Il sol dell’avvenire: recensione del nuovo film di Nanni Moretti, al cinema e poi a Cannes

Nanni Moretti all'ennesima potenza nel suo nuovo film, al cinema dal 20 aprile e poi in Concorso a Cannes, Il sol dell'avvenire

Arriva al cinema giovedì 20 aprile, prima di gareggiare in Concorso al Festival di Cannes 2023, Il sol dell’avvenire, nuovo film diretto da Nanni Moretti. Dopo l’accoglienza, non proprio calorosissima, di Tre piani, primo caso in cui il regista romano si è cimentato con un soggetto non suo, Moretti torna a fare un film alla Moretti. Un film che è una summa del suo cinema, una storia attraverso la quale il regista guarda al passato e, nel contempo, pensa al futuro. Non un testamento, come espresso a chiare lettere dallo stesso Moretti, ma una riflessione (auto)ironica che abbraccia il personale e il professionale, quel che c’è dentro e quel che sta fuori dal set. Una riflessione, in ultima analisi, sul cinema contemporaneo che, prendendo in prestito la metafora che usa nel film il personaggio di Mathieu Amalric, è diventato un grosso circo.

Giovanni (Moretti) è un regista che sta girando un film ambientato nel 1956, in cui Silvio (Silvio Orlando), il segretario di una sezione del PCI della periferia romana si ritrova alle prese con una serie di questioni morali e politiche quando, d’accordo con la moglie (Barbora Bobulova) invita il circo ungherese Budavari. Proprio quando gli artisti circensi arrivano a Roma, in Ungheria la popolazione si ribella al regime sovietico. Giovanni è un regista meticoloso, fermo nelle sue ideologie e ritualità, che spesso cozzano con le esigenze dell’industria contemporanea e con la pazienza della moglie Paola (Margherita Buy), che fino a quel momento ha prodotto tutti i suoi film. Il mondo del cinema sta cambiando, questo Giovanni lo sa bene. Quel che ancora non sa è che anche la sua vita privata è arrivata a una svolta. Nel cast, oltre a Moretti, Buy, Orlando e Bobulova anche Mathieu Amalric, Jerzy Stuhr, Teco Celio, Valentina Romani, Elena Lietti e Blu Yoshimi.

il sol dell'avvenire recensione

Il sol dell’avvenire. Sacher Film, Fandango, Rai Cinema

Indice:

Un film alla Moretti

Il sol dell’avvenire è un film alla Moretti che si chiede – e che ci chiede – se abbia ancora senso fare film alla Moretti nel panorama contemporaneo. Un panorama contemporaneo che, non solo in ambito cinematografico, è cambiato e sta ancora cambiando. Non necessariamente in meglio. Questo lo sanno bene sia Nanni Moretti che il suo alter-ego Giovanni, minoranza in un mondo in cui per i gusti delle minoranze non c’è spazio. Prima di iniziare le riprese di ogni film (ne gira uno ogni 5 anni, non proprio un ritmo da competizione), Giovanni ha una sua rigorosissima ritualità da seguire: mangiare il gelato sul divano con la moglie Paola e la figlia Emma, guardando Lola di Jacques Demy e avvolto in una copertina granny square (che poi è la stessa di Sogni d’oro). Giovanni fa sopralluoghi in monopattino accompagnato dal produttore (Amalric), ripete i ciak all’infinito, è fissato con le canzoni italiane e ha la tendenza a voler dire la sua su tutto, anche quando le faccende non lo riguardano in prima persona.

È il caso della visita al set del film, di cui la moglie è co-produttrice, una storia padre-figlio di matrice shakespeariana diretto da un regista sulla cresta dell’onda con la fissazione per le scene violente. Giovanni arriva, blocca i lavori a un passo dall’ultimo ciak, cerca di convincere regista e produzione della futilità ideologica della violenza esibita, chiama a fare da consulenti Renzo Piano, Corrado Augias, Chiara Valerio, telefona a Martin Scorsese. Una sequenza di memorabile ironia, come memorabile è il racconto dell’incontro con Netflix, coi suoi prodotti visti in 190 Paesi, che rimprovera al film di Giovanni di avere “uno slow burner che non esplode” e lamenta l’assenza di momenti “what the fuck”. L’intransigenza non va d’accordo col futuro e se serve resistere, ci dice (e si dice) Moretti, altrettanto occorre fare i conti con i propri limiti e le proprie idiosincrasie. Per andare incontro al sol dell’avvenire serve venire a patti con se stessi, tenersi stretti quel che siamo stati e che siamo, ma senza sabotarsi.

