TFF41 – The Rapture, la recensione del film di Iris Kaltenbäck

Un'opera prima potente, un viaggio dentro la solitudine, l'alienazione e la maternità. 41° Torino Film Festival, Concorso Lungometraggi

Presentato alla Semaine de la Critique a Cannes 2023, The Rapture, di cui vi proponiamo la recensione in questo articolo, è tra i film in Concorso Lungometraggi al 41° Torino Film Festival. The Rapture (qui il trailer), in originale Le Ravissement, segna l’esordio dietro la macchina da presa di un lungometraggio per la regista parigina Iris Kaltenbäk. Al centro della storia c’è Lydia, una giovane ostetrica estremamente dedita al suo lavoro che, dopo essere stata lasciata di punto in bianco dal suo compagno, fatica a trovare equilibrio e serenità. Si sente sola e sembra trovare pace solo vivendo di riflesso i momenti felici della sua migliore amica Salomé, al punto che quando questa rimane incinta, Lydia sviluppa un attaccamento sempre maggiore per la piccola.

Questa, a grandi linee, la trama di The Rapture, che analizzeremo in maniera più compiuta nel corso della nostra recensione. Protagonista nei panni di Lydia c’è Hafsia Herzi, accanto a lei Alexi Manenti, Nina Meurisse, Younes Boucif, Radmila Karabatic, Dusko Badnjar, Ana Blagojevic e Grégoire Didelot.

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The Rapture ©MactProductions-MarianneProductions-JPG Films-BNP Paribas Pictures

Indice:

La trama – The Rapture recensione

Lydia (Hafsia Herzi) lavora come ostetrica in un ospedale di Parigi, svolgendo la sua professione con la massima passione e dedizione possibili. Convive da tre anni con il fidanzato e quando questi la lascia dopo aver confessato di averla tradita, tutte le sue certezze vanno in pezzi. Cercando faticosamente un modo per andare avanti, Lydia si butta nel lavoro, con turni estenuanti cui seguono intere nottate senza far ritorno a casa. Ed è durante una di queste nottate che Lydia fa la conoscenza di Milos (Alexis Manenti), di origini serbe, che lavora come conducente di autobus. I due passano una notte insieme ma Milos non vuole una relazione seria e Lydia che invece vorrebbe portare avanti la frequentazione si ritrova, di nuovo, sola.

L’unica fonte di luce nella sua vita è Salomé (Nina Meurisse), la sua migliore amica, che sta per avere una bambina insieme al compagno Jonathan. Quando Salomé dà alla luce la piccola Esmèe, è proprio Lydia a condurla attraverso un parto difficile. Quando rivede Milos, Lydia spaccia per sua la bambina e anzi gli racconta che il padre è proprio lui. Una bugia cui ne seguono molte altre, che danno vita a una fitta rete di menzogne da cui Lydia non riesce più ad uscire. Fino al punto di non ritorno.

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The Rapture ©MactProductions-MarianneProductions-JPG Films-BNP Paribas Pictures

Solitudine, maternità reale e maternità desiderata – The Rapture recensione

Al centro di The Rapture vi sono due fulcri tematici principali, che fanno da filo conduttore e strumento narrativo. Da un lato abbiamo la maternità, declinata nella sua forma reale attraverso la figura di Salomé e in quella fittizia e desiderata incarnata da Lydia. Dall’altro c’è il tema della solitudine, scandagliata nel suo essere luogo buio della psiche umana e abisso alienante potenzialmente senza ritorno. Due fulcri tematici interconnessi che confluiscono nella figura della protagonista che diventa simbolo di entrambe le istanze. Dopo l’abbandono da parte del compagno Lydia si isola da tutto e tutti, dagli affetti e da un tessuto sociale che, in fondo, forse nemmeno esiste in quella città anonima e gelida che fa da sfondo alle vicende.

Quando pensa di aver trovato una possibilità di stabilire un rapporto intimo e profondo con Milos e questi la respinge, le sue uniche fonti di salvezza sono l’amica Salomé prima e la piccola Esmèe poi. Lydia si appropria della maternità di Salomé – dopo tutto è lei che l’ha fatta partorire, ripete spesso – e si costruisce una realtà fasulla tenuta in piedi da una rete di bugie. Sempre più grandi, sempre più vicine al punto di non ritorno. Un punto di non ritorno che spaventa e insieme tenta la nostra protagonista. Al punto da farci sorgere il dubbio che forse Lydia indietro non ci voglia tornare affatto e che anzi vorrebbe spingersi oltre in quella pericolosa farsa che ha i contorni della vita che desidera.

Una regia asciutta e potente ci porta dentro la progressiva alienazione della protagonista – The Rapture recensione

La regia di Iris Kaltenbäk, asciutta ma estremamente efficace nel suo essere un vero e proprio studio sulla solitudine umana, ci rende partecipi dall’abisso in cui gradualmente sprofonda Lydia. Ed è il suo il punto di vista che assumiamo per tutto il film, nonostante sia il voice over di Milos a fare da filo d’Arianna nella vicenda. Quello di Kaltenbäk è uno sguardo che non giudica e men che meno condanna le azioni di Lydia. Piuttosto spinge verso l’empatia, verso la comprensione delle ragioni che la portano a commettere atti via via sempre più gravi. Una scelta peculiare, magari anche discutibile, ma portata avanti con coerenza dall’inizio alla fine. Hafsia Herzi è artefice di una splendida prova nel portare in scena i tormenti e l’evoluzione della sua Lydia.

La graduale e inesorabile perdita di contatto con la realtà di Lydia si traduce in una gamma di espressioni sul volto di Herzi che ne raccontano il percorso. Lo sguardo si fa sempre più cupo, i movimenti sempre più nervosi e mentre Lydia cambia fa lo stesso la splendida fotografia curata da Marine Atlant, che vira da un’iniziale luminosità a toni sempre più freddi. La macchina da presa indugia spesso sui primi piani di Hafsia Herzi, per farci cogliere da vicino quel processo di alienazione restituito anche attraverso il costante sottofondo di una città che non ci viene mai mostrata per davvero, popolata da estranei i cui volti si mescolano e confondono. The Rapture è un film che lascia con molti interrogativi con cui fare i conti a fine visione. Lydia è una donna affetta da disturbi psichici o è solo una spietata manipolatrice? È vittima di se stessa o solo fredda carnefice? Come ci saremmo comportati noi in una situazione simile?

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The Rapture ©MactProductions-MarianneProductions-JPG Films-BNP Paribas Pictures

The Rapture

Voto - 7

7

Lati positivi

  • La regia di Iris Kaltenbäk, asciutta ma estremamente efficace nel suo essere un vero e proprio studio sulla solitudine umana
  • Hafsia Herzi è artefice di una splendida prova nel portare in scena i tormenti e l'evoluzione della sua Lydia

Lati negativi

  • La scelta di assumere il solo punto di vista di Lydia potrebbe essere considerata un po' troppo estrema e controversa

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