Stay Close: recensione della serie tratta dal romanzo di Harlan Coben

Su Netflix la nuova miniserie di genere thriller con Cush Jumbo alle prese con un matrimonio imminente e un passato tenuto nascosto per anni

Cush Jumbo è la protagonista dell’ultima miniserie del 2021 targata Netflix, Stay Close, di cui vi proponiamo la nostra recensione. Il prodotto, genere giallo, diviso in 8 episodi da circa 50 minuti l’uno, è basato sull’omonimo romanzo di Harlan Coben. Una caratteristica dello scrittore comune alle sue opere risiede in una tematica: una donna è al centro della storia per un evento passato che le sconvolge il presente. La Jumbo è nota, soprattutto, per il suo ruolo in The Good Wife, la serie prodotta dalla CBS Television Studios fra il 2009 e il 2016. In Stay Close, disponibile dal 31 dicembre 2021 su Netflix, anche gli altri attori sono, per la gran parte, delle star televisive. Alla regia ci sono Daniel O’Hara e Hannah Quinn. Fra i produttori esecutivi, Harlan Coben e il vincitore di un BAFTA Danny Brocklehurst.

Dopo 17 anni, Megan e il fidanzato, finalmente, fissano la data del loro matrimonio: in tutti quegli anni, hanno convissuto e favuto tre figli, di cui la più grande è una ragazza di nome Kayleigh. Megan non voleva convolare a nozze; quando cambia idea decide, prima di arrivare al giorno stabilito, di fare un salto nel suo passato, solo per salutarlo definitivamente. Tuttavia, qualcuno la nota e, nel frattempo, un giovane uomo scompare nel nulla. Non solo: già nella prima puntata è chiaro che una persona a lei molto vicina l’ha seguita e, in qualche modo, si è imbattuta proprio nel ragazzo scomparso. Ci sono, dunque, una Cassie e una Megan e due vite ben distinte, ma la persona è la medesima; se il futuro marito conosce la seconda, un altro uomo, invece, sa bene chi è la prima.

Indice:

Chiudere con il passato può essere molto pericoloso – Stay Close, la recensione

Mantenere un segreto per 17 anni è cosa fatta per Megan, pronta a indossare l’abito bianco; il rischio, tuttavia, che un passo falso la esponga alla necessità di svelare ciò che cela da tempo resta alto sempre. A farla cascare nella tentazione di tornare nel luogo del suo ieri, al Vipers, è forse un affetto per quella vita, pur se tanto pericolosa. Lei, la sua immagine scattata, gli occhi di chi vive al (e del) Vipers e la porticina sul passato della donna si socchiude. La domanda è, sin dall’inizio, se la protagonista sia la vittima e se sia tale in via diretta o indiretta. O, piuttosto, se sia in qualche modo l’artefice, anche solo per la condotta di quando era una ragazza, più o meno, senza famiglia.

Un altro aspetto inquietante della vicenda riguarda la scomparsa di un uomo, Stewart Green, facente parte della vita di Cassie e sparito da diciassette anni. Morto o solo fuggito? Il sospetto che sia ancora vivo viene a Megan, o Cassie, quando l’amica Lorraine Griggs, a capo del locale Vipers, la contatta dicendole che lui esiste. E, forse, la sta cercando. L’incontro fra le due dopo tanti anni è caratterizzato da un sincero affetto. Un’altra rivelazione riguarda l’ex di Megan, abbandonato senza una parola, tale Ray Levine. Veramente innamorato di lei ma, purtroppo, spesso violento. A questo punto, Megan inizia a dubitare che, nei misteri che la circondano, sia coinvolto proprio Ray; forse è geloso del suo imminente matrimonio con Dave?

Analisi e recensione della miniserie Stay Close

La serie è abbastanza breve, ma avrebbe potuto svilupparsi nella metà degli episodi. Inoltre, molte scene tinte di giallo, come il tipo di prodotto, sono prevedibili; la musica che dovrebbe aggiungere suspense alle vicende narrate è ripetitiva, con l’effetto di non creare alcuna tensione. Il cast – benché singolarmente molti interpreti siano artefici di buone prove – è mal diretto o, almeno, non supportato e fatto emergere. L’elemento meno riuscito riguarda colui che viene cercato dalla prima all’ultima puntata, Carlton: non si genera nel pubblico un interesse per lui e, dunque, la curiosità su cosa gli sia accaduto resta contenuta; il motivo, forse, sta nel fatto che il personaggio non venga abbastanza approfondito o non sia stratificato. Potrebbe trattarsi di una scelta precisa; fatto sta che, se tutta la storia ruota intorno a cosa sarà mai successo al ragazzo, questa poca empatia è un punto debole da sottolineare.

Stay Close è discreta, forse solo troppo televisiva. Talvolta, l’espressività degli interpreti tende a “indicare” al pubblico gli stati d’animo dei loro personaggi. Gli attori principali, bravi e impegnati, sono due britannici e un nordirlandese. Fra i lavori di Cush Jumbo (Megan) Harley StreetTorchwood, due serie del 2008 e 2009 cui ne sono poi seguite altre, come The Good Fight. Quanto a Richard Crispin Armitage (Ray), 50 anni, i suoi ruoli nella miniserie Nord e Sud, nella serie Robin Hood e nella trilogia cinematografica de Lo Hobbit lo hanno fatto conoscere al pubblico. James Nesbitt (Michael), classe 1965, dopo aver lasciato la londinese Royal Central School of Speech and Drama, ottenne recensioni positive alle prime apparizioni su palco e schermo e, con la serie tv Cold Feet e il film Svegliati Ned, la notorietà.

La recensione di Stay Close

Stay Close. Red Production Company

Conclusioni: vale la pena vederlo? – la recensione di Stay Close

Per quanto non esente da difetti, Stay Close potrebbe incontrare il gusto degli appassionati di crime. Non è particolarmente violento e questo è un pregio. Quasi mai ci sono situazioni estreme o violenza troppo esplicita. Non possiamo che apprezzare il tentativo di creare tensione e far entrare nella giusta atmosfera senza ricorrere alle soluzioni più semplici. La serie tv, tuttavia, è relativamente inefficace. Stay Close riesce, comunque, a conquistarsi il desiderio di andare avanti nel seguire la storia e nell’arrivare fino all’ultimo episodio. Lo schema per puntata è lo stesso e un po’ stile soap opera: soluzione della puntata antecedente, rivelazione, musica ad hoc e un colpo di scena. Stay Close pone una domanda: quanto conta chi sei stato se diverge da chi sei ora?

Avviandoci verso la conclusione della nostra recensione di Stay Close, ne va sottolineata l’intelligenza, perché suggerisce degli spunti di riflessione interessanti, come quello appena espresso. Detto in altri termini, il quesito potrebbe essere lo stesso di Closer. Infatti, con il titolo, che letteralmente significa più vicino, e la relativa opera, l’autore Patrick Marber si interrogava sul senso della verità ad ogni costo. Avvicina o, piuttosto, allontana dire sempre tutta la verità? E, talvolta, non può essere un modo per non prendersi la totale responsabilità delle proprie azioni? Sicuramente, il tema è interessante e, in Stay Close, assume diverse connotazioni.

Stay Close

Voto - 6.5

6.5

Lati positivi

  • La serie è scorrevole e si ha il desiderio di andare avanti con gli episodi
  • Non ci sono scene violente troppo violente o esplicite, spesso inutili
  • Gli attori principali sono impegnati e in parte

Lati negativi

  • Gli episodi potevano essere dimezzati, quattro sarebbero bastati
  • I singoli colpi di scena sono a volte prevedibili e spesso poco originali
  • Non coinvolge abbastanza, forse soprattutto perché non crea interesse nel personaggio che per 8 episodi viene cercato, non solo dalla polizia

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