Ritratto di Paolo Sorrentino: alla corte del Genio

Sette film all’attivo tra cui almeno cinque capolavori. In attesa di vedere la sua prossima opera, L(‘)oro , ripercorriamo la carriera di Paolo Sorrentino, uno dei più talentuosi registi contemporanei.

Nessun dubbio in proposito. Che Paolo Sorrentino sia il regista più controverso e originale dell’ultimo decennio italiano dovrà essere accettato anche dai suoi detrattori più accaniti. Immaginifico, visionario, follemente curioso delle vite altrui, il partenopeo di acclarata fama internazionale è un Artista maiuscolo. Per questa ragione è praticamente impossibile contemplare vie di mezzo: infatti, negli ultimi anni si è creata una netta forbice tra coloro che ne odiano l’eccessivo estetismo e l’apparente pessimismo comico di ascendenza leopardiana e coloro che, per contro, ne amano proprio questi aspetti. Qui militiamo nella seconda schiera, convinti che i film di questo immenso regista non siano affatto pellicole trascurabili né tantomeno dimenticabili: se dovessimo trovare una definizione calzante per le sue opere potremmo forse dire che si tratta di tragicomici calvari dei sentimenti, con le opportune differenze tra i singoli lavori. Perché, in effetti, all’interno della sua filmografia (sette film all’attivo) si può facilmente individuare una netta cesura tra un prima e un dopo, ovvero tra un più lineare passato di trama e un sognante presente di immagini. Queste le premesse necessarie per poter ripercorrere la carriera di uno dei più grandi cineasti contemporanei.

Nel 2001, dopo una serie di cortometraggi, Sorrentino realizza L’uomo in più, ovvero il suo primo lungometraggio. L’intreccio gioca sugli sfortunati destini paralleli di due omonimi Antonio Pisapia: il primo (Toni Servillo) cantante di musica leggera accusato di stupro; il secondo (Andrea Renzi) calciatore all’apice del successo vittima di un incidente che blocca improvvisamente la sua carriera. L’esordio è interessante, ben scritto e diretto. E il nostro regista comincia a far parlare di sé, ottenendo un Ciak d’Oro, un Nastro d’Argento e tre candidature ai David, tra cui quella per il miglior regista esordiente (premio assegnato a Marco Ponti per Santa Maradona).

Ma è nel 2004 che avviene il salto di qualità. Infatti, con Le conseguenze dell’amore Sorrentino approda direttamente sulla Croisette del Festival di Cannes e comincia la sua inarrestabile cavalcata verso il successo, diventando noto al grande pubblico.  La storia è quella del misterioso e mesto Titta di Girolamo (Toni Servillo), da anni inquilino di uno squallido albergo svizzero, nel quale, sotto ricatto di temibili camorristi, garantisce gli scambi di denaro sporco da questi gestiti. Tuttavia, l’incontro con il fratello scapestrato (Adriano Giannini) e un principio di innamoramento per la nuova barista dell’hotel (Olivia Magnani) daranno nuovo colore alla sua grigia esistenza. 5 David di Donatello, 4 Nastri d’Argento e 3 Globi d’Oro per il riscatto di un uomo inchiodato dalla paura, che, pur a caro prezzo, apprende l’arte dell’audacia: all’impossibile lieto fine materiale si sostituisce il cambiamento interiore e anche il finale più tragico può invece essere l’orgogliosa affermazione di un coraggio da troppi anni dimenticato. Indimenticabile la coppia composta da Angela Goodwin e Raffaele Pisu (Nastro al miglior attore non protagonista), commoventi nella loro essenzialità di maschere tristi, vittime di scelte sbagliate che li hanno condotti ad un’irrimediabile rovina. Per chi non lo conoscesse, si riporta qui la scena a nostro giudizio più significativa di tutte: regia lenta e sicura; lucida fotografia di Luca Bigazzi; malinconica musica composta da Pasquale Catalano; attori in stato di grazia; sceneggiatura impeccabile: e da qui ne deriva pura emozione.

https://www.youtube.com/watch?v=Omar0xuKotc

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