Moonrise Kingdom: Una fuga d’amore – Recensione del film di Wes Anderson

Ecco la recensione dell'ottavo film di Wes Anderson, Moonrise Kingdom: Una fuga d'amore

Ci amiamo e vogliamo stare insieme, che male c’è?”

Niente di male, se non fosse che a pronunciare questa battuta in Moonrise Kingdom di Wes Anderson sia la dodicenne Suzy Bishop (Kara Hayward). Destinatario del suo amore è il coetaneo Sam Shakusky (Jared Gilman), giovane marmotta che si è guadagnato tutte le spille e le toppe possibili del campo scout che frequenta d’estate. Cosa possono fare dunque due dodicenni per amarsi e passare del tempo insieme? Semplice. Devono fuggire. Ecco la nostra recensione di Moonrise Kingdom.

Moonrise Kingdom: Una fuga d’amore – Recensione del film di Wes Anderson

Siamo nell’estate del 1964, le tinte pastello – adorate dal regista texano – dominano le palette cromatiche dell’abbigliamento e dell’oggetistica dell’epoca. Non solo; i colori caldi e tenui dei favolosi anni Sessanta si infondono anche nel paesaggio e nel modo in cui la luce del sole illumina gli accampamenti e le fronde dei boschi. La piccola ma decisa Suzy guarda il mondo dall’alto in basso grazie al suo bel binocolo. Un giorno il valoroso scout Sam attira la sua attenzione. Tra i due inizia una relazione epistolare che culmina nell’estate successiva con l’arrivo della lettera più importante di Sam. Quella contenente il piano e la mappa per la loro fuga romantica.

Arriva il giorno dell’evasione. Suzy si presenta con l’abito e le scarpe buone della domenica e una valigetta contenente libri, un giradischi e un gatto. Niente di particolarmente utile. Per fortuna Sam ha rubato tutto il necessario dal campo scout: una tenda, delle padelle, il sacco a pelo. Accortasi della loro dipartita tutta l’isola di New Penzance si mobilita per ritrovare i due ragazzini scomparsi. Intanto i nostri protagonisti si addentrano per i boschi, ripercorrono l’antico sentiero dei Chickchaw – una tribù indiana – finché non trovano il loro angolo di paradiso. Una piccola baia appartata sull’isola rinominata dai due piccoli amanti Moonrise Kingdom.

Moonrise Kingdom – Nel paese delle creature selvagge

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Nel loro Eden privato Sam e Suzy ballano, si baciano e dormono insieme accucciati nella tenda montata a regola d’arte dal piccolo scout prodigio. La mattina successiva i due vengono scoperti e i “grandi” vogliono mettere fine al loro scellerato idillio. Suzy viene riportata a casa dai genitori e Sam viene accolto in casa dal capitano Sharp (Bruce Willis) in attesa dell’arrivo di un assistente sociale. L’intervento dei Servizi Sociali si è reso necessario perché i genitori affidatari del piccolo Sam decidono di non volerlo più tenere.

Saranno i compagni scout di Sam, stavolta, a progettare una fuga per favorire l’unione dei due giovani amanti. Un piano coi fiocchi, tanto che ci scappa pure il matrimonio tra Sam e Suzy celebrato da Ben (Jason Schwartzman), un Khaki scout di un accampamento vicino. Ancora una volta i nostri protagonisti vengono raggiunti dagli antagonisti e intanto il ciclone annunciato dal meteo nei giorni precedenti si abbatte sull’isola di New Penzance. Sam e Suzy si rifugiano in una chiesa, ma l’assistente sociale (Tilda Swinton) per portare via il povero orfanello è già arrivato. I due fuggono sul tetto, niente potrà dividerli, nemmeno i servizi sociali. Sarà il capitano Sharp a risolvere la situazione. Adotterà Sam legalmente, così da risparmiargli l’orfanotrofio e permettergli di stare vicino alla sua Suzy.

I luoghi magici di Moonrise Kingdom

L’angolo di paradiso denominato dai due giovani amanti “Regno della luna nascente” in realtà non esiste. Come non esiste l’isola di New Penzance ricreata a Rhode Island, nel New England. Sono luoghi immaginari, in immaginari anni 60 a fare da sfondo all’epica storia d’amore di Sam e Suzy. Ed in Moonrise Kingdom la toponomastica è stata creata a regola d’arte. Suzy vive a Summer’s End, un luogo che porta il nome di quella nostalgia dell’estate che si inizia a sentire a settembre, periodo in cui il film è ambientato.

E qui, nella casa di Suzy, è ambientata la scena iniziale. Appesi al muro vediamo dei quadretti realizzati a punto croce che mostrano in anteprima tutti i luoghi che troveremo nel film. La casa di bambole tipica dello stile di Wes Anderson non manca di stupire anche nel suo ottavo film. E poi le mappe accuratamente disegnate, il faro da cui Suzy osserva il mondo attraverso il suo binocolo, gli accampamenti dei campi scout, la chiesa dove i ragazzini recitano vestiti da animali, i boschi, i fiumi, i ciottoli e, ovviamente, quel lembo di spiaggia accarezzato dal mare che è Moonrise Kingdom.

