Il treno per il Darjeeling: recensione del film di Wes Anderson

Uno sguardo ad uno dei film più apprezzati dell'eccentrico regista

Il treno per il Darjeeling recensione. Nel 2008, in Italia, arrivava uno dei film più interessanti dello filmografia di Wes Anderson. Stiamo parlando de Il treno per il Darjeeling, folle road movie. Sulla falsa riga dei precedenti (e, si vedrà, dei successivi) prodotti, il regista mette in scena una parabola familiare attraverso uno scellerato viaggio in India di tre fratelli. Il film di Wes Anderson è un prodotto tanto divertente quanto teso verso la riflessione, essendo impostato su un forte dramma familiare. Scritto con la collaborazione di Roman Coppola e Jason Schwartzman, il film vede tra i protagonisti lo stesso Schwartzman, fedelissimo attore feticcio del regista, Owen Wilson e Adrien Brody, nei ruoli dei tre fratelli protagonisti.

Presentato al Festival del Cinema di Venezia nel 2007, il ricercato viaggio dell’eccentrico regista ha stupito e convinto tutti. Allo stesso Festival vinse il Leoncino d’oro a testimonianza del valore artistico del prodotto. Scopriamo, in questa recensione, cosa ha funzionato in questo film per renderlo uno dei titoli più interessanti di quell’annata e della filmografia di Anderson!

Il treno per il Darjeeling recensione

La storia è quella di Peter, Francis e Jack. I tre uomini hanno qualcosa che li lega, un piccolo particolare in comune: il cognome Whitman. Infatti i tre sono fratelli, anche se da ormai un anno, dopo la morte del padre, non si rivolgono più la parola. Francis, il maggiore dei fratelli, dopo un incidente in moto che stava per costargli al vita, decide di riunire i fratelli. Lo scopo è pianificare un viaggio in India, con l’iniziale scopo di ritrovare se stessi e il loro legame fraterno, ormai perso da tempo. L’itinerario messo in atto da Francis è ben organizzato e rigidamente diviso in tappe per evocare una rinascita spirituale nell’animo dei due fratelli. Il viaggio attraverso tutte le tappe indiane verrà effettuato a bordo del Darjeeling Limited, un particolare treno che sarà il vero e proprio quarto protagonista della storia, ospitandoli e facendo vivere loro alcune grottesche situazioni.

Il viaggio terrà i fratelli a stretto contatto e li porterà a comunicare e a rievocare ricordi famiiari e vicende delle loro vite, scavando nel passato. Però, la vicinanza forzata, non è sempre la cosa migliore. Infatti i fratelli hanno caratteri e personalità complesse e articolate, quasi impossibili da conciliare. Alle prime occasioni scattano diverbi e incomprensioni, in primis legate ad alcuni attegiamenti che insospettiscono e fanno sorgere alcuni dubbi. Stanno realmente facendo un viaggio spirituale? E cosa sta succedendo su quel treno? Molte delle risposte alle loro domande si troveranno in un convento himalayano verso il quale sono realmente diretti i Whitman. L’ultima meta dell’itinerario di Francis, però, riserva ai suoi fratelli delle sorprese che metteranno a dura prova i legam familiari.

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I Whitman – Il treno per il Darjeeling recensione

Le vicende familiari e ciò che ruota attorno ai sentimenti e alle vicissitudini della famiglia, erano già state ben espresse da Wes Anderson ne I Tenenbaum. Adesso è il rapporto tra i tre fratelli Whitman il centro delle dinamiche narrative. I tre fratelli sono dei personaggi complessi e controversi, perfetti per il tipo di narrazione a cui ci ha abituati il regista. Ognuno di loro ha dei piccoli drammi alle spalle e la loro vita sembra non potersi conciliare con quelle degli altri. Tutti sembrano all’apparenza tranquilli e rilassati ma durante le sequenze comprendiamo cosa si cela dietro le maschere e le apparenze, I fratelli non si parlano per un anno prima del viaggio e tutti sono sparsi in luoghi diversi del mondo, ma tutti affrontano un dramma. Dall’incidente di Francis alle mancate prese di responsabilità degli altri due fratelli, incapaci di affrontare con maturità la loro vita.

Mi chiedo se noi tre saremmo stati amici nella vita reale.
Non come fratelli, come persone normali.

