Non aprite quella porta: recensione del sequel del classico di Tobe Hooper su Netflix

Dal 18 febbraio su Netflix il sequel diretto del classico di Tobe Hooper del 1974

Nel 1974 con Non aprite quella porta Tobe Hooper traccia un solco nella storia del genere horror moderno, cambiandolo per sempre. Capostipite dello slasher, questo autentico gioiello del terrore influenza in maniera massiccia l’opera di John Carpenter e Wes Craven e porta sulla scena uno dei villain più iconici di sempre: il terrificante Leatherface, Faccia di Cuoio. Dal 18 febbraio, su Netflix, è disponibile Non aprite quella porta, di cui vi proponiamo la nostra recensione. Texas Chainsaw Massacre, questo il titolo originale, è il sequel diretto di The Texas Chainsaw Massacre di Tobe Hooper ed è il nono di una serie di film dalla timeline spesso intricata e dalle fortune alterne, per usare un eufemismo.

Il film di Hooper ha radici profondissime nel contesto storico in cui è nato: l’America del Vietnam e la sua crescente sfiducia nei confronti del governo e della politica. Un’America che Hooper decide di dissezionare dall’interno, con una critica feroce modulata attraverso il ritratto distorto e terrificante di uno dei pilastri fondanti della società americana: la famiglia. Famiglia che il regista e sceneggiatore fa accomodare a una tavola imbandita di piatti a base di carne umana, perfetto simbolismo del cannibalismo capitalistico. Nel 2022 David Blue Garcia, al suo secondo lungometraggio da regista, decide di confrontarsi con uno dei film più importanti nella storia del cinema horror. Cala l’azione nella contemporaneità, quasi 50 anni dopo la furia omicida di Leatherface, con il gruppo dei malcapitati protagonisti appartenenti alla Generazione Z. Se siete curiosi di scoprire se Non aprite quella porta è un colpo a segno o meno, proseguite nella lettura della nostra recensione.

non aprite quella porta recensione

Non aprite quella porta. Legendary Pictures, Bad Hombre, Exurbia Films

Indice:

La trama – Non aprite quella porta recensione

50 anni dopo la follia omicida di Leatherface, i giovani imprenditori rampanti Melody e Dante si recano ad Harlow per metterne all’asta gli immobili e iniziare un processo di gentrificazione che porterà la cittadina texana fantasma a diventare un’area alla moda. Insieme ai due ci sono anche Lila, la sorella di Mel sopravvissuta a una sparatoria nel suo liceo, e la futura moglie di Dante, Ruth. Il gruppetto è intenzionato ad organizzare un evento coi fiocchi, piuttosto incurante del passato della cittadina. A fare da appaltatore per l’operazione c’è il meccanico locale Richter, piuttosto diffidente, scontroso e spesso in disaccordo coi piani di Dante.

Quando Mel e Dante, arrivati ad Harlow, visitano il vecchio orfanotrofio che nel progetto dovrebbe diventare un locale, scoprono che l’anziana occupante, Virginia, ne reclama la proprietà. Ed è qui che iniziano i problemi: Virginia, sentendosi minacciata e in procinto di perdere tutto, ha un attacco cardiaco. Viene portata via dalla squadra dello sceriffo e da un misterioso – e gigantesco – ex ospite dell’orfanotrofio. Ma è quando Virginia muore durante il trasporto che la situazione precipita. Quell’uomo misterioso, molto legato all’anziana signora, è proprio Leatherface. Faccia di Cuoio si prepara per un altro bagno di sangue con un obiettivo ben preciso: eliminare Mel, Dante e tutti gli ospiti dell’asta modaiola arrivati a invadere Harlow a bordo di un pullman. Ma Faccia di Cuoio non ha fatto i conti con Sally Hardesty, unica sopravvissuta alla sua prima mattanza e che da decenni non aspetta altro che ottenere la sua vendetta.

