Il colore viola, la recensione del musical candidato agli Oscar

L'iconico e drammatico film Il colore viola, torna sul grande schermo in versione musical, diretto da Blitz Bazawule e con un cast stellare

L’adattamento cinematografico del romanzo di Alice Walker, già protagonista di una trasposizione sul grande schermo nel 1985 con il film capolavoro Il colore viola, diretto da Steven Spielberg, torna nelle sale cinematografiche l’8 febbraio 2024. Si tratta di un ulteriore adattamento, questa volta del musical di Broadway, dal titolo omonimo del film dell’85 e del romanzo di Walker. Diretto da Blitz Bazawule, Il colore viola (qui il trailer) presenta un cast ricco di interpreti straordinari, tra cui anche Halle Baley, Taraji P. Henson, Danielle Brooks e Colman Domingo.

Indice

Trama – Il colore viola, la recensione

Il colore viola 2024

Warner Bros.

Nella Georgia del 1909 Celie dà alla luce il secondo figlio avuto da suo padre e, come era successo col primo bambino, anche questo viene portato via, senza che Celie ne sappia più nulla. Celie viene poi costretta a sposare Mister, contadino violento e vittima dell’alcool, e ad abbandonare quindi la sua casa e l’amata sorella Nettie. Rimasta sola con il padre, Nettie, un giorno, scappa via e si rifugia a casa di Celie. Mister accetta di accogliere Nettie, ma il suo vero obiettivo è abusare di lei, e quando Nettie lo respinge, Mister le intima di andarsene, minacciando di ucciderla, e non tornare mai più. Nettie promette a Celie di scriverle ogni giorno per mantenere i contatti e farle sapere dove si troverà nel corso degli anni. Nel tempo che passa è Mister a ritirare sempre la posta e Celie non ha quindi più notizie di Nettie che, come promesso, non smette di scriverle. Celie conosce Sofia, donna emancipata moglie di uno dei 3 figli di Mister, Harpo, la cantante jazz Shug Avery, e Mary Agnes, la nuova moglie di Harpo e trova la forza – quella che da tempo aspettava di essere risvegliata dentro di lei – per ritornare a vivere.

Un mondo e un universo storicamente riconoscibili – Il colore viola, la recensione

La Georgia segregazionista dei primi del 900 è quella dove si percepisce una schiavitù familiare e privata, oltre che etnica. Un universo femminile che si costruisce attorno alla figura di Celie, che sarà quella che dovrà attingere da tutto ciò che vede, sente e prova, per riuscire a prendere in mano la propria vita e abbandonare un’esistenza di sottomissione e maltrattamenti. Ma è un percorso estremamente difficile, perché quello è tutto ciò che lei ha conosciuto nella sua infanzia, adolescenza e vita adulta. C’è veramente altro al di là di quella casa e quella città? C’è un altro posto per lei? Da Celie a Nettie, da Sofia a Mary Agnes, le donne di Il colore viola combattono contro chi in quel momento detiene potere, controllo e autorità e che, quasi sempre, è una figura maschile. Vero motore della storia è il personaggio di Celie con il quale si empatizza fin da subito; la si ama tanto quanto si arriva ad odiare altre figure, rendendo credibile qualsiasi riscatto, qualsiasi cambiamento, qualsiasi presa di coscienza.

Il colore viola 2024

Warner Bros.

Narrativamente limpido, chiaro nel messaggio e in ciò che vuole mostrare, Il colore viola è però pieno di punti deboli. Nonostante sia già stato realizzato un musical dell’opera e la pellicola sia proprio l’adattamento cinematografico del musical di Broadway, la visione più ironica, sognatrice ed esplosiva del film danneggiano l’autenticità di un film che ha fatto del profondo dramma che raccontava il suo successo. Ci sono alcune scene del film di Steven Spielberg che sono rimaste impresse nella mente e nel cuore degli spettatori per sempre, basti pensare alla separazione tra le due sorelle. Una sequenza che nella pellicola di Blitz Bazawule non raggiunge né tenta di sfiorare la tragicità e la commozione che emanava quella del film del 1985. Ma si tratta solo di uno dei tanti momenti che non solo vengono poco sfruttati, ma ai quali viene tolta profondità e rilievo.

