La Signora Harris va a Parigi: recensione del film con Lesley Manville e Isabelle Huppert

Una favola dalle atmosfere magiche e cariche di sogni

La Signora Harris va a Parigi recensione. Sognare è un lusso che tutti possono permettersi. La Signora Harris, interpretata da una vibrante e genuina Lesley Manville, insegna proprio questo. In maniera forse un po’ ingenua il film porta a sognare e a far si che quello che la protagonista desideri si avveri. Non lo fa però come un miracolo ma punta a far capire che sicuramente sognare sarà per tutti ma se questi sogni devono essere concretizzati c’è sempre da lavorare. Il film diretto da Anthony Fabian è tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore Paul Gallico ed è il secondo adattamento che ha portato sugli schermi la storia della Signora Harris. 

Già nel 1992 venne infatti realizzato un film per la tv con l’attrice Angela Lansbury nei panni della protagonista. Il film di Fabian ha tra gli altri l’attrice francese Isabelle Huppert, straordinaria come sempre; Jason Isaacs, Lucas Bravo e Alba Baptista. Una pellicola dai toni ovattati, dalle atmosfere magiche e sognanti che sembra svelare la sua storia in una magica ed isolata bolla. Scopriamone di più in La Signora Harris va a Parigi recensione. 

Indice: 

La Signora Harris va a Parigi recensione – Storia di una domestica 

La storia de La Signora Harris va a Parigi recensione, è ambientata nella Londra del 1957. Ada Harris è una domestica che lavora presso tre case diverse; presso una giovane e aspirante attrice, un uomo d’affari e una ricca donna che la tratta con sufficienza. A farle compagnia c’è Violet una donna nera che lavora anche lei come domestica nonché sua cara amica. Da anni però Ada è in attesa del ritorno del suo amato Eddie partito per combattere nella Seconda Guerra Mondiale. Nonostante siano passati molti anni Ada non è pronta ad accettare l’idea che l’uomo possa non tornare, ma è costretta a farlo quando le vengono rispediti i suoi effetti personali. Un giorno vede nell’armadio della sua datrice di lavoro un bellissimo vestito ed è decisa a comprarne uno per sfoggiarlo ad un ballo del quartiere.

Decide di comprare un abito di Dior alla incredibile cifra di 500 sterline. Con questo obiettivo comincia a raccogliere dei soldi, alcuni anche dalla pensione di Eddie, e vola a Parigi dalla Maison Dior per acquistarlo. Dopo un’accoglienza tutt’altro che cortese, Ada riesce a fare breccia nei cuori delle modelle e dei sarti della Maison e con i sodi raccolti acquista il vestito. Non sa però che essendo su misura dovrà rimanere a Parigi almeno una settimana. Durante questi sette giorni conoscerà meglio Natasha, una delle modelle che aspira ad una vita diversa, il giovane contabile André Fauvel, la perfida Claudine Colbert, coordinatrice della casa di moda e l’affascinante e cortese Marchese de Chassagne. Il suo soggiorno però non rappresenterà solo un sogno per Ada ma molto di più per tutti loro. 

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La Signora Harris va a Parigi recensione – “A Parigi il lavoratore è il Re”

Parigi è il sogno e la magica città in cui la Signora Harris vuole comprare il suo vestito. Tutto il suo soggiorno e la sua esperienza nella città sono fin troppo ottimistiche, con un solo lato sgradevole: i netturbini sono in rivolta per le paghe e la città è preda degli olezzi che si alzano da mucchi di spazzatura. Il tema interessante della pellicola, che si trova sotto questa apparente perfezione ed eleganza degli abiti di haute couture, è il lavoro. Ada Harris è una semplice domestica che guadagna uno stipendio esiguo per il lavoro che fa; la Maison Dior, nonostante abbia clienti altolocati tra marchesi e duchesse, è fatta da modelle e da sarte e sarti che cuciono con dedizione ogni singolo pezzo di stoffa. Il loro rapporto con il lavoro è centrale ed è proprio per questo che una semplice domestica riesce a far breccia nella più altolocata casa di moda Parigina. 

L’unica ad opporsi a quella che considera “una caduta di stile” è la Signora Colbert che sente il dovere di mantenere l’area di prestigio e di eleganza che la casa di moda ha sempre avuto. Non accetta quindi la presenza di Ada e il suo fare dai modi semplici e garbati. Nonostante tutto però la forza e la ricchezza della moda derivano proprio da chi vi lavora ed è necessario che vengano trattati con rispetto. Ada li fa riflettere su questo e da semplice ed onesta lavoratrice li aiuterà a cambiare le cose. Sebbene quindi il suo sogno sembri assurdo in realtà non lo è, perché lei e le donne come lei hanno diritto ad un vestito più di molte altre. Come le dice il suo amico quindi, a Parigi il vero Re è il lavoratore. 

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La Signora Harris va a Parigi recensione – Un viaggio al momento giusto

In chiusura de la Signora Harris va a Parigi recensione, vediamo che il film è incentrato come già detto sul sogno di Ada. Comprare un vestito a quella cifra può essere per certi versi ridicolo eppure per lei è importante. Indossarlo semplicemente per farne sfoggio, per apparire può farla peccare di superficialità ma non vai mai sottovalutato il potere di un abito così come di un taglio di capelli. La protagonista di Fleabag lo ha spiegato abbondantemente e così un abito rappresenta per una donna un processo di auto-affermazione e un atto di indipendenza. Ada ha raccolto i soldi per poterlo avere mettendo da parte ogni centesimo del suo impegno. Un aspetto che fa riflettere sul valore del denaro e della realtà che non è poi così edulcorata come si desidererebbe. In quei sette giorni non c’è solo l’attesa dell’abito ma anche la possibilità di vivere in maniera diversa. Uscire dalla routine lavoro-casa e vivere per una volta qualcosa di nuovo. Così Ada Harris per una volta si concede semplicemente una vacanza.

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Da apprezzare invece il lato tecnico del film che enfatizza tutta l’idea del sogno tramite una fotografia dai toni pastello, da inquadrature sfocate che si soffermano sugli abiti e sull’atto creativo dei vestiti. Notevoli la performance di Lesley Manville e di Isabelle Huppert, soprattutto il personaggio di quest’ultima ha dimostrato che dietro l’apparente rigidità nasconde ben altro; e infine i due giovani Natasha – un personaggio scritto in maniera poco chiara che può confondere chi guarda – e André Fauvel, il visionario ma timido contabile che segna il futuro della maison francese. In conclusione di La Signora Harris va a Parigi recensione, consigliamo indubbiamente il film per chi vuole viaggiare un po’ con la fantasia e apprezzare il potere della gentilezza e di un abito. 

 
 
 
 
 
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La Signora Harris va a Parigi recensione

Voto - 6.5

6.5

Voto

Lati positivi

  • Ottime interpretazioni di Lesley Manville e Isabelle Huppert
  • Interessanti le tematiche di base del film
  • Gradevoli le atmosfere ovattate con la fotografia e i colori pastello

Lati negativi

  • Alcuni personaggi dalla caratterizzazione poco chiara
  • Un’idea poco irrealistica di alcuni elementi nel film

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