non aprite quella porta trailer

Non aprite quella porta. Legendary Pictures, Bad Hombre, Exurbia Films

Un sequel senz’anima – Non aprite quella porta recensione

Non aprite quella porta si muove entro i binari di una trama semplicissima, portata avanti pedissequamente, senz’anima né pathos attraverso uno script superficiale. Superficialità e impressione di scarso impegno che coinvolgono sia la scrittura degli eventi che quella dei personaggi, tutti particolarmente spenti, stereotipati e mai approfonditi. La GenZ è presentata come un manipolo arrogante di social dipendenti, Richter è il classico texano sempre pronto a sfoderare la pistola alla guida di un pick-up enorme e così via. Durante la visione si è spesso assaliti dal dubbio che Fede Alvarez e Rodo Sayagues (autori del soggetto sceneggiato da Chris Thomas Devlin) abbiano tratteggiato di proposito una serie di characters scritti appositamente per risultare detestabili o per spingere chi guarda a “fare il tifo” per Leatherface. Un Leatherface che, peraltro, invecchia benissimo e sembra non sentire affatto il peso degli anni (non dimentichiamo che ne sono passati quasi 50).

Situazione dopo situazione – verrebbe da dire episodio dopo episodio, visto che le varie parti della trama sembrano slegate – il film si sviluppa in un susseguirsi di trovate “buttate lì” senza un minimo di spessore. Non c’è spazio per entrare in sintonia coi personaggi, non ci sono radici nella riflessione sui mali della società moderna che pur Garcia vorrebbe impostare, non c’è mai tensione. Perfino il ritorno della final girl, Sally Hardesty, è mortificato e condito da trovate al limite del ridicolo. Sally è poco più dell’espediente, insieme allo stesso Leatherface, che fa da anello di congiunzione temporale col film capostipite della saga. Non aprite quella porta avrebbe inoltre potuto giocare di più (e meglio) con l’ambientazione. Le città fantasma hanno sempre un certo fascino, ma qui Harlow è trattata come un set posticcio e mai come un luogo fertile di spunti visivi e narrativi da rendere protagonista.

non aprite quella porta recensione

Non aprite quella porta. Legendary Pictures, Bad Hombre, Exurbia Films

In conclusione

David Blue Garcia sceglie di confrontarsi con una pietra miliare dell’horror e del cinema in generale, fallendo miseramente nell’intento di cui, risultato a parte, va riconosciuto il coraggio. Se dal punto di vista narrativo (e contenutistico), Non aprite quella porta è un clamoroso buco nell’acqua, non va meglio dal punto di vista visivo. Gli effetti speciali, furbamente artigianali, non colpiscono come vorrebbero. Sangue, budella, mutilazioni e spappolamenti vari non mancano e lì per lì riescono a incontrare il gusto dello spettatore amante del gore fine a se stesso. Peccato che si tratti prevalentemente di una sfilata di espedienti raccapriccianti propinati uno dopo l’altro per il puro piacere di scioccare e che, senza un senso e una logica, stancano e annoiano subito il pubblico più smaliziato ed esigente.

L’interazione tra Sally Hardesty e Leatherface rappresenta poi l’ennesima delusione, con la figura di una final girl storica colpevolmente svilita e liquidata con un ritorno in scena francamente imbarazzante. Avviandoci verso la conclusione della nostra recensione di Non aprite quella porta sarà chiaro come di questo sequel diretto del film di Hooper ci sia ben poco da salvare. L’analisi sui vizi che affliggono la nostra società (abuso dei social, ossessione per il rinnovamento senza guardare indietro al passato e così via) è appena accennata e portata avanti a colpi di cliché. Il tributo reso a uno dei villain più iconici della storia dell’horror e alla final girl per eccellenza è al limite dell’offensivo e Texas Chainsaw Massacre è, nel complesso, un film che si poteva evitare. Verbo, quest’ultimo, che vi consigliamo di tenere a mente quando vi ritroverete a scegliere cosa guardare su Netflix.

 

Caricamento...

Non aprite quella porta

Voto - 4

4

Lati positivi

  • La durata

Lati negativi

  • Un sequel senz'anima, fiaccato da una scrittura superficiale e banale, sia per quanto riguarda il susseguirsi degli eventi che nel ritratto dei personaggi
  • Manca la tensione, l'attenzione all'ambientazione, la comprensione del film di Tobe Hooper, della sua portata e dei suoi personaggi iconici

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *