I leoni di Sicilia: recensione degli ultimi episodi della serie di Disney Plus

I leoni di Sicilia è una serie dalle premesse entusiasmanti, ma che si rivela essere troppo piatta e didascalica

Il primo novembre sono uscite, in esclusiva su Disney Plus, le ultime quattro puntate della miniserie italiana I leoni di Sicilia che racconta dell’ascesa della famiglia Florio. Le prime puntate non hanno entusiasmato particolarmente a causa di una strategia narrativa scolastica e fin troppo didascalica che va a svilire i decenni di storia italiana – solitamente snobbata dal cinema nostrano che preferisce concentrarsi sulla commedia e sulle vicende della criminalità organizzata- che i Florio hanno vissuto.

Questa seconda parte abbraccia altrettante vicende italiane, in particolare siciliane, a partire dagli anni in cui la popolazione è stata decimata dal colera e la Sicilia si è ritrovata dimenticata e isolata. Come la prima parte, anche queste ultime quattro puntate risultano interessanti, ma poco avvincenti.

Indice

La famiglia Florio – I leoni di Sicilia, la recensione

La famiglia Florio ha segnato la – ed è stata segnata dalla – storia della Sicilia e dell’Italia dal punto di vista economico. A cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, i Florio sono riusciti a costruire un vero e proprio impero economico partendo da una bottega di spezie per finire con l’essere proprietari di una flotta di navi che gli ha permesso di commercializzare con il resto dell’Italia, con l’Europa e il nord Africa numerose materie prime e prodotti: dallo zolfo al sale, dalle spezie al tonno sott’olio, dal Marsala ai medicinali.

 I leoni di Sicilia.

I leoni di Sicilia. Compagnia Leone Cinematografica, Lotus Production.

I leoni di Sicilia si concentra maggiormente su come i patriarchi della famiglia Florio – il padre Paolo prima, il figlio Vincenzo poi e infine il suo erede Ignazio – sono riusciti a costruire il loro nome, conosciuto in tutta Palermo e mal visto da chiunque: i nobili li hanno sempre considerati poco più che braccianti poiché sono nati poveri, al contrario la classe operaia li vede come dei ricchi arrivisti che non fanno nulla per aiutare il popolo siciliano. Questa dicotomia rimane il punto nevralgico della serie, una dialettica utile solamente al fine di mostrare i cambiamenti dell’Italia in quei decenni.

Il ritratto di un nome in ascesa – I leoni di Sicilia, la recensione

Il ritratto dei Florio si avvicina così al desiderio di forgiare il ricordo di una famiglia che è stata grande e ricca, ma che non si traduce in nessuna conseguenza drammaturgica. Tutto quel che accade – lutti, una pandemia, ogni rischio che poteva compromettere l’impero di Vincenzo – sono solamente escamotage narrativi che si preoccupano più di parlare dell’Italia di quei decenni, utilizzando un linguaggio quasi scolastico, piuttosto che dare profondità a dei personaggi che, in sostanza, non cambiano mai. Stoici sì, ma il risultato finale è estremamente piatto e per nulla sfaccettato. Vincenzo è un commerciante fiero e amante del suo denaro che si divide dall’essere un marito e un padre premuroso quanto severo, sua madre Giuseppina è solamente un elemento di disturbo con la sua gelosia e la sua mentalità chiusa che risulta ipocrita visti i suoi trascorsi – considerati all’epoca libertini – con suo cognato.

 I leoni di Sicilia.

I leoni di Sicilia. Compagnia Leone Cinematografica, Lotus Production.

L’unico personaggio a cui si tenta di dare un arco narrativo è Giulia Portalupi, interpretata da Miriam Leone, ma il cambio è troppo repentino per essere preso sul serio. Da donna profondamente innamorata di Vincenzo tanto da compromettere il suo buon nome e ossessionata con il matrimonio e con la paura di rimanere poco più che un’amante, le viene cercato di dare un interesse per la politica. Interesse poco approfondito e che dura solamente il tempo di una puntata e supportato dall’amore che ha per i libri, anche in questo caso hobby che viene accennato e mai realmente mostrato. I personaggi quindi si reggono a malapena sull’interpretazione degli attori, primi tra tutti il già lodato Michele Riondino che riesce a dare fascino, carisma e rabbia a un Vincenzo la cui scrittura è sì più curata rispetto agli altri personaggi, ma di certo non memorabile.

Una narrazione troppo didascalica – I leoni di Sicilia, la recensione

Nella serialità contemporanea non sono pochi i titoli che parlano di patriarchi con il pugno di ferro, di uomini che hanno sono nati da una posizione di svantaggio per poi far diventare grande il proprio cognome tramite i soldi o il duro lavoro, storie che vengono contagiate dalla società e dai cambiamenti socio-politici ed economici che vivono con tutte le difficoltà e le opportunità del caso. Tra i più famosi c’è Succession, Winning Time e il recente La caduta della casa degli Usher. Tutti loro si poggiano su una scrittura solida basata sul mettere in luce i lati oscuri di una famiglia ricca e potente dando vita non tanto a personaggi malvagi quanto disfunzionali, dei veri e propri antieroi che non vogliono il plauso dal pubblico, ma solamente raccontare una storia. I leoni di Sicilia, senza scomodare i titoli citati, si rivela un’occasione sprecata.

I leoni di Sicilia.

I leoni di Sicilia. Compagnia Leone Cinematografica, Lotus Production.

I leoni di Sicilia, per mantenere le sue premesse, avrebbe dovuto dar peso ai conflitti, ai dilemmi interiori e Vincenzo, per essere dipinto come un grande uomo d’affari con le sue ombre e le sue contraddizioni, sarebbe dovuto essere più intenso, un personaggio dalla moralità ambigua invece che un protagonista piatto. Questi ultimi episodi confermano quindi le paure delle prime puntate e si rivela essere una serie documentaristica romanzata, ma comunque scolastica e didascalica.

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I leoni di Sicilia

Voto - 6.5

6.5

Lati positivi

  • Lo sfondo storico di un'Italia poco rappresentata
  • L'interpretazione dei due protagonisti

Lati negativi

  • La scrittura superficiale che segue una struttura scolastica

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