Quella dei due giovani amanti è un’avventura nell’isola-che-non-c’è. È l’omaggio di Wes Anderson all’adorato personaggio di Peter Pan. E Suzy è una Wendy perfetta quando legge i suoi libri (appositamente inventati per il film) al gruppo scuot di Sam. Tutti ascoltano incantati le sue storie, proprio come i Bimbi Sperduti.

Moonrise Kingdom – Lo stile

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Dopo Fantastic Mr. Fox il modo di fare cinema di Wes Anderson è cambiato. Se è vero che il regista ha sempre disegnato storyboard di suo pugno per rendere chiare le sue idee a tutta la troupe è certo che è con la stop motion che i confini dello stile andersoniano si sono ampliati. Lo studio millimetrico di posizioni e movimenti c’è sempre di più, come la giustapposizione delle palette cromatiche. Al contrario di altri film del regista texano in Moonrise Kingdom sono frequenti primi piani che inquadrano da vicino i due protagonisti. È il modo di Wes Anderson di usare il mezzo cinematografico per dare sostanza a un suo pensiero: la vicinanza all’emotività dei ragazzi.

Anderson, da sempre sostenitore della pellicola, ha girato quasi tutto il film in 16 mm. La particolarità di Moonrise Kingdom sta nel proporre il punto di vista dei piccoli protagonisti. È un film narrato e girato ad altezza di bambino. Il regista ha fatto largo uso della macchina a mano, soprattutto nelle scene girate nei boschi, per poter seguire discretamente i due ragazzi e risparmiargli la spesso soffocante troupe cinematografica sempre dintorno. Lo stesso regista dirà della macchina a mano: “Puoi tenerla esattamente all’altezza dello sguardo di un dodicenne”. E, aggiungerei, mostrare così il loro punto di vista sul mondo, dove fantasia e realtà si fondono creando qualcosa di speciale.

Moonrise Kingdom – Quando due diverse generazioni non si comprendono

Altra cifra immancabile della filmografia andersoniana è la presenza di famiglie disfunzionali. Figuriamoci se potevano mancare in un film che racconta la fuga di due pre-adolescenti. Sam è un orfano che passa da una famiglia affidataria all’altra ed anche il suo ultimo tutore lo rinnega e non lo vuole più, motivo per cui Sam rischia l’orfanotrofio. La madre di Suzy, interpretata da Frances McDormand, non sta molto attenta a quanto succede in casa perché impegnata in una relazione extraconiugale con il capitano Sharp. Bill Murray è il padre di Suzy. Sempre depresso, desolato e tradito è consapevole della distanza, dell’incomunicabilità tra adulti e bambini, tra genitori e figli. Tanto da dire dei propri “Starebbero meglio senza di noi”.

In Moonrise Kingdom fantasia e realtà hanno lo stesso peso. Il punto di vista di Sam e Suzy deve per forza coincidere con la vera dinamica delle cose. Da qui nasce lo scontro tra generazioni, tra grandi e piccoli. L’arrivo dei servizi sociali, la minaccia dell’elettroschock sul povero Sam, i genitori che leggono manuali per “ragazzi molto problematici”. Tutti ostacoli che si frappongo tra la storia d’amore tra Sam e Suzy e la loro visione del mondo. Suzy reagisce agli ostacoli cedendo a degli attacchi d’ira. Tanto da pugnalare con le forbici uno scout per difendere il suo Sam. Questo la rende anche la prima vera eroina dell’universo andersoniano, capace di smuovere l’azione e gli eventi e di prendere decisioni di testa propria.

Moonrise Kingdom – Amarsi a dodici anni

“Un film su due dodicenni che si innamorano con un’intensità che li sovrasta. Leggermente disturbante per tutti quelli che li circondano”. Così Wes Anderson definisce il suo Moonrise Kingdom, che apre il Festival di Cannes del 2012. La sceneggiatura, scritta a quattro mani da Anderson e Roman Coppola, riceverà una candidatura agli Oscar. La colonna sonora è di Alexander Desplat, il music supervisor è Randall Poster, che sceglie di far ascoltare a Suzy i dischi di François Hardy.

Fonte principale di Moonrise Kingdom è Gli anni in tasca (1976) di François Truffaut. Da sempre uno degli autori preferiti e fondanti di Anderson, qui omaggiato con il racconto dell’amore pre-adolescenziale tra due dodicenni un po’ fuori di testa. Altra pellicola in cui due ragazzini decidono di sposarsi è Come sposare la vicina di banco e farla in barba alla maestra (Waris Hussein, 1971).

Moonrise Kingdom vanta un cast stellare di “adulti” che però contano ben poco nel film. Quello che conta nel film di Anderson è ciò che i due ragazzi desiderano. Tra Sam e Suzy è stato amore a prima vista. E a quell’età l’amore può sembrare l’unica cosa che conta, un’esperienza che sopraffà ogni altro aspetto della semplice vita di un ragazzino. In fondo è questo il potere sempiterno dell’infanzia. Rendere vero ciò che vero non è, immaginare, viaggiare con la fantasia, tentare ad ogni costo di realizzare i propri sogni. Perché in fondo, a quell’età, realtà e finzione coincidono e niente sembra impossibile.

Moonrise Kingdom, di Wes Anderson

Voto - 8.5

8.5

Lati positivi: Film girato in pellicola e con la macchina a mano; la precisione delle inquadrature e della messa in scena; due adorabili protagonisti; il delicato e un po' strambo racconto del bisogno di amarsi di due dodicenni.

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