Nickel boys: recensione del film d’apertura di Alice nella città 2024
La 22ª edizione di Alice nella città, sezione parallela alla 19ª Festa del Cinema di Roma, si apre con Nickel boys, adattamento cinematografico del romanzo dello scrittore Colson Whitehead. Diretto da Ramel Ross il film è un crudo viaggio nell’America degli anni ’60, in particolare si concentra su un periodo nel riformatorio della Nickel Academy. Nickel boys (qui il trailer) ispirato a una storia vera, utilizza uno stile di ripresa fuori dagli schemi, che gli conferisce una certa particolarità, ma che non sembra avere un senso narrativo ben definito.
Indice
Trama – Nickel boys, la recensione
Elwood Curtis vive con la nonna Hattie a Tallahassee, capitale della Florida. Sono gli anni ’60, nascono i movimenti per i diritti civili degli afroamericani, e fin da bambino Elwood percepisce la discriminazione, il razzismo e la segregazione che lui e sua nonna sono obbligati a vivere ogni giorno. Adolescente e con il sogno di studiare e diventare qualcuno, a seguito di un banale errore, viene, senza processo, condannato a una pena detentiva alla Nickel Academy, un riformatorio con 2 strutture differenti, una per bianchi e una per gli afroamericani. Due edifici con regole, attività e struttura completamente diverse.
Durante gli anni in riformatorio Elwood conosce Jack Turner, che sembra metterlo in guardia da subito sull’importanza di rispettare le regole. Ma ribellarsi e disobbedire alla Nickel Academy vuol dire anche semplicemente trovarsi al momento sbagliato nel posto sbagliato, voler difendere un compagno, essere picchiato; creare qualsiasi cosa che esuli da una quotidianità fatta di ore e condizioni di lavoro disumane, una normalità dover bisogna solo stare in silenzio e subire. Infrangere le regole ha delle conseguenze e Elwood le vivrà sulle propria pelle. La Nickel Academy aprirà così le porte dell’inferno che nasconde e della atrocità che si compiono all’interno.
Tecniche di regia sui generis – Nickel boys, la recensione
Quasi interamente girato come una soggettiva del protagonista, spostandosi poi anche sul co-protagonista che si inserisce nella seconda metà del film, Nickel boys sembra voler indurre lo spettatore a guardare alla storia e alla vicenda, con gli occhi del personaggio principale, Elwood. Quello che ha visto da bambino, da adolescente e da giovane vittima di soprusi e maltrattamenti. Nickel boys è un film crudo, capace di trasmettere la brutalità di ciò che accadeva nel riformatorio Nickel senza l’uso delle immagini, perché la macchina da presa si muove sempre come si muove il personaggio di Elwood, attraverso ciò che vede lui. Il racconto è infatti spesso maggiormente affidato ai suoni: ciò che si sente provenire da dietro quelle stanze dove nel cuore della notte avvengono torture contro chi aveva osato non rispettare le regole. Anche quelle infrante per gli scopi più legittimi.
Alla Nickel Academy i giovani costretti a scontare anni in quel luogo terribile, devono vivere nell’ombra, in silenzio, senza mai poter intervenire, dire qualcosa, chiusi in un’esistenza piatta, sterile e asettica, perché quello è l’unico modo per non esser scambiati per quella figura da punire, al quale dovere insegnare come comportarsi. È il ruolo dell’attore Hamish Linklater la personificazione dei crimini e delle ingiustizie perpetrate negli anni, e che spesso portavano a innumerevoli vittime. Ragazzi che sono spariti e che da quel riformatorio non ne sono più usciti. Gli occhi di Elwood sono gli occhi della prima ingenuità e inconsapevolezza, e si scontrano con quelli di Turner, riaccendendo in entrambi la speranza di trovare pace e tranquillità in quello stesso luogo che li aveva strappati dalle loro famiglie e dalle loro esistenze. Ma il film comunica anche la rassegnazione e la sopportazione nell’angoscia di vivere per sempre tra quelle mura macchiate del sangue di centinaia di innocenti.
Oltre la discriminazione – Nickel boys, la recensione
Prendendo in esame ciò che è accaduto ad Elwood e raccontando come stava cambiando il mondo fuori dal riformatorio, Nickel boys racconta anche le lotte per i diritti civili degli afroamericani, quei diritti che venivano continuamente calpestati e che, all’interno della Nickel Academy, trovavano massima espressione nella violenza, nella prevaricazione e nell’odio razziale più spietato. Nickel boys, riprendendo per pochi minuti il protagonista Elwood, servendosi poi della sua soggettiva anche di quella del personaggio di Turner, sembra voler esortare lo spettatore all’empatia e all’immedesimazione, ma il risultato è in realtà più di confusione d’intenti e di valenza narrativa. L’empatia è data sia dal dramma che viene narrato, ma anche dalla recitazione, dalla sceneggiatura e da quei rari momenti in cui si riesce a vedere lo sguardo e gli occhi colmi di sofferenza dei 2 protagonisti, alla ricerca di calore e di qualche attimo di distensione. La fiducia di poter, anche solo per un istante, dimenticare dove si trovavano.
La scelta della regia quindi, sicuramente non spesso vista nei prodotti audiovisivi, non sembra aggiungere al film quel qualcosa in più che, considerandone la particolarità dei movimenti di macchina e della ripresa, avrebbe dovuto suscitare. La resa è quella più poetica, che dà ogni tanto respiro, ma che si perde nella seconda parte, quando all’elemento di suggestione visiva si aggiunge, diventando primario, quello di uno schietto realismo. Se alcune scene iniziali conferiscono al film un tono più artistico, affascinante ed elegiaco, queste rimangono fine a se stesse, appaiono eccessive e scompaiono poi improvvisamente nella seconda metà. Straordinaria è invece l’interpretazione dei 2 attori protagonisti Ethan Erisse e Brandon Wilson, personaggi uniti da un legame e un’amicizia che può salvare loro le vite e che li porta a sognare una vita diversa. Turner guida Elwood nel pericoli e nelle giornate che trascorreranno lì. Mentre Elwood sarà per Turner quella forza attrattiva che proviene dall’esterno, mossa da una libertà negata e da un profondo senso di giustizia.
Nickel boys
Voto - 7
7
Lati positivi
- Interpretazioni impeccabili ed emotive
- Un film che comunica e racconta senza far vedere
Lati negativi
- Alcune sequenze sono eccessivamente dilatate
- L'uso continuo della soggettiva non ha una chiara finalità