Il musical di Bazawule non convince fino in fondo – Il colore viola, la recensione

Ciò che comunque rende Il colore viola di Bazawule un film che non convince del tutto è il fatto che per buona parte della sua cospicua ed eccessiva durata, la pellicola non emoziona, non coinvolge, non riesce a parlare al suo pubblico come ha fatto l’opera originale. Ma se si partisse anche dalla considerazione di un confronto impari e di un paragone tra due generi troppo diversi e di una vera e propria rivisitazione del romanzo, Il colore viola è comunque un film che ha una difficoltà a colpire ed entusiasmare chi lo guarda. All’intera prima parte sembra mancare il giusto pathos e anche le esibizioni, nonostante un ottimo corpo di ballo e dei brani abbastanza buoni, non sono trascinanti come altri musical. Il colore viola alterna esageratamente una visione scanzonata della storia e una più dolorosa. La prima e la seconda parte sono così nettamente opposte, con una seconda che funziona maggiormente, ma che fa dell’intera pellicola un film spaccato in due; due prodotti diversi, a sé stanti, troppo slegati.

Il colore viola 2024

Warner Bros.

La tecnica ha dalla sua una fotografia fatta di colori caldi, a volte sgargianti e nitidi, che ben si contrappongono ai momenti più bui dove, sempre preferendo tinte cromatiche vivaci e che saltano all’occhio, colori più scuri che rappresentano appunto momenti di sofferenza e solitudine. La scenografia è invece un po’ più povera, ma mantiene comunque un’attenzione per quanto riguarda epoca e delineazione di uno specifico ceto sociale. Un aspetto che è ancor di più rappresentato dai costumi, impeccabili in ogni singolo momento della storia, che seguono l’evoluzione della trama e dei personaggi. Pregio dell’opera, dato sia dalla recitazione che dalla sceneggiatura, è quello relativo al cambiamento sociale e culturale che ha contraddistinto gli Stati Uniti nei primi anni del 900, relativamente alla figura della donna e ai diritti civili degli afroamericani. Il difetto più grande del film è forse proprio nel tipo di punto di vista che viene adottato e che probabilmente parte dal musical originale, spettacolo che a Broadway è stato un grandissimo successo.

L’innovazione coreografica e musicale che non arriva al cuore – Il colore viola, la recensione

Il colore viola 2024

Warner Bros.

Per quanto come musical Bazawule realizzi, tra testi e balli, una matrice innovativa e anche aderente al territorio e al tipo di situazioni che intende mostrare, la messa in scena dei momenti non musicali perde di verve ed energia, dando al racconto un’evidente mancanza di fluidità. Il colore viola non è quindi visivamente inefficace, ma non riesce a dare alla storia quel forte e prepotente impatto che il film potrebbe e dovrebbe avere. L’eco diversa che si respira con questo adattamento del musical e la trasformazione operata, non funzionano fino in fondo, almeno non nella chiave di lettura che tenta di essere melodramma e rappresentazioni musicali, con canti e balli che catturano l’attenzione ma che a volte hanno poco a vedere con ciò che raccontano. Degne di nota le interpretazioni dell’intero cast, in particolare di Halle Bailey, Fantasia Barrino, Danielle Brooks, candidata agli Oscar 2024 come Miglior attrice non protagonista per la sua performance, e Colman Domingo, fresco di nomination, sempre agli Academy Awards 2024, ma per il suo ruolo in Rustin.

Il colore viola

Voto - 6.5

6.5

Lati positivi

  • Le interpretazioni dell’intero cast, in particolare di Halle Bailey, Fantasia Barrino, Danielle Brooks
  • La rappresentazione del cambiamento sociale e culturale che ha contraddistinto gli Stati Uniti nei primi anni del 900, relativamente alla figura della donna e ai diritti civili degli afroamericani

Lati negativi

  • Per buona parte della sua cospicua durata, il film non emoziona, non coinvolge, non riesce a parlare al suo pubblico come ha fatto l’opera originale
  • La prima e la seconda parte sono nettamente opposte, con una seconda che funziona maggiormente, ma che fa dell’intera pellicola un film spaccato in due

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