tratteggiato come una figura positiva. Una scelta in contrapposizione alla visione caricaturale della psicoterapia a cui il regista ha abituato nei suoi lavori precedenti. Un altro esempio del tema, anche se con toni meno umoristici, si può trovare nella pellicola del 1988 Un’altra donna, che vede la psicanalisi come elemento centrale nello sviluppo della trama.

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Harry a pezzi. Jean Doumanian Productions, Sweetland Films

Scrittura e satira – Harry a pezzi, la recensione

Il lavoro di scrittura qui rappresenta una delle vette più alte del regista. Durante la visione del film si ha infatti la sensazione di entrare in un dedalo di battute, confessioni, e aforismi che rimarranno impressi nella memoria per potenza espressiva. La trama, a sua volta, non ha una progressione lineare. Per esempio, nelle fasi iniziali del film, dal resoconto di una reale seduta di psicoterapia si passa subito a una scena di fantasia che ha lo scopo di raccontare il passato del protagonista. Questo espediente viene usato frequentemente nella costruzione della trama, diventandone il leitmotiv. A volte però le complessità delle diramazioni della storia possono risultare dispersive ai fini della fruizione della pellicola. Questo difetto però viene ampiamente superato nella seconda parte del film. Qui infatti si racconta il viaggio di Harry verso la sua vecchia università, che a parte qualche breve flashback, presenta una narrazione lineare.

Allen nel processo di scrittura non risparmia certo al suo pubblico la propria verve satirica. Qui, oltre alle consuete critiche al sistema delle religioni, lancia anche un attacco al sistema politico americano. A questo scopo, il protagonista sembra modellato a quello che gli ambienti perbenisti pensano di lui. Harry infatti è un uomo irresponsabile, erotomane e quanto mai sgradevole: si ha la sensazione che l’autore non abbia voluto porsi filtri nella sua delineazione. C’è sempre oltretutto una sincerità disarmante in quello che Harry dice. Una sincerità che non si preoccupa di risultare scomoda agli occhi del pubblico. Allen vuole più che altro infastidire l’America, costringerla a ripensare se stessa. Questo lo fa usando un ironia affilatissima e dei tempi comici perfetti, degni di un grande autore comico.

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Harry a pezzi. Jean Doumanian Productions, Sweetland Films

Riferimenti cinematografici e conclusione

Arrivati alla fine della recensione di Harry a pezzi, è utile analizzare un ulteriore aspetto della pellicola. Woody Allen infatti si è sempre dichiarato ammiratore del cinema europeo, soprattutto di Ingmar Bergman e Federico Fellini. Riguardo al primo, in quest’opera vi è un esplicito riferimento al suo capolavoro del 1957, Il posto delle fragole. In quest’opera il protagonista, il professore Isak Borg, viene insignito di un onorificenza dall’università che frequentò da giovane. Per raggiungerla, intraprende un viaggio in auto. In Harry a pezzi, oltre a riprendere la stessa dinamica, Allen inserisce un easter egg che non lascia dubbi. Infatti l’auto che i personaggi usano nella storia è proprio una Volvo, noto marchio svedese. Inoltre, il film è simile a di Fellini, considerato che il soggetto è basato su un artista che lotta con le sue relazioni presenti e passate, intervallato da sequenze oniriche.

Queste similitudini danno spessore all’opera, creando un universo di riferimenti che lo spettatore più attento potrà divertirsi ad analizzare. In definitiva, Harry a pezzi rappresenta uno dei vertici della filmografia di Woody Allen. Inoltre, si tratta di un film adatto anche a chi si approccia per la prima volta a questo autore. La pellicola infatti ha dalla sua un umorismo irresistibile, che non lascerà indifferente nessuna fetta di pubblico. Il viaggio compiuto dal protagonista poi, è anche e soprattutto un viaggio nella fantasia, nella memoria e nell’immaginazione. Si tratta quindi di un esperienza in cui chiunque può immedesimarsi. Allen a questo scopo racconta una storia a cui lo spettatore non mancherà di appassionarsi, ritrovando in essa parti importanti del proprio percorso personale.

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Harry a pezzi

Voto - 9

9

Lati positivi

  • Umorismo divertente e intelligente
  • Scrittura stratificata e appassionante
  • Riferimenti cinematografici che danno spessore all'opera

Lati negativi

  • Trama a volte un po' dispersiva

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