Insidious 5 – La Porta Rossa: la recensione dell’ultimo capitolo della saga horror diretto da Patrick Wilson

Arriva in sala Insidious - La Porta Rossa, ultimo capitolo diretto da Patrick Wilson della saga iniziata nel 2010 da James Wan

La terrificante saga della famiglia Lambert arriva alla sua conclusione con Insidious – La Porta Rossa, ultimo capitolo del franchise horror iniziato nel 2010 con il primo film diretto da James Wan. Patrick Wilson, interprete di Josh Lambert sin dal primo Insidious, affianca a quello di protagonista il ruolo di regista segnando con La Porta Rossa il suo esordio dietro la macchina da presa. Insidious 5 è sequel diretto di Oltre i confini del male (2013) e dopo un terzo e un quarto capitolo che fungono da prequel alla vicenda principale, l’azione torna a concentrarsi sulle figure di Josh e Dalton Lambert (Ty Simpkins), pronti ad affrontare un nuovo viaggio nell’Altrove più spaventoso che mai. Dopo l’ottimo esordio affidato a James Wan, che ha diretto anche un secondo capitolo meno esaltante ma comunque convincente, la saga ha preso una brutta piega con due prequel (diretti rispettivamente da Leigh Wannell e Adam Robitel) piuttosto ripetitivi e privi di idee e trovate, anche visive, degne di nota. Ma Insidious 5 (qui il trailer) riesce a chiudere il cerchio in maniera compiuta e a spaventare come si deve mostrando cosa si cela dietro la porta rossa? Prima di passare alla nostra recensione riprendiamo qui di seguito la sinossi ufficiale.

In Insidious: La Porta Rossa, il cast originario del franchise horror si riunisce nell’ultimo capitolo della terrificante saga della famiglia Lambert. Per mettere a tacere i loro demoni una volta per tutte, Josh (Patrick Wilson) e Dalton (Ty Simpkins), ormai in età da college, devono spingersi nell’Altrove più a fondo di quanto non abbiano mai fatto, affrontando l’oscuro passato della loro famiglia e una serie di nuovi e più spaventosi terrori che si nascondono dietro la porta rossa.

insidious 5

Patrick Wilson in Screen Gems Insidious: The Red Door

Indice:

Il viaggio nell’Altrove come percorso nel trauma e nella memoria – Insidious 5, la recensione

Partiamo col dire che sì, Insidious 5 chiude effettivamente la storia di coloro che sono stati, prequel a parte, i protagonisti principali della saga. Josh e Dalton sono accomunati dalla stessa caratteristica, ovvero quella di poter “viaggiare” nel sonno nel mondo dell’Altrove tormentato dalle anime dei morti. Sono due portali astrali e nel primo e secondo capitolo li abbiamo visti vittime di possessione violenta per poi finire, grazie all’ipnosi, a dimenticare tutto. Ma i traumi lasciano il segno e La Porta Rossa dà spazio a questo aspetto tentando di indagare più a fondo nel rapporto tra Josh e Dalton, soprattutto nella dimensione della memoria. A causa delle esperienze passate padre e figlio hanno finito per allontanarsi e il loro è diventato un rapporto tutt’altro che idilliaco e la partenza di Dalton per il college diventa l’occasione per tentare di ricucire una relazione che sembra compromessa in maniera irrimediabile.

Un luogo narrativo piuttosto comune, questo, cui la sceneggiatura firmata da Scott Teems decide di lasciare grande spazio. Forse troppo, con un prologo che se da un lato serve a farci riprendere i contatti con la famiglia Lambert, quasi del tutto messa da parte nel terzo e quarto capitolo, dall’altro costringe a una corsa controproducente da metà film in poi. Josh e Lambert, con un ultimo viaggio nell’Altrove che scoperchia segreti di famiglia da lungo tempo sepolti, si ritrovano insieme nella più spaventosa delle dimensioni. Ed ecco che il tutto assume un valore metaforico, con una chiave di lettura piuttosto evidente che carica la parte horror di significato. Peccato che il personaggio di Dalton sia a volte sacrificato nel suo sviluppo e la sua evoluzione affidata a soluzioni, anche visive, eccessivamente didascaliche e poco innovative. Si percepisce l’intento del voler raccontare il rapporto padre/figlio tramite il linguaggio metaforico dell’horror, ma si ha la sensazione di un racconto un po’ frettoloso.

insidious 5 trailer

Ty Simpkins in Screen Gems Insidious: The Red Door

La Porta Rossa chiude in maniera coerente la saga ma senza essere memorabile – Insidious 5, la recensione

Dati scientifici alla mano, il primo Insidious vanta il primato di contenere i jumpscare più spaventosi e imprevedibili di sempre. Basti citare quello, famosissimo, del demone che appare alle spalle di Josh mentre parla con Lorraine. Quando non è forzatamente inserito per assicurare lo spavento facile e quando non diventa l’unico espediente cui affidarsi, il jumpscare è presenza gradita e spiazzante. Quando invece è talmente telefonato da poterlo prevedere e quando è unico strumento nella creazione della tensione finisce con l’infastidire. La Porta Rossa infila una sequenza di jumpscare uno dietro l’altro a partire da metà film in poi, con una media di un salto sulla poltrona ogni 10 minuti circa.

Manca una costruzione adeguata della tensione, manca la sensazione del vero pericolo inatteso, della minaccia pronta a colpire perché sappiamo esattamente cosa succederà e in che modo il film deciderà di spaventarci. Perché se è vero che, oggi, al genere horror si chiede di andare oltre la semplice paura, è altrettanto vero che non si può prescindere da queste dimensione variamente declinata. Ed è soprattutto qui che il film di Patrick Wilson convince poco, decidendo di rimanere in un solco già tracciato dai capitoli precedenti senza andare oltre e arricchire la saga di una necessaria innovazione. Insidious 5 è quindi un film coerente con i primi due capitoli di cui è sequel diretto, chiude adeguatamente il racconto iniziato più di dieci anni or sono ma lo fa senza essere memorabile. Un giusto e necessario epilogo che, però, non riesce a lasciare il segno.

insidious 5

Patrick Wilson in Screen Gems Insidious: The Red Door

 

Insidious - La Porta Rossa

Voto - 6

6

Lati positivi

  • L'ultimo capitolo, diretto da Patrick Wilson, chiude in maniera coerente la saga iniziata nel 2010 da James Wan
  • Il linguaggio dell'horror che si fa metafora per parlare di trauma, di memoria e del rapporto padre/figlio che lega Josh e Dalton

Lati negativi

  • Il film si affida troppo alla soluzione del jumpscare, abusando di questo espediente
  • Un ultimo capitolo che finisce per non essere memorabile per la mancanza di soluzioni innovative, sia dal punto di vista registico che visivo e narrativo

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