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Il sol dell’avvenire. Sacher Film, Fandango, Rai Cinema

Tra quel che è stato e quel che potrà essere ancora – Il sol dell’avvenire recensione

Nanni Moretti, che firma la sceneggiatura insieme a Francesca Marciano, Federica Pontremoli e Valia Santelia, muove la narrazione tra due storie e due piani temporali che si intrecciano, tra film e vita. È un gioco di specchi, di incastri a scatole cinesi quello de Il sol dell’avvenire. Giovanni è l’alter-ego di Moretti, Silvio quello di Giovanni. E quello ambientato nel 1956 non è l’unico film nel film. Giovanni sogna di dirigere un film su una coppia pieno di canzoni italiane e ne sta scrivendo un altro tratto dal racconto di John Cheever Il nuotatore, rammaricandosi (mentre macina vasche dettando le sue idee) di non averlo fatto quand’era più giovane.

Giovanni (e per estensione Nanni Moretti) non è solo regista, è marito, uomo e padre e la sua figura è indagata a 360 gradi. Perché è a 360 gradi che Moretti si mette in discussione, riflette su stesso, si confronta con quello che è stato e quello che potrà essere ancora, in un ritratto a tutto tondo tra cinema e vita. Chiamandoci in causa in prima persona, come spettatori, a riflettere sul nostro essere parte attiva (o passiva?) di un processo di cambiamento. È splendido in tal senso il monologo che Giovanni fa su Non uccidere di Krzystof Kieslowski e su quella messa in scena così repulsiva della violenza, che ci spinge a non voler guardare oltre, a non volerne ancora, e che oggi sarebbe impensabile. Quando abbiamo deciso che dovesse essere tutto esibito? Abbiamo davvero bisogno di quello che l’industria ci offre e nel modo in cui sceglie di farlo?

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Il sol dell’avvenire. Sacher Film, Fandango, Rai Cinema

Il “sol dell’avvenire”

Il sol dell’avvenire (qui il trailer) è un film ironico, autoironico, con momenti estremamente divertenti, squisitamente morettiano e ricco di auto-citazioni che non mancheranno di scaldare il cuore agli affezionati di vecchia data. Amaro e critico, ma per niente disperato, l’ultimo film di Moretti sembra chiudere un cerchio per aprirne uno nuovo. Dopo aver pensato al più drammatico possibile dei finali per il suo film, Giovanni decide di invertire la rotta e si domanda cosa succederebbe se cambiasse prospettiva.

Il cambio di prospettiva c’è e Giovanni riscrive la storia (anche quella con la lettera maiuscola), finisce per ammorbidirsi, per mettere in un cassetto (quasi) tutte le sue idiosincrasie, abbandonandosi a una danza liberatoria e di rinascita sulle note di Voglio vederti danzare. Sul finale, in una magnifica parata – tanto malinconica quanto gioiosa – lungo i Fori Imperiali, sfilano i volti delle persone che hanno segnato la vita e la carriera di Nanni Moretti e il sol dell’avvenire si fa quanto mai luminoso.

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Il sol dell’avvenire. Sacher Film, Fandango, Rai Cinema

Il sol dell'avvenire

Voto - 8.5

8.5

Lati positivi

  • Nanni Moretti all'ennesima potenza in un film che riflette sul passato e il futuro, tra cinema e vita, amaro e critico ma mai disperato
  • Un film (auto)ironico e critico, con momenti estremamente divertenti e ricco di citazioni: una summa del cinema di Moretti, non un testamento

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