Tutti fuggono da qualcosa e forse il vero e proprio conforto, la vera rinascita, deve davvero avvenire attraverso il viaggio. Un viaggio che, per quanto forse non chiaro nelle intenzioni e nella meta finale, è importante come percorso. Non importa, probabilmente, l’arrivo ma la strada percorsa e la consapevolezza appresa durante il folle e complicato sentiero. Il messaggio classico del road movie qui si snoda sempre attraverso nuovi sbocchi narrativi e sottotrame interessanti e coinvolgenti. Proprio quest’ultime lasciano lo spettatore libero di godersi un frenetico viaggio per poi, nei momenti più adatti del film ma anche successivamente, ripensare ai temi trattati, agli stimoli percepiti e al valore di una visione pregna di spunti di riflessione. Una storia all’apparenza semplice ed equilibrata ma capace di scavare nel profondo dei rapporti familiari e nei loro intrecci.

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Spiritualismo eccentrico – Il treno per il Darjeeling recensione

Se il tema classico del road movie e le motivazioni sono le più comuni e le più fortunate per una commedia dai toni drammatici, è la messa in scena a rendere il tutto più che originale. Da inizio 2000 ormai, Wes Anderson ci ha mostrato la sua maniacale ricerca estetica e visiva, il suo affascinante mondo che spesso fa risaltare l’artificiosità della messa in scena, sovrapponendola alla storia principale. Lo spettatore più avvezzo al cinema del regista, può subito scorgere i tratti contraddistintivi del suo repertorio tecnico-estetico. Dalle inquadrature perfettamente simmetriche, ai colori pastello – con prevalenze di arancione, giallo e azzurro – fedeli compagni visivi, fino ad arrivare alle stravaganti location e agli insoliti oggetti di scena. A questo fine il contesto geografico indiano assicura una mise-en-scène ideale.

Ma oltre il trattamento estetico-visivo, che si concretizza in una sapiente regia equilibrata e coerente alla narrazione, sono presenti anche altri elementi a sostegno della buona riuscita del film. In primo luogo va segnalata l’ottima scrittura di una sceneggiatura che riesce ad attenzionare tutti i momenti e le sottotrame, pur aprendone qualcuna di troppo: in questo tipo di cinema frenetico, il focus spesso viene spinto da una parte all’altra e non sempre può essere accettato dal pubblico. All’interno della narrazione, si muovono i protagonisti ben caratterizzati dal trio di attori che non sfigura mai e contribuisce alla costruzione di un buon prodotto sotto tutti i punti di vista.

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Conclusioni – Il treno per il Darjeeling recensione

L’orchestrazione sonora, la fotografia e i costumi della pluripremiata italiana Milena Canonero, accentuano la scelta di Wes Anderson di spingere verso una rappresentazione dal forte impatto visivo. Il film, purtroppo, viene però sconnesso (sia in sala che sulle piattaforme di streaming) da un cortometraggio che ne dovrebbe anticipare la visione, fungendo da antefatto. Hotel Chevalier (questo il titolo), con protagonisti Jason Schwartzman e Natalie Portman, è però reperibile su YouTube.

Il treno per il Darjeeling non è di certo tra le punte di diamante della stravagante filmografia di Anderson, che arriva a vertici altissimi nell’animazione. Riesce però a risultare un film gradevole, ben articolato nelle sue componenti visive e soprattutto scorrevole. La durata non eccessiva (104 minuti) e l’eccellente montaggio ne facilitano la fluidità e la scorrevolezza, accelerando il processo di frenesia cinematografica e narrativa tipica del regista. Un film che però, nonoastante il forte dinamismo, affronta con delicatezza e leggerezza tematiche importanti quali la famiglia, il viaggio e il distacco dal mondo occidentale. Sicuramente un film godibile e attraente sotto vari punti di vista, che non convince appieno ma lascia soddisfatti.

Il treno per il Darjeeling, di Wes Anderson

Voto - 7.5

7.5

Lati positivi

  • L’eccentricità della messa in scena: i colori, le scenografie e i costumi sono alcuni dei tanti elementi a favore del cinema di Wes Anderson
  • Gli spunti di riflessione: i temi trattati riescono a porre la riflessione al discorso familiare e affettivo
  • Hotel Chevalier: un cortometraggio antefatto che varebbe la pena di vedere anche slegato dal film principale

Lati negativi

  • La storia: il soggetto semplice può spesso esser sovrastato dal comparto estetico
  • Il focus: il dinamismo di sottotrame e eventi vari, sposta spesso il focus da una parte all’altra potendo risultare fastidioso per alcuni spettatori

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